LA TEBAIDE P.
PAPINIO STAZIO
[NELLA
TRADUZIONE] DE
SELVAGGIO...
Publius Papinius Statius
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PARNASO
■
DE' POETI CLASSICI
©• pani xazzoxb
*
E&REA , Greca , Latina , Inciesb , SpaCKU©
la > Portoghese , Francese» ec.
TRASPORTATI IN LINGUA ITALIANA
Cronologicamtnte , « varietà di metro
dai migliori nostri Fotti.
TOMO TRENTESIMO OTTAVO..
Da ogni timo, strani» qua e là raccolsi
Ospita grata Italia mìa Torti*
Lor dndc JtaU mesti, i in sin li accolsi .
A. R.
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P. PAPINIO STAZIO
-
LA TEBAIDE
\ .
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SELVAGGIO PORPORA.
TOMO SECONO©-..
X
VENEZIA MDCCCII.
PRESSO ANTONIO ZATTA QU: GIACOMO
Ctn Licenx.it de' Superiori , t trivÌU£Ìt .
Vn fi dUsìmn che offusen il lettor t,
W» to'di jfmfip, t di c»lc*t» «ili,
fluisté f* QUXAO dì Mann minor $ .
A. R.
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A' SUOI AMICI
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ANDREA RUfifii.
T^Off aver letti i primi Ubri di, Stazio > rd
ammirai* la versione del Porpora , chi negh$- :
rà , cortesi amici, che quest'opera non sia de*
gna della biblioteca a" cipolline ? Gli uomini
antichi che hanno avuto ragione fermandosi
sempre sul primo Bello -, ma noi non abbiam tor-
to,, se vogliamo far pausa talvolta sul Bello
secondo, Quello, ne attrae II 'ammirazione , ma
ne arretra -, questo ne accosta un po' di ptà ,
credendo di poterlo imitare . Quanti in fatti
sarebbero divenuti poeti grandi , se non si fos-
sero fitti in mente di non voler essere se non
Omerici e Virgiliano ? duello finalmente ne de*
sta una dispettosa maraviglia -, questo ne per*
mette almeno una speranza di somigliarlo . Era
quasi necessario il secol d* argento, perchè le
gigantesche stature non abbattessero gli animi
di chi si affacciava al Parnaso. Si sa, che
ivi, come negli anfiteatri, vi son sedili secon*
do i gradi delle dignità . lo vi consiglsero 4
leggere Stazio anche per più gustare Virgilio .
Li troverete ambedue lodevoli, benchì non sem*
fre l'uno sia da bilanciarsi coli' altro.
•
Il traduttore di Stazio in un e erto modo U
nobilitò. Fochi lo conoscer ebbono ai giorni nostri,
se sì bella mano non lo avesse alV italiana
vestito . Tanto è vero che chi traduce ha in
suo potere il destino del suo prototipo. J poeti
originali dovrebbero saper grado a chi tanto
fatico in lor favore. Il porpora amo Stazio ;
ma Stazio ora dovrebbe amare il Porpora . Per
lui si assapora dai letterati , e si merita il
giudizio ancor delle colte donne . Auguriamo»
gli, cortesi amici , una madama Vacier , che
•#7 tomenti alV Omerica , e Stazio virgileggia. .
Mi vi raccomando .
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NOTIZIE
STORIO O-C RITICHE
♦
DI SELVAGGIO PORPORA
» ■ , ■ *
OSSIA
CORNELIO CARD. BENTIVOGLIO.
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« • i •
N Acque in Ferrara nei 1S6 8. La sua fai
miglia è tra le prime d'Italia. I buo-
ni studj in parria occuparono la sua gioven-
tù , e colla laurea dottorale si portò a Ro-
ma . Nunzio apostolico a Parigi maneggiò gli
affari della' sua corte con destrezza e pruden-
za Le circostanze dei tempi rendettero la sua
legazione ammirabile. Fu creato cardinale nel
\7\r* e mori in Roma nei 1731. Verseg-
giò sempre con plauso . Fu amicissimo dei
Frugoni ^a cui leggeva con piacere la tra-
duzione della Tebaide . Di questa cosi scrive
Il Tiraboschi : V incomparabile traduzione ,
che delia Tebaide ci ha data il card. Benti-
voglio sotto il nome di Selvaggio Porpora,
ci ha renduto questo poema piii A dilettevole
. *
LIBRO
stori
Ti^Entrc in tal guisa a vani giuochi intenti
1 . Tar ^ano i Greci a cominciarla guerra }
Mirolli Giove con turbato ciglio,
E crollò il capo : ai di cui moto scosse
Treman le sfere, e si querela Atlante,
Che sovra '1 dorso suo s'aggravi il pondo
Mercurio chiama : e fendi , ( dice ) e voJa I
Per mezzo 1* Aquilone a Tracj lidi ,
E de l'Austro nevoso al freddo polo,
Là dove l'Orsa, a cui vietato, e tolto :
È T Oceano ^ la sua stella pasce
De le invernali piogge, e de' rniei nembi:
Ivi o deposta l'asta, e il fiero brando,,
Marte riposa, (ancor eh' ei l'ozio abborra )
O qual io penso, fra le trombe e l'armi
InsaziabiI gode , e lussureggia
Del popolo diletto in mezzo al sangue;
Tu pronto il trova, e l'ammonisci, e l'ira
Del genitor gli fa palese , e nulla
A l ui tacer de* muri sovrani imperi .
Io g l V commisi pur, che a guerre, e a risse
Tutte accendere U falangi Argive , .
E guanto 1? Istmo patte, e quanao abbraccia
V
T$b. di Staz. Tom. II. A
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t Tebaide di Stazio
tyalea latrando co* suoi rauchi flutti;
Eà or usciti da la Patria appena 1
Si stanno i Greci a'sacrificj intorno:
Sembra . che riedatt vincitori in Argo ,
In tanti applausi rati perduti t e offesi >
L'aspra ingiuri* crude! posta in obblio,
Fan lieti giuochi d'un fanciulla a V ombra.
Tal dumjuev Marie , e il tuo furor ? i Dischi
' Strido» f** r ana, e con gli Ebaij Cesti
Si fan le pugne ; ma se in lui s' accenda
L'innata rabbia , ed il Crude! diletto
Dì stragi , e morti, onde si pasce* al piano
Fari cader in ceneri „ e faville
Le innocenti cittadi , e furibondo - •
Ferro e fuoco portando , intere, intere
Srruggerà le nazioni * allor che e noi
Più fanno voti, e desolato, c vano
Renderà; il mondo . Ed or che '1 nostro' sdegno
Lo chiama a Tarmi, è mansueto, e lento •
Che s'egli non s'affretta, e se non spinge
Tosto le Greche schiere a' Tirj muri 5
(Non minaccio rigori) egli pur sia
Placido Nume > e'1 genio suo cwifcfe
Ne T ozio* illanguidisca : it branda «ciflga*
E i cavalli' mi renda , e ttc le guerre
Pili non abbia Ragion . Ctm lieto «sfc*co
Guarderà il «Ondo , e spanderò Ja jwo*
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*r J£j*£: ATT.
L I D R O VH. i
Sopra la terra > e la Tebana impresa
Condurrà a fine la Triconia Dea .
Tacque, e Cillenio a' Tracj campi scese ,
Ma ne l'entrar de l'Iperboree porre,
Procelle eterne, e di quel polo algente
J folti nembi , e d* Aquilone i fiati
Lo rivolsero in giro : il manto suona
Da graadine percosso, e'1 capo appena
Gli difende V Arcadico cimiero .
Mira, e non senza orror l'erme foreste,
Che son del fiero Nume albergo , c tempio,
U' da mille furor,' intorno cinta
Incontro a I' Emo la feroce , reggia
Ai ciel s' innalza ; son di ferro armati
Gli angoli de le mura, e son 4' acciajo
Le porte , e le colonne , che sostengono
Del tetto di metallo il graye incarco :
La grafi lampa Febea, che vi riflette,
Offesa resca, e spaventata fugge
La luce, e lo splendor pallido, e tristo »
Che n'esce, ita ciel fa impallidii le stelle
Stanza degna del luogo : in su le soglie
Scherza l'Impeto insano, e'J reo Delitto,
E 1 Ite rubiconde , ed il Timore
Pallido, esangue j e con occulte spade
Vi son le Insidie , e la Discordia pazza ,
Che tiene sr*au 1' una , e V altr* mano .
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I
4 Tebaidb i>i Stazio
Suona la reggia di minacce, e stassi
Nel mezzo là Virtù mesta, e dolente,
£d il Furor allegro ; e armata siede
Fra lor la morte eoa sanguigno volto .
Nuli* litro sangue su gli altari fuma,
Che sangue in guerra sparso, e non s'adoara
Altro fuoco, che quel che ▼ien rapito
De le cittadi in cenere consunte .
Pendon spoglie e trofei del mondo vinto
Tutti a l* intorno, e ne' sublimi palchi
Stanno i cattivi 5 orribilmente scuke
Stridon le ferree porre , e -vi si scorgono
Navi guerriere , e vuoti carri , e i volti
Sotto le ruote deformati, e infranti,
E poco menj che i gemiti, e i lamenti
Cotanto al vivo le ferite , e gli atti
Vi sono espressi . In ogni luogo vedi ;
Marte, ma non mai placido in sembianza *
Tal lo fece Valcan, che non ancora
L'adultero scoperto a* rai del sole
Incatenato avea nel letto impuro.
Non avea appena a ricercar dei Nume
Dato principio il Messaggiero alato;
Ed ecco il suof tremare , e muggir l'£bro
Frangendo i flutti, e'1 bellicoso armento*
Che le valli pascea , di nuove spume
Tutte •maltar le tremolanti erbette,
*
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L i fi il o \lt. j
( Segno che il Nume giunge ) e spalancarsi
te porte <T infrangibile adamante .
Egli sen vien sul ferreo carro adorno
D'Ircano sangue, che grondando a* campi
Mura 1' asperto > ed ha le spoglie a tergo ,
E de* cattivi le piangènti tutme .
S* aprono 1* alte nevi , e le boscaglie
Dan luogo, Ovunque passa, e con sanguigna
4 Mano Bellona i destrier' rògge , e'1 carro,
E con Jung' asra li flagella, e punge
Inorridissi a si terribil vista
Di Cillenio la prole , t chincVl volto.-
Lo stesso Padre , se in si fier sembiante
. Scorto T avesse , riverenza , e tema
N* avria sentito , e le minacce t V ire
Avria frenate , e '1 suo crudel comando 1 .
> Marte parlò primiero: or <jual mi porci
Di Giove impero, o di lassù novella,
Fratcl ? Perch* io so ben , che tu non scendi
Di tuo Voler in questo polo algente ,
E fra gli orrori de Je nostre nevi:
A te i Menali ombrosi , umidi boschi
Giovano , t del Liceo i* aura più mite.
Quegli di Giove il gran Comando espone.
Né Makte indugia ; ma i destriér* rivòlge
nsanti , è molli, ed egli stesso ha io ir»
Le dimore dcT Greci . Il vide Giove
A *
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- % T#«AIDE DI STAZIO
Dal- .Ito «,gli<„ e mitigò lo sdegno,., ,
, 1 lasci» , 'woeello» , e incerta
^UcX.Vl-onda.cKesi^n,
«/-onte aeUa ancora:
La tempesta mancante agu»
ssa: ■ tsx — » !L.
D V • e al busto «pento intorno ,
E V fuoer.lt, e ti W J .
,„„„„ ; Gtect: e g»a ,
Statano x m . . .. cenet fte ddo
* >
•tsaT* A^asto
Da r* To,« « molti lustri :
Tue feste eia» ^
che Jft f » . ebutna
Pelope V 0 ^*'- Elei, ne'l fier Pitone
Batterà 1 «mpj J* J • a t
Corerà i P») giuochi , e no p .
. < < ai
OigitTzed byt^oogle
Libro VII. 7
Ma la pingue Beozia > e Tebe vinta.
Cosi per tutti Adrasto, e ne l'interno
Approvava ciascuno il regio voto .
Ma già scende* co* rapidi destrieri
Marte a* lidi Efirci > U dove estolle
Acrocorinto il capo , e tutti adombta
I due mari divisi, e di sua schiera
Sceglie il Terrore , e Jo spedisce al campo
Non v* è '1 più destro a insinuar ne' petti
La sollecita tema, o chi più '1 falso
Col vero adombri : innumerabil' mani
Ha '1 riero mostro, innumerabil' voci
E *iual più gli convien , prende sembianza
A lui tutto si crede , e pon sossopra >
E io furia ie cittadi, e s'egli afferma
II terreno ondeggiar , splender due soli ,
Le stelle ruinare , andar le selve ;
Il fantastico vulgo , e gì* infelici
Giureran di vederlo . Ed or che '1 Nume
A tant* uopo lo sceglie, egli raddoppia
L'arte, e l'ingegno. Da T Erculea valle
Alza turbo di polve , e sbigottiti
Io mirano da 1' alto i duci Argivi .
Indi accresce il terror , e un rumor vano
Imita, e finge di cavalline d'anni,
E d' utU orrendi l'aria intorno assorda.
Rcstan sotpresi i Greci , e mormorando
^^^^ ^a^BiP^
% Tebaidb di Stazio
Fremo n le tarme : quai fragor ? Qual suono?
Noi pur 1' udiamo . Quale immensa nube
Il ciclo inYoIve ? Sarian mai le schiere
De Toste Ismena ? Ah certo sono. 'E tanto
Tebe presume? E non paventa? Or stiamo,
Stiamo a perdere il tempo intorno a* roghi
Tai sensi ispira a le, confuse menti
11 fallace Timore, ed or l'aspetto
jy un guerriero Pisan , or d* un Eleo ,
Ot d' un Lacon ci prende , e giura , e afferma,
Che '1 nemico è vicino , e un yan terrore
Sparge per tutto il campo , e lo perturba »
Ma poi che a l'alme inferocire il Nume,
Il Nume istesso sopraggiunse involto
In un turbin di polve, t ebe tre volte
V asta- crollò tre volte al corso spìnse
I feroci cavalli» ed altrettante
Percosso al petto fc* suonar lo scudo ;
A V armi a V armi furiosi e insani >
Gridan per tutto t ognun Tarmi rapisce,
Chi le sue , chi le ignote , e chi *1 cimiero
Cambia , chi V asta , e chi i non suoi destrieri
Al carro accoppia ; in ogni petto bolle
Desio di stragi» e morti, e nulla frena
Più il lor furor i precipitosi vanno,
E coropensan rf indugj . In cotti guài ' -
Ai cominciar del tento il Udo suona
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I
Libro Vii. 9
Di strepito, e tumulto, allot che '1 porto t
Lascia la nave, e di le vele al vento»
£ accomoda le sarte . I falsi flutti \
Già flagellano i remi , e di già a galla
Vengon l'ancore curve, e già 1* a*nata
Spiaggia d' alto si mira , e quei , che a tergqp
Cari pegni restai* consorti , e figli .
Vide Bacco partir le squadre Argivc
Rapidamente accelerando il corso >
£ lagrimando a la materna Tebe
Gli occhj rivolse , e al suo natale albergo ?
£ ricordossi il fulmine paterno.
Turbato abbassa il rubicondo viso,
£d il crine scompon, mentre ne strappa
II serto, e mentre da le corna l'uve,
£ '1 tirso da le man* cader si lascia.
Indi 'i manto discinto , e lacrimoso
Sen corre a Giove , che in rimota parte
Stava del cielo, in tal sembiante, e mesto i
Che tale uncjuanco non fu pria veduto :
(£ ben sa'l Padre , a che ne venga :) allora
Supplichevole a lui così favella :
Dunque , o buon genitor de' sommi Dei r
La tua Tebe distruggi? A corant'ira
Giunge la tua consorte? £ non ci muove
La Tetta a te si cara , e V ingannata
Casa, e de* miei il cenere sepolto 1
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*
*C T£B AIDE DI STAZIO
Siasi «he gii tu involontario fuoco
Da le nubi scagliasti; ed or di nuovo
Perchè la terra accendi ? Il giuramenti
Gii don ti sforza de tf inferna Cora ,
Ne de l'amata le preghiere, e l'arti.
1 quando avian mai £oe 1 tuoi rigori?
Dunque a aoi soji U fuimiftf : ritedw i
Irato Padfe? ma non gii si ficco
Scendi di Danae a* retti, e a' boschi amic^
D'Arcadia, e ai letto de l'amata JLeda .
Dunque fra tanti figli abbietto , e vile
Io sol ti sembro? £ pur gradito peso
Ti fui gii un tempii f pur a me rendesti
La vita , e 1* alvo , ed i materni mesi.
Arroge a ciò , ehe i miei Teb*n' non sanno.
AltV armi maneggiar , che V armt nostre :
Cinger di frondi il crine, cai suon <le" bossi
Invasati danzar, e de le spose:- : .
Temere i tirsi , e de le fiere madri .
Come potran le trombe» c.M suon de l'armi
Timidi sostener ? Ecco rimica . ì
Con qual furor vien Matte t e forse adduce
I tuoi Curati in guerra? O ci propone
Pugne innocenti di quadrati scudi ?
Ahi che contro ne spingi Argo odiosa .
Porse raancan nemici I Ó duro impero, - l
Più de' perigli ancori a la matrigna „
;
Libro VII. il
Parcm le nostre spoglie , ed a Micene
Che se pur tale e 'I tuo volere , io cedo .
Ma dove poi de la rnia gente estinta
Porterò 'J culto , e ( se vi son ) gli avanzi
De 1' infelice mal feconda madre ?
forse fra' Tracj ? O di Licurgo a boschi ?
O a gì' Indi soggiogati andrò cattivo ?
Se profugo mi vuoi ; dammi una sede .
Potéo fermar (ne già l'invidio) Apollo
Delo materno ne l'Egeo profondo;
Potè Minerva da V amata rocca
Respinger T acque ; e con quest' occhj io vidi
Epafo dominar ne' regni Eoi >
E Mercurio , e Minosse in dolce p3ce
Godon Ciliene , e Creta. I nostri altari
Hai solo in odio . Ma se noi meo gtati
Ti siam Tebe rimira: ivi godesti
L' Erculee notti » e dì Nittéo la figlia
Ivi t' accese di soave fiamma :
Quivi è il seme di Tiro , e del mio fuoco
Il toro più felice . Almen ti prenda
Del sangue d' Agenor qualche pietade .
Sorrise Giove a quel parlar, e '1 Figlio,
Che gii prestrato a lui tendea le mani >
Sollevò al bacio , c placido rispose :
Non è, Giunon, come tu pensi, o. figlio,
Che dia impulso al furor; negar saprei
Il *Tebaide ni Stazio
te atroci imprese a la consorte ancora i
Qiialor le richiedesse: il giro ecerno
Mi trasporca de* Faci * e antiche sono
Le cause de la guerra » In ciel qua! mai
Trovi di me più mansueto Nume:
Chi ha più in orror V umano sangue ? [il vedé
Pur (jaesro polo, e questa immobii reggia,
£he sarà meco eterna . O quante i o quante
Volte ho deposto il fulmine gii pronto l
Come di rado su la cerra il vibro 1
Né già di mio voler io diedi in preda
A Diana , ed a Marte a torco oftisi ,
E gravemente , i Lapiti feroci ,
£ i Calidonj antichi. È mia facica
Tanci corpi formar, mntar rane' alme
Ma di Labdaco, e Peldpe i nipoti
Troppo ho tardato a svellere dal mondo .
Quanto sien pronci ad oleraggiare i Numi
I tuoi Tebani, (restia or da parte
Ir Dorici delitti) è a te bea ooco ,
Che anche orTeser te stesso ; e par si taccia,
Giacché placossi in noi l'antico sdegno.
Penteo però le scelcrate mani
Non ave* tirite del paterno sangue*,
Né compressa la madre, e a se i fratelli
Procreilo nel talamo nefando ft
E pur ita gli Orgj tuoi lacero cadde *
I
Libro VII. 1 3
Ove i tuoi pianti allor? Ove le preci ?
Né gii destino al mio privato sdegno
L' empia stirpe d' Edippo : a me la chiede
La terra, il cielo, la pietà, la fede
O/Tesa, la Natura, e '1 fier costume
De l'empie Furie. Tu per or la tema
Deponi , o figlio : il tatal giórno ancora
Non è giunto per Tebe : a più funesta
Età la serbo, e a vindice maggiore:
Or tutto di Giunon sarà V affanno .
Bacco a tal dire il manto , e '1 cor riprese .
Cosi talora in bel giardin le rose ,
Se '1 fosco sol le adugge , e '1 torbid'Austro,
Pallide stanno; ma se i dolci flati
Spira Favonio , e rasserena il cielo ,
Rtrornan belle, e i lor novelli eermi
Ridon d'intorno, e si fan verdi i rami.
Ma del Tiranno a V atterrite orecchie
Gli esploratori aveano esposto incanto ,
Che vien l'oste nemica a lunghe schiere
E eh* è già su' confin' : che ovunque passa
Treman le genti , ed han pietà di Tebe :
Narran le nazioni, i duci, e l'armi.
Il te cela il timore, e più ricerca,
Ed ha in odio chi '1 narra : alfin risolve
D' aninut le sue squadre , e farne mostra^
Tutta 1' Aonia avea commossa a 1' armi .
1
14 Tjeb aide pi Stazio
ilarre , e 1* Eubea , e Focidc vicina.
Tal di Giove è *1 piacer : scorre per tutto
Il segno militar j e in un momento
Armate escon le squadre , e vanno al campo
A la citd soggetto^ a cui serbate
Son le battaglie, e i gran' furori aspetta.
Non hanno ancora gi* inimici intorno
E pur timida turba, il sessa imbelle
Su' muri corre i « a' pargoletti figli
Mosrratì -i^ppprittcenri , e sotto gli elmi
Additala lofo i genitori ascosi.
Sbavasi sola sovra eccelsa torre ,
IP -pero vel coperto il molle viso,
Antigone, non anco a l'altrui sguardo
Concessa, c seco solo iva Forcante,
Già scudiero di tajo il venerando
Vecchio onora' la vergine reale ;
È prima a lui favella: abbiara noi speme,
Padre, che queste insegne abbian possanza,
Per resistere a* Greci? A sor Ja fatua /
Por**, che contro noi vengono in guerra
Tutti | regni <li pelone. Or ci prego «
Mostrami J duci , e Je straniere squadre ,
Che i nostri io' he* ravviso, e quali insegne
Meneceo porti, e di guai' arni adorno
Splenda Creonte , e per la ferrea Sfinge
Superi» Eraon , come se n'esce a/feto
Libro VII. lf
per l'Emoloida porrà. Ella si dice
Semplicemente , e a lei risponde il veglio ?
Mille Driante Sagittarj in guerra
Da' freddi colli di Tanagrra adduce,
Egli ha il tridente in bianco scudo impresso
Ed aspro d'oro il fulmine trisulco ;
Del gigante Orion degno nipote
Per sua virtù : deh stia da lui pur lungi
Il destino del Padre, e l'ira antica
La vergine Diana in tutto obblii.
Seguono le sue insegne, c fangli omaggio
Medeone , ed Occalea^c la selvosa
Nisa, e Tisbe, che al suon de le colombe,
Care à Giprigna > mormora d' intorno .
Questi, che porta in man le rusticaii
Armi paterne , è detto Eurimedonte
Figlio di Fauno > ed ha su 1* elmo un pino
Che di destrier cadendo imita il crine ;
Quanto ardito fin qui fu ne le selve »
Tanto sarà ne le sanguigne pugne
Lo segue Eritre d* ampie greggi ricca ,
E de T arduo Scolon gli abitatori
E quelli cT Eteonon cinti d* intorno
& alte scoscese rupi, e quei che d'Ile
Statì f ta gli angusti lidi , e quei , che in Scheno»
Superbì yari ^tt Atalanta > -e i campi
Qfloran , dove ella fii Volte coese ;
.... v
( \6 Tjbbàidb di Stazio
'Armati di Macedoni zagaglie
Vengono in guerra » e di quadrati scudi ,
Che mal ponno coprir da' colpi il patto .
Quelli d* Onchesto , che a Nettun son cari ,
Ecco scendon nel campo a gran fracasso,
£ i Micalessi fertili di pini,
E quei, che'l Mela, ed il Gargafio rio
Irrora , a Palla sacri , ed a Diana ;
A gli Aliarti, che lè nuove messi
Invidian de' vicini , c con dolore
Miran le loro dal rigoglio oppresse :
Portan tronchi per aste, e per cimiero
I capi de' leoni > e son le targhe
Di sovero leggiere, e di costoro
Duce è '1 nosrro Anfion : ben lo ravvisi
Vergine, al plettro, che su l'elmo, porta, .
E al toro avito ne lo scudo impEcsso .
Generoso Garzon ! ei si prepara
Gir per mezzo le spade , e 'l petto ignudo
Esporre in guardia de V amate mura .
Voi d' Elicqna pur turbe venite
A soccorrer nostt' armi , e tu , o Permesso ,
E tu felice pe i canori flutti .
Ormio , non usi a le battaglie i vostri
Popoli armate: or tu li senti, o figlia,
Venir cantando t i patrj carmi, appunro
Di cigni in guisa, che ai partir del Verno
■
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Libro . VII. 17
■
Del sereno Scrimoli lasciati ie sponde •
Itene pur felici: i vostri fasti
Vivranno sempre , e saran fatti eterni
Dal dolce canto de le caste Muse .
Igli cosi dicea > ma 1* interruppe
La vergine: e chi son quei due fratelli
Che van si uniti ? Di guai stirpe ? Oh come
Sono simili a 1* armi > oh come eguali
Svolazzano le creste in cimi a gli elmi l
Deh fosse tal concordia anche fra' nostri !
Cui sorridendo il veglio : in questo errore
Tu la primiera Antigone non sei :
Altri ingannati da V età germani
Gli hanno creduti , e pur son padre > e figlio 3
Ma confusero gli anni : or tu m' ascolta :
Lapitonia Dircea Ninfa lasciva
Del primo s' invaghi , che giovinetto
Era, e inesperto, e a* talami immaturo)
£ tanto fece con lusinghe , e vezzi ,
Che seco si congiunse , e n' ebbe un figlio
11 vezzoso Alatreo > che '1 genitore
Me la primiera gioventù, somiglia
Al volto, e insieme hanno l'età confusa.
Or del nome fraterno , ancor che finto ,
Hanno piacer , e del comune inganno 5
Ma vie gode il genitor, cui giova
Sperar compagno in sua vecchiezza il figlio.
Teb. di Stàx.. Toro. IL B
t% Tibà/de m Stazio
Trecento in guerra caratteri eietti
Il figlio mena , ed altrettanti il padre; i
Sé il ver narra la fama, a noi li manda
Glisanta angusta, e Corone» ferace*
È ricca Tuna d'ubertose viti,
£ l'altra* pingue di copiose messi.
Ma qua rivolgi il guardo, e Ipseo rimira,
Che itoti quattro corsieri , e '1 carro adombra.
Con la sinistra man di serte cuoja
Di toro cinto alto sostien lo scudo.
Copre il gran petto d* interzata maglia ,
E da tergo non teme. Un asta impugna,*
Che fu onor de le selve, e che vibrata
Penetra Tarmi, e va per l'armi a petti ,
Ne -mai lancio Ila il cavaliere in fallo ; ,
Gene rollo il rapace Asopo , e degno
Padre d' un tanto figlio alior si mostra , .
Che rotti i ponti, e gli argini,- sonoro,
Sen corre al mare , e le campagne inonda :
O quando a vendicar V offesa figlia» -
Turgidi alzò centra le stelle i flutti ,
E sdegno aver per genero il Tonante . *
s Poichè rapita al patrio fiume Egina
Fra gli amplessi di Giove ascosa giacque
Sdegnassi il fiume, e mosac guerra ai «ieio.
(Non era in nell'eri lecito a' Nanu t
Contaminar le wgini innocenti; —
■
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Libro VII. 19
S' alza sovra se stesso a la vendetta ,
£ spinge Tonde in alto, e benché privo
D'ogni soccorso, pur combatte soloj
Ma dal fulmin percosso oppresso giacque .
Gode il fiume orgoglioso in su le sponde
Vedere ancor le cenemi »celcs ti ,
B va superbo de 1' avuta pena
Contra il cielo esalando Etnèi vapori .
Tale vedremo Ipsco ne' Cadmei campi ,
Se pur Egina a Jui placò il Tonanre .
Seguono il suo stendardo Itone , e a Palla
Alalcomcne sacra , e Mide , ed Arne :
Quei che in Aulida, e in Grea spargono i semi>
E li verde Platèa domaci co' solchi,
E Peteòne, e quei che '1 nostro Euripo
Con eterne tempeste intorno scorre ,
E tu ; Anredòne esrrema, ove dal lido
Umiderboso ne' bramosi ilurti
Si lanciò Glauco , e già cexuleo il crine
Patto , e le gore , inorridì in mirarsi
Dal mezzo in giuso trasformato in pesce.
Iluotan le frombe , e eoa piombati globi
Fendon i venti , e Jancian le xagalie £|
Veloci pid di eretiche saette .
Tu p\u , Cefisso, a noi mandato avresti
Il tuo Narciso ; ma ne* Tespj campi
Langue il
giovin feroce , e con sue linfe
£ x
io Tebaioe di Stazio
Lo sconsolato padre il fior ne irrora*
Chi le schiere di Febo, e de l'antica
Focida potrà mai narrarti a pieno?
Daulida, Ciparisso , o Panopèa ,
£ Lambadia vallosa , e sopra un scoglio
Hiampoli fondata, e «mei che manda
L'uno e l'altro Parnasso , e <juei che Cirra
Hanno per stanza , e Anemoro pendente
E di Concia i boschi , e di Cefisso
Lilia , che preme la gelata fonte »
Là ve solea Piton 1' immensa sete
Portando , il fiume divertir dal mare .
Mita come ciascun su l'elmo ha il lauro,
E portan ne lo scudo o Tizio > o Deio ,
O le faretre , che votò sovente
Febo , facendo innume rabil strage .
Ifito e il duce loro , a cui poc' anzi <
Naubolo padre d' Hipaso disceso
Rapi la morte* Naubolo , o buon Lajo >
Un tempo tuo fedel ospite > e auriga ,
Che guidava il tuo carro il giorno acerbo »
In cui cadetti indegnamente esangue
43e' tuoi destrier* era le ferrate zampe .
Deh foss' io pur teco rimaso estinto !
Qui impallidi Forbante , e da* singulti
Gli fur tronchi gli accenti . Il freddo veglio
Si stringe allor la verginella al seno,
\
J^J^jfeeclijiLQopQle
Libro VII. n
£ lo consola . £i con tremante voce
Ripiglia, e segue: o Antigone > o ma sola
Illustre cura , ed ultimo piacere ,
Per cui di gire a le cicch* ombre io tardo >
E mi serbo a veder forse le avite
Stragi, e le stesse sceleranze antiche,
Tanto che te consegna intatta , e pura
A legittime nozze : ah presto sia !
Ed Atropo il mio fi 1 tronchi dal fuso.
Ma mentre il tempo io perdo ; o guanti vcggiq
Duci trascorsi! e Ctonio tacqui, e i figli
D'Abante, a cui sccndon le chiome a tergo*
Non Caristo pietrosa a te mostrai,
Non Ega umile, e Cafarèa sublime i
E già stanca la vista a gli occhj nC g a
Discerner gli altri , e gii son tutti fermi,
E*l tuo fratello a lor silenzio indice.
Avea finito il suo parlare appena
Da la torre Forbante; allor che d* alto
In cotai guisa favellò il Tiranno j
O magnanimi regi , ai cui comando
Io duce vostro d'ubbidir non sdegno,
£ privato guerrier difender Tebe j
Olì non imprendo a' generosi cuori
Aggiunga sproni , voiontarj a 1* armi
Correste , e yoiontarj a me giuraste
I giusti sdegni, c le magnaninV ire ,
0
I
< ♦
%% Tebaioe di Stazio
Né men poss' io rendervi grazie , o lodi "
Al benefizio eguali: * toì mercede ,
Daranno i Numi, e vostre destre invitte ,
Debellati i nemici . Una vicina ,
■
Ed amica citta voi difendete^ *
Contro di cai non da lontani climi
Viene il nemico» p in altra terra nato ;
Ma un nostro cittadino a nostri danni
Muove , e conduce esercito straniero *
E pure ha qui fra noi ne' nostri muri
La madre, il padre, c le sorelle afflitte.
Anche uu fratel tu avevi-.- or mira iniquo,
Tu , che a gli avi minacci e stragi , e morte ,
Tutta r Aonia in mio favor $ è mossa ,
Né* sono al tuo furor lasciato solo .
Sai tu che voglion queste squadre? 11 regno*
Vogliono eh' io ti neghi, e qui si tacque.
Indi gli qrdin dispone , e chi le mura
Difender debba , e chi pugnare in campo,
Quai schiere in fronte , e quali por nei ceiycro,
Cosi qualor nel rusticaie albergo
L'alba penetra, e ancor son l'erbe molli j
Apre le chiuse stalle il buon pastore,
E fuor ne tragge il gregge i escono i primi'
I robusti montoni , e insiem ristrette
Seguon le. pecorelle! egli con mano- - -
Sostien le pregne , e le pendenti poppe , *
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Libro VII. *3
E pone al latte le cadenti agnelle .
Vengono intanto senz* avec mai posa
Né di , ne notte furibondi i Grecjr
Spinti da Tira: appena il cibo, o il sonno
Li tarda alquanto , e van con quella fretta
V inimico a cercar , eh' altri lo fugge :
Ne gli arrestan gli augurj , e i tristi segni ,
Che la sorte presaga a lor dimostra
Molti, e funesti messaggier' di morte.
Perchè di lor sciagura annunzio certo
Diedero augelli , e fiere > ed astri , e fiumi»
Indietro volti : tuono Giove irato ,
Strisciato infesti lampi : orribiT voci
Da' sotterranei uscirò , e i chiusi tempj
Volontarj s* aprir* de' Numi eterni:
Or piove sangue , or, pietre > ed improvvise
Apparver' ombre , ed a nipoti , e a' figli
Flebili si mostrato i padri , e gli avi :
Gli Oracoli Febei Cirra allor tacque,
E la notturna Eleusi in non usati
Tempi urlar si sentì : Sparta presaga ,
Aprendo il tempio, gli Amicléi fratelli
(O sceleranza l ) pugnar vide insieme:
Gli Arcadi udirò infra gli orror' noturni
Lica^ne latrar : correr di nuovo
Enomac* vidcr ne l'infame campo:
Attoniti \ pisani > c ^uci d' Acarne
B 4
s
N
I
14 Tei aide di Stazio
Scorsero V Achclòo de l'alerò corno
Scemo , e deforme : di Persio 1' immago
Mesta vide Micene , e di Giunone
Turbato il simulacro , e mercè chiese :
' Udir* gli agricoltori il procelloso .
Inaco dar muggiti : ambedue i mari
Udir' suonar di Paleraòne a 9 pianti
6ìi sbigottiti abiutor'de l'Istmo.
Tali arrisi de* Numi ode , e non cura
la Pelasga falange, e '1 furor cieco
Di timore la spoglia, e di consiglio.
Erano giunti di Beozia a' fiumi ,
E de F altero Asopo in su le sponde ,
E non ardiano il periglioso guado
Tentar le schiere del nemico flutto .
Perocché allor con ridondante piena
Pacca terrore a* campi, o la piovosa
Iride a lui le forze accrebbe , t> i nembi
Alpestri » o che pur tal fosse sua mente
. Del terreno natia chiudere il rarCo
Ai campo ostile. Ippodemonte allora
Il destriero reselo spinse d* un saito
Nel Aline, e dietro si titò la sponda,
E in mezzo k gorghi aito tenendo il freno
E Tarmi, rolto a gli altri duci grida; .
Or me seguite» o raiòrosij io scorta
Primo saroyri a le nemiche murai
i
I
Libro VII.
10 primo a Tebe spezzerò le porte .
Tutti lanciarsi allor ne 1' onde a gara
Vergognando gli estremi • In cotal guisa
Se dal pastor guidato a fiume ignoto
Giunge V armento > timido s' arretra ;
Lontana pargli la contratia ripa,
Ed in mezzo ha *1 tertor 5 ma le precede
11 toro condottiero, e '1 guado tenta,
Allor facile il salto, allor vicino
11 lido, allor più mite Tonda appare.
Vider non lungi un rilevato colle
Cinto da* campi , ove spiegar le tende
Potean sicuri i capitani Argivi >
£ donde si scoprian ie torri ostili
Tutte d' intorno , e ie Tebane mura .
Piacque la sede , ed il fcdel ricetto j
Perocché il monte dolcemente sale ,
£ signoreggia il piano , e non lo copre
Altro monte vicino , e non fa d' uopo
Di gran sudore a metterlo in difesa :
forte natura il fé* : le rupi in vallo
Ergeansi , e in fossi era cavato il piano,
£ quattro sassi gli cingeano i fianchi
Fatti dal caso di bastioni in guisa s
li rimanente terminar le schiere
Finché il so l cadde, e die riposo a l'opre.
Ma chi *1 terror può mai ridir di Tebe •
/
1 '
%* Tbhaide di Stazio
Città, che attende /gli ultimi perigli,
Cai turba l'atra notte, e'I di yicino ! 1
Corrono per le mura , e hi (juel terrore
Nulla lor sembra esser sicuro assai,
Nè fidan più ne le Anfionie rocche. . »
Ferve il tumulto, ed il timore accresce ;
De gl'inimici il numero, e il valore:
Veggonsi a fronte i padiglioni ostili,
E splender su lor monti estranj fuochi :
Chi a tempj corre , e a Numi , e chi le spade ,
E ì dardi affina, e de' destrier' fa prova:
Altri si stringe al sen la moglie, e i figli» •
E chiede lor l'estreme esequie, e'I rogo:
Se alcun le luci ia momentaneo sonno
Chiude; in sogno guerreggiar or la dimora
Lor sembra avanzo, or han lavica a schivo.
Ed odian l'ombre, ed han timor del giorno .
- Scorre per, ambo i campi ebbra, e Baccante
Tesifonc, ed ha in man gemino serpe:
Mostra un fratello a 1* altro , e ad ambi il padre.
1 E questi utlando da sue oscure grorte, -
Le Furie invoca, c ridomanda il lume.
Di già ecclissato avea 1* umido corno
L'algente luna , e già sperian le stelle
A lo spuntar de la novella luce, .
E bollia T Oceano al nuovo fuoco
Dei vicin sole , e guanto vasto è il mata ,
i
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L I 9 K O VII. $7 a
A* rai cedendo de' destrieri ardenti* '
Spianava i flutti , e rosseggiava intorno* .
Ed ecco uscir da le Tebane porta
G i0 ca>ta , il guardo torva , e '1 bianco crine
Sparsa, e incomposta ,« e pallida le gotc> J
£ livida di colpi i bracci, e'l petto,
Quasi Furia antichissima inferno , \
Portando in man cinto di nera
Un ramasccl poliva, e accompagnata ■ «v -
Da la gran maestà di sue sciagure. l iU
Le due figlie, più ■ quitto^ re miglior sesso.
Le fan di qua, di là bit sostegno,
Mentf ella sforza le senili membra
E sopra il suo potere i passi affretta .
Giunta a' nemici urta col petto ignudo
Le sbarre, e chiede con tremante voce
Interrotta da gli urli essere ammessa *
E aprite (grida) il varco; io queit* *aa*~>
Dal di cui ventre tanta guerra usciere i i>
Io son queir empia , ed ho nel vosero campo
4nch f io ragione, ed esecrami parte* - +\
Innorridir ié guardie al solo aspetto* *
M^to più a le parole, e di già un- messo.
Tot**, che fu spedito^ al rege Adrasto, j
Concine, che venga: apron le porte
E la fat^o passar» tra V armi ignudo.
Ma cornea de* principi Urrà .« W ^
xt Tea aide m Stazio
Giunse al cospetto , in suo dolor feroce
Furiosa gridò: deh chi mi mostra
Quel eh' io mi partorii fiero nemico ì
guai' elmo il cela , o principi ? A tal voce
Corre di Cadmo il figlio, e fra le braccia
1/ accoglie , e '1 seno di giojoso pianto
Le begna , e la consola , e o madre , o madre
Tra* singulti ripete, e le sorelle
Alternamente or si restringe al seno ,
Or a la madre toma . Allor fra' pianti
la fiera vecchia rie più P ira inaspra .
Che lagrime , o crudel ? guai nomi fingi
Argivo re? Perché m'abbracci, e offendi
Col ferreo petto P odiosa madre ?
Tu quell'esule sei? Tu quei meschino ,
Che mendicava albergo? E chi pietade
Non avrebbe di te ? Lassa ! ma quante
Schiere da* cènni tuoi pènder vegg'io?
Da qtfante guardie ti rimiro cinto?
Misere madri l or qual ti veggio ? E pare
Io piangeva il tuo esilio i di > e le notti .
Ma se de' tuoi la voce udir ti degni ,
Se ne ascolti i consigli , or che le trombe
Taccion ancora, e la pietà sospesa
Sta in mezzo a 1' armi, a l'empia guerra abborre.
Io genitrice tua prego, e comando:
Vien meco , e i Dei paterni « e i pattj retct
*
I
Libro VIL %9
Mira pria che gì' incenda , e col fratello
( Che torci il guardo ? ) coi fratel ragiona ,
Ed il regno gli chiedi , ed io fra yoì
Giudice sederò : che se lo nega ,
Porrai con più ragione usare il brando •
Temi tu forse , che la madre ancora
A le frodi consenta , e che t'inganni?
Non uscì già da 1* infelice casa
Ogni pietade : il tuo sospetto appena
Giusto saria , se ci guidasse Edippo .
Sposa fui > lo confesso , e le mie nozze
Ahimé fur empie > e fu nefando il parto ;
Pur tali io v* amo , e i furor' vostri io scuso.:
Che se ancor tu resisti : ecco t* appresto
Volontario trionfo ; a tergo lega
Le pie sorelle , ed incatena > e stringi
La genitrice afflitta , e se non basta ,
Da le sue grotte ti si meni il padre.
Or i miei pianti, e le querele io volgo
A voi > principi Achivi. In abbandono
Lasciaste pur le dolci spose > e i figli ,
E i vecchj padri, e questi stessi pianti,
Ch" io spargo $ allor versaste . A me rendete *
Principi , le mie viscere , e '1 mio sangue .
Se tanto caro nel suo breve esilio
A voi si tese ( e siavi prego ancora )
Quale a me sarà poscia > e a questo seno ì
$o Tjitaide djl Stazio
Non da gli Odrisj regi , o da gi' Ircwù
Saziano escluse mie preghiere oneste ;
O s' altri v* ha , ohe vinca i furor* nostri ,
O'I concedete, o duci, o fra le braccia
Spirar io voglio de i' ingrato figlio ,
Pria di veder le scelerate guetre.
li flebile parlar mosse a pietade
Avea le irate schiere , e già d' in tornò
Si vedean vacillar' elmi , c cimieri»
E di lagrime pie V armi cospeise i
Quai feroci leor/ , che coir il petto
Hanno atterrati i cacciatori, e l'aste,
Placano 1* ira , e sopra i carpi vinti
Van passeggiando > e certi gii del cibo
Godon di prolungar l' ingorda fame ;
Cosi ne* Greci $' ammolliano i cuori
E 1' insano furor d' armi , e di morte j
E Polinice* stesso ora fra i baci A e
De la canuta madre , or fra gii amplessi
'De là semplice Ismene, or nel seno •
D'Antigone piangente, e che Io prega *
Sta in se dubbio e confuso , e M regno efebi ia. -
Qi* già d' andar non nega, e non g liei vie ul^
Placido Adrasto; ma s'^oppon Tidéo ,
Che si rimembra il ricevuto scorno- #
Me (grida) me piuttosto ai £er tiraolio,. -
Che sì fido ptoyaì, prenci , opponete :
Libro VII. i t
(E non gli era fratello,) ancor ne porco
La finta pace , e V empia fe nel petto .
Arbitra de la fede , e de la pace ,
Ov'cri, madre, allor , ch'una sol notte
Mi die fra voi così benigno albergo ?
Ad un sì reo commercio il figlio meni ?
Menalo prima a quel!' infame campo ,
Che fuma ancor del vostro sangue , c mio .
£, tu indur vi ti lasci ? O troppo mite !
Qual sia il furor de' tuoi più non rimembri*
Quando sarai da mille spade cinto ,
Basterà forse, che la madre pianga,
£ cesseranno l'armi? Una sol volta
Ch'ei t'abbia in suo poter, e che ti chiuda
In quelle mura a le sue furie esposto ,
Puoi tu sperar, che ti rimandi al campo ?
Prima vedrai quest' asta , ii ferro scosso
Rifiorire di frondi, e di verdura»
L' Inaco prima, e 1' Achelòo vedremo
Retrogradi tornare a' loro fonti .
Ma sol si cerca d'abboccarli insieme,
E se possibil fia , compor le risse :
Questo campo gli è aperto, ed è sicuro.
Porse a m e si teme ì Ecco mi parto >
£ dono al comun ben le mie ferite .
Vtq£a egli, pare a le sorelle in metso,
£ '1 riconduca qui la stessa ;uadce . \
ft Tebaidb di Stazio
Quindi che speri i Fa che '1 regno ei ceda
Vinto da' patti ; il renderai tu poi ?
Dal feroce parlar mosse le schiere
Mutati consigli , qual se d' improvviso
Turbarsi il cielo » e V Austro procelloso
Tolga a Borea del mar rutto V impero .
Si risvegliano V ire , e pur di nuovo
Piacciono 1' armi , ed i furor' primieri .
Vede Megera il tempo , e pronta il coglie ,
J> sparge a le battaglie il primo seme .
Su la sponda Dircea givano errando
Due mansuete tigri , ed eran quelle
Che '1 carro trionfai de' lidi Eoi
Trasser di Bacco , ed ei le avea dal giogo
Libere fatte ne gli Aonj campi . /
A queste ancor spiranti Arabi odori , .
£ che obbliata han la natia fierezza ,
Solevan le Baccanti, e la più antica
Sacerdotessa ornare il colio , e '1 petto
Di pampinosi serti > e '1 maculoso
Vello intrecciar di fiori, e fregiar d'ostro*
E di già care eratto ai campii e a colli ,
£ care ancor ( chi '1 crederla ! ) a V armento»
£ le giovenche intorno a lor muggendo
Ardian pascere i prati : ingorda fame
Non le spinse a le prede j e di coi '1
Porgerà lor, lambivano le destre.
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Libro VII. 33
£ aprian le fauci , e distendeano i colli
A r infusion del dolce umor di Bacco ,
Per le selve dormians ma se talora
Con pacifico passo entrano in Tebe,
Jumano io ogni casa > in ogni tempio -
I sacrificj , e par che Bacco torni .
Queste , tre volte con viperea sferza ,
Batte la Furia , e le sivolge in ira ,
E al furor primo , e dietro se le mena
Contra gli Argivi, che non san che sacre
Sieno ad un Nume: da diverse parti
Scendon così due folgori dal cielo >
Solcando V aria con il crine ardente »
Non altrimenti rapide , e veloci
Premendo orribilmente a corso, a salti
Passano i campi, e V infelice auriga
Sbranan d' Anfiarào •* presagio infausto
Al suo signor , di cui guidava al fiume
I candidi destrieri , ed Ida appresso
Di Tenaro , e Acamanta il forre* Etolo .
Puggon pei campi, e gli uomini , e i cavalli
Ma AcooteO nel veder cotanta strage
( Er' Arcade costui , e cacciatore )
Acceso d' ira , con lo strale in cocca
Le segue ,. e scaglia , e replicando i colpi
Le impiaga ne la schiena , e ne le coste •
Quelle fuggendo, e di sanguigna riga
Teb. diStai. Tom. II. C
■
* 4 TMbaidi di Stazio
Segnando il suol, su le Tcbanc soglie
Portano le saette, e moribonde
Gemono in suon di pianto , e a cader vanno
De I* arroara cittì sotto le mura .
Sembra , che i tempj , e la cittade a sacco
Vada , e sossopra , e le Sidonie case
Ardan le fiamme : tanto * e tal s* innalza
Rumor per tutto: avrian minor dolore,
Se le cune d' Alcide , o di Seméle
II talamo fumante, o d' £rmiòne
Fossero i tetti in cenere disciolti.
Ma del Nume ministro il buon Tegeo
Con brando ignudo Aconteo inerme assale y
Ch* era <*ia senza dardi, e ebe godea
\De la doppia virtoria : il suo periglio
Miran gli Arcadi , e corrono al soccorso *
Ma giungoit tardi : su le uccise fiere
Giace a bacco il ineschiti pronta vendetta.
Dassi a Tarmi net campo, ed il Concilio»
Resta disciolto : fra le armate schiere
Pugge Giocasta , e pili non prega , e seco
Fuggon le figlie y e chi le udì pietoso ,
Or le respinge irato , e le discaccia .
Coglie Ti^o l'occasione, e grida:
Or ite dunque > e fe sperate, e pace»
Porse ha potuto il perfido Tiranno
Differire il misfatto in fin che totni
!
Libro VIÌ» 3*
t>a noi partendo la canuta madre ?
Si dice , e tratto il brando , i suoi compagni
Eccita a l'armi. Un rumor fiero, e orrendo
S'aita d'urli, e di strida, e crescon l'ire.
Senz' ordin ferve aspra tenzone , e '1 vulgo
Va insiem co* duci> c non ne cura i cenni ,
£ corion misti i cavalieri , e 1 fanti ,
Ed i tapidi carri armati in guerra .
Infelice colui , che inciampa , e cade ;
Che la turba indistinta il calca , e preme ;
Non di se pon far mostra , o del nemico
Riconoscer le forze : un furor cieco >
Una rabbia improvvisa ha di già spente
La Greca gioventude , e la Tebana
A meschiarsi co' brandi . Insegne , e trombe*
Restaro a tergo , e quando diero il segno
Di guerreggiar à già la battaglia atdea .
Da poco sangue tanta guerra uscio ?
Cosi'l vento da prima infra le nubi
Sue forze accoglie , e lievemente scuote?
Le frondi , e i rami ; indi robusto , e fiero
Svelle le selve, e d' ombre spoglia i monti ,
Alme Pierie Dee , le vostre schiere
A noi cantate con più gravi carmi,
£ di Beozia vostra i casi atroci .
Non vi chieggiarn cose straniere , e ignote J
C t
v
3* Tebaide di Stazio
Voi le miraste d' Elicona , e mute
Restar' Je vostre cetre , e inorridirò
Al rimbombo di Marte, e de le trombe.
Venia Pterella un giovane Tebano
Rapito dal destrier, che sprezza il ire no ,
£ di se donno fra le schiere > e V armi
A suo talento il porta ; ecco l'idèo
L'asta gli vibra nel sinistro arcione,
E '1 cavalier , eh* è per cader di sella,
Ne V anguinaglia ai palafreno inchioda.
Fugge il cavai coi suo signor sul dorso/,
Che non più rrtien V armi , o regge il freno ,
Come Centauro, che d'un* alma privo,
Su la schiena abbandona il busto umano.
Ferve la crudel pugna , ed a vicenda
Ippomedonte Sibari distende ;
E Perifanto è da Meneceo ucciso ,
E da Partenopeo Iti trafitto .*
Un di colpo di spada , un di saetta ,
De Tlnachio Cenèo l'alta cervice
Tronca Emòne feroce : il capo cade ,
E ad occhj aperti il tronco busto cerca,
E cerca il capo l'alma intorno errante .
Abante corre ad ispogliarlo, e un dardo
Vien d' arco Greco , e glie io stende a canto,
£ '1 suo gli fa lasciare, e 1* altrui scudo.
i
Libro Vtt %t
Qaat consiglio fu il tuo , semplice Eunco ,
Lasciar di Bacco il culto, e i sacri boschi,
Onde uscir e vietato al sacerdote?
Chi di Lièo '1 furore in quel di Marte
Ti fe cangiar ? Chi d* atterrir presumi ì
Porta lo scudo fral d' edera intesto ,
E di frondi di vite : il pampinoso ^ .
Tirso candida fascia incorno cinge x
Ondeggia il crin sul tergo, e % i ptimo pelo
Adombra il riso , e la lorica imbelle
Copre un manto di porpora di Tiro .
tra le maniche i bracci , ed i calzari
fregiati , e pinti , e soctil velo il seno
Copre , e s allaccia la Tenacia veste
Con fibbie aurate , e con smeraldi ardenti a
Suonangli a tergo V arco , e cento strali
Dentro lo spoglio di dorata lince .
Costui dal Nunte invaso infra le schiere
Venia gridando : ornai cessate P armi :
Con lieti auspicj quesre nostre mura
Coi misterioso bue mostranne Apollo. ,
Cessate, dico 5 volontarj i marmi
Ne cinsero d'intorno. E noi siam gentd
A' Numi sacra , e de la nostra Tebe
Genero è Giove, e suocero Gradivo,
Ed esser nostro citradin si degna
«
3 3 Tebaide di Stazio
Jl gran Libero Padre, e il grande Alcide.
Mentr* ei cosi ragiona i a lui s' oppone
Crollando V asta Capanco feroce .
Qual digiuno lcon , cui sul mattino
Sveglia la fame , se da T antro scorge
"timida cerva, o tenero giovenco
Mal atto ancor a guerreggiar col corno ,
Lieto corre fremendo , e non curante
Lo stuol de* cacciatori , e l'aste, ci dardi,
Vede la preda , e le ferite sprezza ;
Tal Capanèo ne l'inegual cimento
Vìen baldanzoso alta brandendo l'asta,
Ma pria lo sgrida : o tu che a morte corri,
Perchè vuoi spaventar 1* alme guerriere
Cor. femminili strida ? Oh <jui pur fosse
Teco <juel Dio , del cui furor sei pieno i
Or vai racconta a le Tebane madri
Cotcste fole: dice, e Tasta scaglia,
Che^tjuasi nulla la ritenga, appena
Tocca lo scudo , che gli passa a tergo .
Cadongli di man V armi , e '1 manto d* oro ,
Che '1 sen gli cinge, ne* singulti estremi'
Ondeggia , c geme , e fuor ne sbocca il sangue.
Tu cadi , audace giovanetto , un tempo .
Dolce cura di Bacco, ora dplore;
Te 1* Ismaro ognor ebbro, infranti.! Tirsi,
».
«.
Libro VII. 19
E te pianse il Timolo, e la ferace
Kisa i e caca a Teseo V ondosa Nasso ,
E*l Gange, che per tema a gli Orgj sacri.
Di Bacco sottopose i flutti altieri . <
Nt)n mcn feroce le Lcrnce falangi
Eteòcle distrugge i assai /p#,ietrtq
Vien Polinice, c'I civil sangue abborre.
Ma sopra gli altri Anfiario si mostra^
Sul carro eccelso , e a tutto corso spinge
I suoi destrier' presaghi^, e paurosi
Per T infame tepren > eh* ornai /icusa
Portarlo in mezzo a un turbine di polve.
Li assiste Apollo, c ai suo fedele appresta «
Un vano grido, e a la vicina morte
Intesse fregi di caduco onore . ,
Ei risplender gli fé' lo scudo , e V elmo
Di nova luce, di Cometa in gui^ HH ^
Ne tu, Gradivo, al tuo fratel contendi
Che da mani terrene il suo ministro
Illeso resti. Venerabil* ombra , _
\d ostia intatta si riserba a Dite
Id ei, che certo il suo morir prevede,
Va più feroce infra le squadre ostili* p
E U.disperazion. forza gli accjpsce .
Già pii che d'uom son le sue membra, e '1 volto,
Ne mal più lieta giorno a M rifulse*.. «.
Ne mai più certa ebbe dal ciej contezza,
; ,
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• »
!
4.9 Tìb aide di Stazi o
Se la virtù , che già s* appressa al fine , 1
Tatto a se noi chiamasse. Avvampa, ed arde
Tutto di Marte , e del suo braccio gode ,
E va de* colpi suoi 1* alma superba •
Questi , che a raddolcir le umane cure
Era dianzi si pronto , e che sovente
Solea scemar di lor ragione i Fati,
Quanto or diverso appar da quel , che i lauri
Scguia d'Apollo, e i tripodi loquaci,
E che , invocato il Nume , in ogni nube
De* volanti intendea volo, e favella!
Non tanta strage apporta il Sirio ardente,
Ed il pesti fer anno , e l'aria grave,
Quante vite egli miete , e manda a P orco ,
Vittime uccise a la sua nobiT ombra.
Col dardo Flegia; e con il dardo uccide
Il superbo Filéo 5 quinci col carro
Di falci armato a le ginocchia tronca
Cromi , e jCremetaòn fermo , e vicino :
Indi con Tasta uccide Ifinoo , e Sage,
E Già chiomato, e Licoréo , che a Febo
È sacerdote ; e con dolor miro Ho
li buon augure Argivo , allor che Tasta
Vibrata contro a lui gli spinse a terra
Il cimiero , e la sacra infula apparve •
Indi Aicatòo d* un sasso in capo fere»
Che lungo i stagni di Caristo avea
1
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Libro VII. 41
La moglie , il patrio albergo , e i dolci figli
Usi a scherzar su le palustri sponde.
Povero pescator visse contento ;
Ma V ingannò la terra : egli morendo »
S'augura i flutti, e Tonde, ed i perigli
De re tempeste, che provò men fiere.
Vede d' Asòpo il figlio , il grande Ipsèo
Cotanta strage , e fuga , ed in se brama
Con generoso ardir volger la pugna. ^
Non men feroce anch' ei venia sai carro .
Strage facendo de le squadre Greche j
Ma visto il paragon d* Anfiarào , >
Sdegna ignobil trofeo di sangue umile,
A lui con l'armi, e con la mente aspira;
Lui solo cercai ma s' oppon la turba,
E T impedisce: ond* ei sdegnoso allora
Un* asta svelta del paterno fiume
Impugna , e preg3 : o de le Aonie linfe
Copioso donator , che ancor superbo
Vai de* fulmini stessi , e de le fiamme
Che uccisero i giganti, o Asopo , o padre 7
Tuo nume ispira a questa destra : il figlio
È , che ten prega , ci* asta is tessa un tempo
Germe de le tue sponde: e se tu osasti
Pugnar con Giove ; al figlio almen concedi
Svenar il vate, e non temer d'Apollo, .
E le vedove bende.* e Tarmi vuote _
4 t Tebaioe di Stazio
Giuro dar in tributo ai tuo gran fiume.
Udillo il padre, e consentii ma Febo . N
S'oppose, e torse il colpo, e V asta il petto
D' Herse trafisse condottici del carro .
Cade morto il meschini ma il Nume stesso
Sotto sembianza di Aliomene, il freno
Prende, e succede a 1* infelice auriga.
Al rivo sfolgorar del Nume ardente
Fuggon confusi i cavalieri, e i fanti i
li sol timor li caccia, e senza piaghe
Muojon d'imbelle morte i fuggitivi.
Dubbio rimane se pili aggravi il carro
Il divin peso , o a corridoi dia" lena .
Come, qualor precipitosa cade ,
Svelta da gli anni, o da rio nembo scossa
D* alpestre monte discoscesa parte ;
Per diversi scntier' uomini » alberghi , . .
Selve", eri armenti in sua ruina involge ,
Sinché cessando l'impeto, si spiana
In cupa valle , o il corso arresta a fiumi *
Non altrimenti il formidabil carro »
Che porta il grand* eròe , porrà il gran Nume,
Ferve nel sangue . Delio stesso i dardi
Vibra > e guida i destrieri , ed egli al tate
Dirizza i col pi , e in altra parte volge,
E rende vane l'aste, e i dardi ostili.
Cadono a terra Menala pedone*
Libro VII. 45
E dal grande corsier coperto invano
/latita j ed Etiòn > che d'una Ninfa
1/ Elicone era nato ; e per i' ucciso
Prarel Polire infame , e Lampo audace ,
Ch' osò tentar la purità di Manto
Diletta a Febo, e di sue bende cinta.
Contro il profano Je saette sante
Scocco egli stesso, e vendicò l'oltraggio.
Ma già su' corpi estinti, e su' mal vivi
Gli anelanti destrier' cercano indarno
Il coperto terreno , e duro solco
S* apron su membra lacerate , e infrante ,
E ne rosseggìan le girerò!' ruote .
Calc3 il. carro crudel gli esangui busri,
E già di senso privi , e chi ferito
Languendo giace , sul suo capo il vede
Ratto venir, né di schivarlo . ha speme:
E cria lordo il timon » lubrici i freni
D
Son di putrido sangue ; un denso limo
Di teschj infranti a e di midolle invischia
Le ruote si, che le fa lente al moto»
E T ossa de' cadaveri insepolti
A* già stanchi destrier' servon d' inciampo •
Il vate ognor più fiero i dardi svelle -
Ne le ferite infissi , e li rilancia ,
E fa nuove ferite , e nuove morti ,
£ geraon l'alme sciolte al catto intornp.
^44 Tebaide DI STAZIO
Alfine il Nume al servo suo fedele
Si scopre , e dice : usa tua forza , e lascia
D* immortai fama il tuo gran nome eterna ,
Or ch'io son reco, e 1* implacabil rturte
Sospende ancor 1* irreyocabil punto .
Ornai siam vinti * e la severa Parca
Sai ben, che a nullo unqua ritorse il filo.
Vanne , o promesso , ed aspettato un tempo
Gioja, ed onore de gli Elisj campi.
Vanne senza temer del reo Creonte
L* dure leggi , e di mancar d* avello .
gli da T armi respirando , al Nume
osi risponde : o gran Padre Cirrco ,
Io te dianzi conobbi , e roen diè segno
4P L'asse sotto il maggior peso tremante;
ÌA& perchè tant' onore a un infelice,
he tu ne regga il periglioso carro
stinato a l' inferno ? E sino a quando
errai sospeso il mio Destin maturo?
Già sento Tonda rapida di Stige,
E i neri fiumi de l'orrenda Dice,
E l'orrido latrar de le tre gole
Del Tartareo custode : ornai ripiglia
L* a me commesso onor de le ette bende,
E '1 sacro allor , cui profanar non lice ,
Portandolo ne 1* Èrebo profondo .
Ma le pur del tuo vate «dir V estreme
5
i
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I
*
L i b * o VII. 4f
Voci non sdegni , c i giusti roti suoi ;
10 ti ricordo l' ingannata casa ,
E il castigo de l'infame moglie,
E del mio figlio il nobile furore .
Mesco aJJor scese Apollo, e celò il pianto .
E risto afflitto il catro , e i buon destrieri
Si doissr privi dei celeste auriga.
Così vede sicuro il suo naufragio
Nave agitata da notturno coro ,
Cui lo splendor de la, maligna stella
D' Elena infesta minaccioso guarda.
Posti già in fuga Castore , e Polluce .
Il suol , che tosto s f aprirà in vorago
A vacillar comincia , e scuote il dorso ,
E s'alza maggior turbine di polve:
Mugge sotto T Inferno 5 i combattenti x
Ctedon, che sia il rumor de la battaglia,
E si spingono innanzi: il tremor cresce,
E fa T armi ondeggiare , ed i guerrieri
E i trepidi cavalli . J colli intorno
Piegan le cime ombrose , e V alte mura
Già crollano di Tebe. Inalza i flutti
Gonfio 1* Ismeno , e le campagne inonda .
Cessano V ire : ogni guerriero i dardi
In terra affigge , e a V aste vacillanti
11 corpo appoggia, e nel pallore alterno
Conoscendo il reciproca timore ,
4* Tebaide djl Stazio
Confuso si ritira a le sue insegne .
guai se talor sprezzando ii mar profondo
A stretta pugna Je gran navi accozza
Bellona irata, setvon Tire, e 1* armi >
Ma se opportuna alta tempesta sorge ,
Ciascun pensa al suo scampo , e nuovo aspetto
Di nuova morte fa deporre i brandi ,
Ed il timor fa germogliar la pace ;
Tal T ondeggiante guerra era in quel campo
O che la terra un turbine concetto
Affaticata sprigionò de* venti
La chiusa rabbia , e *i prigionler furore ;
O che da V onde sotterranee ro*a
In quella parte ruinando cadde;
O quivi in suo girar con l'ampia mole
Si posò il cielo , e col fatai tridente
Nettun la scosse , c con, più gravi flutti
Appoggiò il mar sovra l'estreme sponde/ >
O il suolo istesso minacciò i fratelli ;
Ecco aprirsi voraggine profonda .
Vider l' ombre la luce , e gli astri V ombre,
Ed ebber vicendevole timore .
L' immane speco ne i* immensa voto
Assorbì l f indovino : e i suoi corsieri ,
Che per passarlo avean già pr-.so il salto.
Nom lasciò il sacerdote o V armi , o i freni *
Ma qual era sul carro ai cupo fondo
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L i • k o VII. 47
Ritto discese riguardando il ciclo »
E geme quando riserrarsi il suolo
Sopra si vide, e un più ieggier tremore
Rimarginar i fessi campi , e '1 giorno
Celar di nuoro al tenebroso Averno .
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LIBRO VIE
• • •
POichè fra 1' ombre pallide reperire
Discese il vate , e penetrò di morte
L'oscure case, e del sepolto mondo
Scopri gii occulti arcani > e die spavento
Ombra armata, e guerriera a l'alme ignude;
Maravigliando inorridir* d* Inferno
Gli abitatori in rimirar intatte
L'armi, e i vivi destrieri , e '1 sacerdote ,
Spettacol nuovo i d'ossa, e carne cinto:
Perchè non arso di funerea pira
Scendea a gli abissi , e fuor di nero avello;
Ma di guerrier sudor grondante , e caldo
Con lo scudo sanguigno , e polvetoso
Di militare arena, e non ancora
L' avea V Eciani con il tasso ardente
Purgato , e mondo , nè su V atra porta
Persefone notato infra gli estinti :
Ma prevenendo il suo destin , le Parche
Sei videro vicino, e sbigottite
Lo stame in fretta ne troncar' dal fuso .
Spaventò quel rumore i lieti Elisj ,
E s* oltre il primo baratro profondo
Sono altre bolge , altri paesi oscuri .
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Di^itized bytoogle
L i b x o Vili. 49
Turbarsi i laghi inferni, e i neri stagni,
„ E il nocchier de la livida palude
Premè ' mirando inusitate strade
Aprire il suolo al Tartaro profondo,
E /fuor del legno suo dar varco a V ómbre „
Stava per sorte il re del basso mondo
Assiso in mezzo del funesto regno ,
Del popol morto esaminando i falli ,
£ la trascorsa vita . In lui pietade
Non^ trova luogo , e a tutte V ombre è irato.
Stangli 'ntorno le Furie , e varie morti ;
E in varie guise fa suonar la pena
Catene, e ceppi. Le spietate Parche
Traggono i stami de le umane vite,
E gli troncan sovente , e pur de V opra
È maggior la fatica , ed il lavoro.
Ma il placido Minosse , e '1 venerando
Fratello ispira al barbaro Tiranno
Pili giuste leggi > e ne ractempra T ire .
Vi assistono Cucito, e Flcgetonte ,
E Stige , eh* al giurar de* Numi eterni
Il freno impon d* inviolabil legge ;
ld ei quantunque a non temere avvezzo.
Pure a V aprirsi de la terrea mole
Teme le stelle ignote, ' e '1 torvo ciglio
Dal dolce offeso balenar del sole :
Crollò il gran capo » e minacciando disse :
T*b. di Staz, Tom. II. D
5* ThÉAIDE DI STA2I0
Qual supcrior ruiua ai cieco Inferno
Mostri ii nemico ciclo ? E chi rischiara
Queste tenebre nostre > E chi la morte
Quasi richiama a vira; e ne minaccia?
goal de* fratelli miei guerra m'indice?
Eccomi pronto • Il mai diviso mondo
Ornai si turbi $ e chi di noi più 'I brama?.
La terza sorte me dal polo eseluse ,
E dei colpevol mondo a me dic'l regno,
E questo ancor mi ci contende: or ecco
Com'egli è aperto 'a le nemiche stelle.
Esplora forse il tumido germano,
Che regna in cielo , le mie forze ascose? »
Stansi qui meco gii orridi giganti,
Che haa quasi rotte le catene, e i figli
Di Titano > che uscir bramano in guetra _
Contro de Numi , e l' infelice Padre .
Perchè gli ozj mici tristi, e l'inamena
Pace mi turba, e fa bramarmi il giorno'
Solo ch'il voglia, aprirò i regni oscuri,^
E involgerò fra l'ombre iqfcrne il sole:
Io non rimanderò Y Arcade alaro
A* Dei superni ( a che a me viene , e parte
Messaggier fra le tenebre , e la luce? )
Io tirerò quaggiuso ambo i gemelli
Di Tindaro : e perchè gli eterni, giri
D'Issione io nonVerrao ? £ perché l'onda '
• t
.» « > » «. * ' ' * J
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Librò V1H. 1*
tot l'assetato Tantalo ancor fugge?
Degg'io soffrir, che tante volte > c tante
Vengano rivi a profanata 1' Inferno ?
Di Piritòo l'impecia» e di Teseo . /
Troppo fedele al temerario amico
tìo ancor in mente < c quando il fiero Alcide
Cerbero seco trasse , e restar pwi*
Del triplice latrar le ferree porte ,
Sento sdegno, e rossor che'l Tracio
Penetrasse quaggiù condolei accenti: ^ T\ r
Io vidi , io vidi al lusinghiero canto
Pianger le Furie » e rannodar lo trame
Gii tronca il fuso le crudeli Parche ,, ,
Io stesso,., ina i'irrevocabil legge ! V -1 *d
Fu in me più forte , ed io , che una sol volta.*
Né già di furro, ai elei sereno ascesi,
£ d* amor punto ne* Sicani campi .
Rapii la sposa, e al letto mio la trassi j
Lecito disser che non m'era, e Giove
Tosro fe leggi inicjue , e con la madre
Barbaramente mi divise V anno .
Ma perchè parlo indarno? Esci, e vendetta
fa N » Tesitene, ornai del nostro Inferno * ^
JB s ognog.., fosti d' esecrandi mostri
Pecond»;i?4^4|fc.va> inusitata , e grande
Sceleraggih fuaètta, e da le stelle
Non più veduta in alcun tempo > e degni
D x
I
ja Tebaide di Stazio '
Che r invidiin rue' suore, e ch'io V ammiri:
Cadan V «n sovra V altro in lieto Marte
Con alterne ferite ambo i fratelli ;
( Sian questi esordj a le vendette nostre )
Altri di fiera in guisa il capo ostile
Roda feroce con rabbiosa fame :
Altri gli estremi roghi a* corpi, esangui
Contenda, e neghi, e i* aere pura infetti
Co' cadaveri putridi, e insepolti.
Veggalo il Crudo Giofe , e sen compiaccia ,
E perchè i regni nostri a gli altrui sdegni
Soli non sieno esposti , alcun ritrova ,
Che muova guerra a' Numi, e del Tonante
La folgore respinga, e al ciel contrasti.
10 farò sì , che non più facil sembri
Del Tartaro turbar l'oscure sedi ,
Che monti imporre a monti, e Pelio ad Ossa.
Disse, c al jhio dir tremò l'orrenda reggia ,
E *1 suol , cui preme , e '1 superior terreno .
Non con forza maggior scuote il Tonante
Le stelle, e i poli, se'l gtan capo muove ;
E a te ( soggiunse ) che quaggiù scendesti
Per illecite- vie , quai pene appresto?
11 sacerdote allor fatt* ombra lieve,
Ed invisibil quasi a gli occhj altrui;
Di già consunte 1* armi , e già pedone ;
Ma conserrando (ancor che spirto ignudo )
i
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Libro Vili. J J
U onor del sacerdozio , e su la fronte
Le oscure bende, e '1 ramusccl d'oliva
Pallida in mano , al crudo re rispose :
Se lece, e $' c permesso a le sacr' ombre
Scioglier la voce , e in questi luoghi , o estremo
Ricerco 3 e fine de le cose al vulgo ,
Che poco intende > ma principio , e. fonte .
A me , cui le cagioni , e gli elementi
Pur sempre noti ; le minacce afFrena ,
£ placa il cuor turbato, e non far degno
De l'ira tua chi le tue leggi apprezza .
A V Erculee rapine io non discendo .
Donde in me tanto ardir ? Né impuro amore
( Credilo a queste bende ) e chi mi guida :
Non si nasconda ne le oscure grotte
Il can trifauce , né del nostro , care*
ProsJerpina paventi: io fui poc'anzi
Augure, e caro a gli Apollinei altari.
Giuro per lo tuo Caos ( e vano fora
Giurar quaggiù per Febo) alcun mio fallo
Reo non mi fe di così nuova morte,
N T é meritai per cosi strane vie
£sser tolto a la luce • Il sa ben 1' urna
£)el Giudice Cretense , e può Minosse
Scoprirne il vero: da l'infida moglie , .
Tradito , e a prezzo d* esecrabil oio
Venduto; e del mio mal certo indovino.
Dì
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\
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%4 Tbuaidb di Stazio
M* ascrissi a V armi Argive » , onde tant' altro
Scesero a te poc anzi , e di mia mano
Certo non poca , e non ignobil parte .
Con subita vertigine dal mondo
( inorridisco ! ) me fra mille schiere
La tua gran notte nel suo abisso immerse»
Quale mi feci allor , che per lo vano
l}e la terra pendente, o per l' opaco
Aere discesi? Ahi che di me non resta
Nulla agli amici, a la mia Patria , p al neno
Spoglia > e trionfo a la nemica Tebe.
Io non più rivedrò le Argive musa >
Ne *1 mio mortale in cenere raccolto
Tornerà ai mesto padre, e senza tomba
Senza 1* onor dei rogo, e senza pianti
Con V eiequie mie intere , e co' destrieri
( Ma per nulla tentare ) a te ne vengo ♦
Ne gii ricuso convertirmi in ombra ,
Ed i tripodi miei porre in obblio.
Ch* hai tu che far de 1 vaticinj nostri ,
Se a tuo voi$r fiian le Parche i Fati?
Deh placa Tira, e mansuero , e pio
Ti mostra a me piik de* superni Numi .
Ma quando a te verrà la moglie infame #
A lei serba i supplìcj , e V aspre pene :
Essa, o buon re, de Tira tua è più degna,
. Piuto esaudì le preci, è n'ebbe scoino,.
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Libro Vili. y j
Così leon del cacciator Massile
Se vede incontra balenarsi il ferro ,
Si muove a 1* ira , c V unghie arruoca , c *1 dente s
Ma se cade il nemico > e a terra giace ,
Sol gli va sopra > e di la vira al vinto .
Cercano intanto sbigottiti i Greci ,
Ove sia il carro sì temuto io guerra ,
E insigne per le bende, e per alloro.
Ne da forza mortai vinto , o fugato.
Si ritiran le schiere , e ognun paventa
V infelice terreno , e al luogo infausto
Giran da lungi timidi i guerrieri :
£ ciò eh' è intorno a V avida vorago
Cessa da V armi , e s* ha rispetto e tema> *
A la tomba infernal del vate assorto,
Ma Palemon , che da vicin lo scorse
Precipitar nel cupo fondo , e appena
A gli occhj proprj il crede , al vecchio Adrasto*
Ch'eccitava le schiere a la battaglia
In altra parte , spaventato corre,
Pallido ancora per 1* immane speco
Che dinanzi si vede ; E fuggi ( grida )
fu ggì» o buon re, s' ove fuggir ci resta,.
S* c ancata il suol natio, s'ancora stanno.
Le mura d* Argo > e le paterne case .
A che T atmi adoprar , spargere il sangue ^
Che. giovai il ierro contro Tebe? U suolo .
Tebaide di Stazio
per lei combatte , e i guerrier* nostri ingoja,
£ Tarmi, e carri: ahi, che fuggir mi sembra
Sotto i piedi il terren , che ora calchiamo .
Vidi il xieco sentier de J* ombra eterna
10 stesso , e vidi ne 1* aperto piano
Precipitar colui , che mentre visse
fu cosi caro a le ptesaghe stelle ,
11 diletto d' Apollo Anfiario ,
E in van gridai , la mano in? an gli stési .
Maraviglie io racconto : ancor fumante
Resta il terreno , e son di spuma aspersi
GT infami campi , e vi son V orme impresse
Del carfo, e de* destrieri , Il suol crudele
Non è con tutti j i figli suoi risparmia ,
E stan sicute le •Tebane schiere . (
Stupisce Adrasto , e non sa ben se *1 creda 5
Ma Mopso , e Attor narrati le stesse cose >.
E la fama le accresce , e forza acquista
Dai novello terrore , e narra , e finge
più òj* un guerriero assorto . Al fiero annunzio,
Senz' aspettar che de le trombe il suono *
Chiami a raccolta, di spavento piene
Euggon le schiere ; ma la fuga è lenta ,
Ed a la brama non consente il piede.
Par , che i destrieri stessi abbiano mente ,
Cosi scn van dubbiosi , incetti , e lenti ,
Nè temono gli spron , ne mutan passo *
Libro Vili. 5 1
JM* timidi adombrando , e a capo chino
isTom osan sollevar da tetra il guardo .
Gi* incalzano i Teban' ; ma fuor conduce
I cavalli di Cìntia Espero oscuro :
Breve quiete , e momenranea pace
Ebbero allora i Greci , e 1* aera notte
Piti di tema arrecò , che di riposo..
Qual fu la faccia allor dei campo afflitto»
Poiché il dolersi fu permesso ? Quante
Lagrime uscir', poiché fur sciolti gli elmi?
Nulla a' miseri giova , ed in non cale
Pongon gli usi guerrieri, e Tarmi» e l'aste
Scagliano lungi , ed i sanguigni scudi >
Quali di guerra uscir' , né alcun li terge *
Non v* ha chi cura de* destrier' si prenda ,
" O chi su gli elmi le gran piume assetti.
Jasciano appena le ferite aperte,
E le più gravi -, tal per tutto é doglia :
Ne permette il timore a* corpi lassi
Porger ristoro con gli usati cibi ,
£ rinnovar le forze a nuova pugna .
Solo de le tue lodi in mezzo a* pianti
Anfiarào si parla , e del profondo .
Saper , con cui tu discoprivi il vero • ,
Teco ( diccan ) partir' dal campo i Numi.
Ov' é il carro laurigero, e le insigni
Armi, e di bende l'intrecciato elmetto?
5 8 . T*baidb jdi Stazio
Son questi gli antri , ed i Castilj fonti ,
Questa de* sacri Tripodi è la fede?
Cosi Apollo t*é grato? £ chi de gli astri
Fia che steli gì' influssi ; e ciò che voglia
La folgore sinistra > e ne le fibre
£ual Dio si mostri * e del partire il tempo
Qual fia, qual di fermarsi, e de la pace*
£ de Ja guerra ne distingua l'ore ?
A chi predirai! pio gli augelli il Fato ,
La pugna a noi funesta , e '1 tuo destino
Tu prevedesti ; e pur de 1* atmi infauste
(-Tarn* era in te virtù) fosti compagno.
E cjuando instava gii l'ora fatale,
£ 1' aperto terreno ; era tua cura
Far de' Tebani strage: ancor tremendo'
A gì' inimici in morte > e? ti vedemmo
Scender con l'asta d' ostil sangue aspersa»
Or guai* é la tua sorte ? A te permesso
lia mai l'uscir dal tenebroso interno,
£ ritornar di sopra ? O pur contento
Stai con le Parche amiche , ed il 'futuro
Con vicenda concorde insegni , e impari!
0 forse impietosito il re de V ombre
Te mandò a' boschi del felice Eliso
1 Yoli ad osservar de' fausti augelli ?
Ovunque sei, tu satai sempre a Febo -
Rinnovato dolore, eterna pena.
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\
Libro VITI. 5>
Taceri' Delfo > e piangeri gran tempo
Tua morte acerba : questo di funesto
Chiusi terrà di Tenedo gli altari ,
£ Cirra , c Delo , cui nascendo Apollo
Stabile rese , e le presaghe grotte
Di Branco: nè ria più chi su le spoglie
Di Claro preghi, o chi consulti il tempio
Di Didime , o le sorti in Licia cerchi :
Del cornigero Amori fi ni muti i boschi t
£ la quercia fatidica» e ripiena
Dei Molosso Tonante , ed i Timbrei
Oracoli, ch'Apollo in Troja tende:
Anzi gli stessi fiumi , e i sacri allori
Inaridirsi brameran per doglia •
Non predirà con i presaghi canti «
Il ciel piti il vero , e non vedrem gli augelli
L'aria solcar con misteriosi voli:
Ma ben tempo verrà , che altari , è tempj
Ti fieno eretti , e a le divote tutbe
Renderan tue risposte i sacerdoti.
Questi gli onori fur , ch'ai duce, e ?ate
Rese concordemente il campo Argiva
Di pira invece , e di funereo rogo , -
E de l'esequie, e de la tomba liert>
Quindi cade i' ardire in ogni petto ,
£ s' ha in odio la guerra : in cotal guisa
Morto Tifi repente i Minj audaci
6» Thbaide di Stàzio
Restar' conquisi , e men sicuro il pino
Lor parve, i remi debili, e fallaci,
£ al lor cammin soffiar più fiacco il vento
Ma ne gli animi lassi il parlar lungo >
£ '1 molto sospirare a poco a poco
Scemo aveva il dolore, e l'atra notte
Sopia le cure, e fra* singulti , e i pianti
Faci 1 l'entrata avea trovata il sonno*
Simile aia non fu la notte in Tebe ,
£ ne le piazze , e ne paterni alberghi
La consumano in giuochi. In su le mura
Ebbre stanno le guardie , e sonnacchiose •
I timpani , ed i cembali risuonano
Per tutto a gara , e le forate tibie :
AUor fra le carole i Numi lodano ,
£ cantano , e raccontano per ordine
I cittadini Dei; le fronti, e i calici
Fregian di vaghi serti , e le incoronano 3
Ora d'Anfiarào la tomba irridono;
Or fin al cielo il lor Tiresia inalzano *
Ora de gli avi lor tesson catalogo* ,
E de la lor citta dicon l'origine.
Cantano questi di Sidone i flutti,
£ la fanciulla r che al Divino amante
Palpa le corna > e*l bue» che solca il mare
Quelli rammentan Cadmo , e la già stanca
Yacea, d'uomini armati il suol fecondo»
Libro VII. *i
Chi di Semele il parco , e chi racconta
De la figlia di Venere le nozze
Al letto nuzzial fra mille faci .
Accompagnata da' fratelli amori.
Cantasi alcun bel fatto in ogni mensa , 1
Come se allora il loro Nume Bieco,
Col tirso dorai i regni de 1* Aurora ,
E T Idaspe gemmato , il popol nero
In trionfo trasse , e gl'Indi ignoti.
Faine che all'or per la primiera volta
Edippo uscisse di sue grotte oscure,
Ove giacca sepolto a gli occhj altrui ,
Nè schivasse seder fra liete mense,
E che allegro nel volto il suo canuto
Squallido crin ricomponesse , e i detti
De gli amici accogliesse, ed i conforti,
Ed i piaceri sino allora esclusi :
Anzi gustò de* cibi , e terse il sangue
Su le guancie rappreso ; ed ei che avvezzo
Era solo a trattai co' Numi inferni ,
.Con Pluton , con le Furie, e di querele
Antigone pagar, che lo reggea*
Fatto repente affabile , e cortese ,
Parla » ^ risponde : ognun stupisce , e alcuno,
La ragion non ne intende. A itti non cale
Il trionfo de' suoi ; la stessa guerra
È che gli piace, e giova > '1 figlio l©da t -
i
*» Ti'R a i n e ni Stazio ,
£ r esorta a seguir: ne però brama- »
Ch* ei resti vincitor. Con voti iniqui
£i già contempla le fraterne spade,
E d'ogni sceieranza il primo seme. •
Quindi il piacer de' cibi, e i gaudj nuovi,
• Cosi Fioéo , dopo una lunga fame
Sofferta in pena, nel reale albergo.
Da che più non senti strider le Arpie ,
(Non ben sicuro ancor) le mense, i letti ,
E i calici tratti non più turbati „ -
y Da* sozzi ventri, e da l'immonde penne.
Dormiva intanto la falange Argiva
'Stanca da l'armi, e da' pensier funesti :
Ala da la tenda sua, eh' é in alto posta, .
Vegliava Adrasto , ed i tripudj udiva
De la nemica Tebe, ancor ch'ei fosse
Per la senile etade infermo e lasso.
Ala il supremo comando (o di chi regna
Misera leggei).su le altrui sciagure
A vegliare 4 lo forza . vi bronzi cavi ,
E le forate tibie a lui dei sonno *
- Turban la pace , ed i clamori insani .
Vede mancar Je faci* c de le scorte,
guasi ì fuochi sopiti, e moribondi,
Così fra l'onde un eguai sopore . '
La nave oppressa tace , ed in profondo '
Soaao la gioventù del mar sicura i ^
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Libro Vili. <c$
Giace sopita è II nocchier solo é desto ,
£ seco il Nume , che presiede al legno •
Era già '1 tempo > che i Febei destrieri
Sente accoppiarsi al luminoso carro
Cintia , e muggire V Ocean profondo :
A lo spuntar de la novella luce,
£ se stessa raccoglie, e. si ritira,
£ con lieve fhgel scaccia 4e stelle *,
Adrasto àllor mesto Concilio aduna ,
£ ricercan gemendo i Greci afflitti -
Chi a' tripodi succeda , e al sacro alloro ,
£ a le vedove bende » e di concorde
Voler scelgoa fra lor Tiodamante
Per fama insigne > e di Melampo figlio w
Seco soleva Anfiarao de' Numi
Partir gli arcani , e de gli augelli il volo
( Né invidiando a sua virtù ) godea
Di vederselo eguale > o aimen secondo .
Quegli per il novello onor confuso ,
L' alta gloria improvvisa , e '1 lauro offerto
Umile adora , e a si sublime incarco
Inegual si confessa» e lo ricusa»
£ iti ricusando più sen mostra degno .
Cosi di Perso re tenero figlio , ;
Per cui meglio era , che vivesse il padre ,
Timido siede su V avito soglio,
E '1 nuovo onor con la paura libra c .
\
ì
1
^4 Tebaidb di Stazio
Se i proceri sian fidi ; e ubbidiente
A le w leggi il vulgo : a chi commetta
Le Caspie porte : a chi V Eufrate ia guardia;
V arco , e'i destrier paterno ardisce appena
Trattare ; e troppo grave a la sua mano
Lo scettro sembra; ed il suo capo augusta
Del serto imperiai non ben capace »
Poiché V infule^sacre il capo attorse
11 nuovo vate, ed ebbe fausti i Numi |
Tra lieti applausi , e tra festive grida
Girò pel campo > ed a placar la Terra
Tosto s* accinse , e Y approvaro i Creci .
Dunque comanda, che di vive piante ,
£ di verdi cespugli insieme intesti
S' ergan due altari» ed a la madre antica
Dona i suoi doni , innumerabiT fiori ,
E cumuli di frutta, e ciò che l'anno
In se tornando rinnovelia , e '1 latte
Sopra vi sparge, indi cosi ragiona:
, O Madre eterna de gli eterni Numi,
E de* mortali , che produci , e crei
E fiumi, e selve, e innuraeramT alme ,
E del mondo ogni seme , e che animasti
A Prometeo le mani, a Pirra i sassi;
Che a 1" uomo desti gli alimenti primi ,
E che 'l «innovi ognor coi sen fecondo *
Che l'Oceàn circondi, e lo sostenti*
>
Libro Vili. 6 5
Tu le innocenti g**gge > e Ie iraconde
Fiere porci sul dorso , e dai riposo
A gli augelli volanti , e de V eterno
Mondo sei ferma , e inviolabil sede :
Intorno a te , che pendi in V acr vano >
Ruotan dal cielo le veloci sfere ,
E de* maggior pianeti ambedue i carri ,
O mezzo infra le cose , e non diviso
Fra' celesti fratelli , e comun regno .
Dunque eguale nutrice a cinte genti
Tu sola basti a sostenere il pondo
De* popoli , eh* a te premono in giro
Sopra , sotto , e da* lati il globo immenso
Di tante nazioni , • di tant* alme
Cittadi eccelse, e *i Mauri tano Atlante,
Che folce gli astri sul tuo dorso , porti
Oliasi leggiero peso, e noi ricusi!
Noi soli ti siam gravi 2 £ qual ignoto
Delitto ne fa rei di tanta pena >
Porse perché venghiam gente straniera
Da le contrade d*Argo? Ogni terreno
È Patria a 1' uomo . Ottima Madre , a noi
Non voler assegnar confini angusti.
Quasi ad ignobil vulgo : a 1' armi nostre
Eguai ti mostra , e a le Tebane , e lasci»
Che spiriam l'alme forti in giusta guerra >
E le rendiamo ai cielo > e non rapirci
Ttb. di staz. Tom. IL
£
* —
6 6 Tei aide di Stazio
Con improvvise tombe i corpi viri .
Non ci affrettare; per diverse vie,
Qual prescritto è a ciascun , tutti verremo *
Noi ti preghiara : sta ferma , e le Pelasghe
Schiere sostenta , e la veloce Parca
Non- prevenire. E tu diletto a* Numi* ,
Cui non Sidonio ferro, e mortai destra'
Escinse; ma Natura il duro seno
Aperto i rtt le viscere t'accolse, ' . r .
Quasi entro il meritato antro Cirrcos
Deh io* noi, pregato, il suo saper infondi,
Ed il elei ne concilia, e i sacri altari»
i Fati a te già noti a me rivela ...
Io t'offrirò votive ostie presaghe,
E interpetre fede! del tuo gran Nume
Te invocherò, quantunque taccia Apollo.
Pjii di Cirra a me tacro , e più di Dolo
Questo luogo sarà , dove cadesti „
Ciò detto , e nere gregge , neri armenti
Vivi sotterra, é sopra di essi inalza
Gran tumulo- d* arena „ e in cocal forma
D'immaginario avello il vate oaora. j
Ciò si face a tri" Greci aitar che adiro /
Di Tebe uscir tale un rumor di guerra,
Di tìmpani > e di trombe un cale invito, '
Che iti fretta li costrinse a prender l'armi .
Su la cima di Tcumcso Megera -^A- -
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t I B K O Vili-
Scuote la chioma serpentina, e i fisc^j
Mesce a le trombe , e fa più acuto il suono .
JL* ebbro Citerò , e 1* alte torri avvezze
A seguir miglior canto , inorridirò
Al non usato strepito di Marte.
Bellona stassa le ferrate porte
Urea, e spalanca , e tutta Tebe è aperta.
Quasi per sette bocche escon al campo
Confusi , e misti , e cavalieri , e fanti ,
E Carri, e fansi T un a l'altro impaccio*
Sembra che i Gteci abbiano a tergo: tanto
S' affollano a le porte : esce Creonte
Per 1* Ogigia , e sen vien per la Neita
Eteocle feroce j il force Emòue
Sgorga per 11 Émòloida , e la Pretida
fuor manda Ipsèo : quindi l' Elettra ingombra
II gran Driante ; con robusta mano
L' Ipsista scuote Eurimedonte altero;
E la Dircea sta di Meneceo in guardia.
Cosi talora fi Nilo in se nascoso
Sugge a gran tratti Orientali nembi ,
E de l'opposto ciel gli umidì indussi;
Poscia il tesoro de l' ignoto fonte
Divide , e porta in abbondanza le acque
Per sette foci a l' Ocean profondo: #
Fuggono le Nereidi , e i dolci flutti
Non pan soffrir di quei novelli umori -
>
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6 8 Teeaide di Stazio
Escon dai vallo a passi tardi , c Icoti
I Greci afflitti, e pili d'ogni altro Stuolo
Vengono meste le falangi Elèe ,
Quelle di Lacedemone, e di Pilo
Vedove e privé del lor duce, e vate,
Seguendo il nuovo lor rege improvviso,
-Non bene avvezze al suo comando.
Né solo te cercan tue fide genti ,
rmnu wa — iera •
Crede, che a lei tu manchi, e men sublime
H-icttimo cimier sorge nel campo*
r Qual se in 1' umido polo invida nube
Un astro invola a le Parrasie stelle , • .
Tronco ne resta il carro , e d* una luco
Scemo risplende il cielo, e i naviganti
In numerar le srelle incerti stanno .
Ma già mi chiamali Tarmi: in me rinforza
Calliope, i carmi, e pili* sonora cetra
Mi doni Apollo: il feral giorno adduce
A* popoli vogliosi , e furibofitlt
S*icirali T ultimo momento*
Uscita fuori de la Stigia gora
La Morte a cielo aperto il campo ingombra
Co* tetri vanni, e col suo nero ammanto'
Eccitai a l'armi le nimiche squadre,
Ne vuole alme plebee, ma quelle sceglie,
Che p« ctade, e per valor più degne.
Libro VlH. t>
bl Vita Sono , c con sanguigno serpe
te nota , e le distingue. I fusi interi
Tolti a le Parche , de Je Parche in vece
Troncan le Furie a gì' infelici , e Marte
Con V asra ancor non sanguinosa stassi
Nel mezzo al campo , e *1 risplendente scudò
Or volge a questi, ed or a quelli , e a Tatmi
Tutti gP instiga > ed obbliar lor face
I cari alberghi , le consorci > e i fiali :
Scordansi ancor Je Patrie, e quel eh* estremo
Parte da noi , dolce di vita amore .
Tiene il furor pronté le mani a* brandi ,
Bolle T atdir de* petti , e par che voglia ;
Uscir fuor de ali usberghi, e orribilmente
Tremano sovra gli elmi i gran cimieri .
Me che stupor , se cotant' ira accende
I/alrne guerriere? Ogni destrier rassembra i
Che spiri fuoco , e che la pugna agogni :
Smalta il molle terren di bianche spume ,
E quasi al corpo del signore unirò
Par che de' sdegni suoi tutto s'informi:
Tutti rodono i freni, e la battaglia
Col feroce nitrir chiedono a prova ?
S'ergono in alto, e i cavalier'sul dorsò
Scuotono impazienti, ed ecco jl segno i
E gii Spingonsi al corso : immensa polve
S'alza p^r tutto, e l'uno, e V altro snuda
. Diftteed by Google
f 0 - Tbbaide pi Stazio
Vassi a incontrar con frettolosi passi ,
£ lo spazio di mezzo ognor decresce .
Urta scudo con scudo , elmo con elmo ,
3rando con brando , piè con piede, ed urta
Asta con asta » e in sanguinosa pugfe* i
Si meschiano le schiere , ed a Vicenda
Si riscaldan co* fiati , e son «teluse J
Jnsiem le penne de' «ùmici elmetti. ,
Pur vago 4* ** g« crra * aA H or r a, P etto i
Opi ctiÉàé ^ il cavalicr sul dorso j
Ogni carro il suo auriga , e sovra ogni cimo
Svolazzano le creste, ed a lor luogo
Stanno ancor V armi , ed ogni scudo splende.
A'rai del sole, c sono ancor adorne
£ le faretre > e i militari cinti,
Né* il sangue ancor toglie splendor a l'oro,.
Ma poi che cmdel rabbia, empia virtude
Prodiga de lt vite i cuori accese *
Non con impeto tal piombam da l'Arto
li Rodope a ferir nevi gelate.»
Non con tanto rumor V Ausonia turba
Giove , qualor tuona da tutto il cielo ;
tic di gradin maggior le ***** inonda
Borea , <jualor da le latine, spiagge
In Libia pòrta turbini , e procelle :
Velaio il di co* dardi , e per lo ciclo
Yolan nubi di ferrose l'ari* immensa
y
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L x a k o vm. 7t
Appena par, che a cotant" armi baste.
Altri i dardi avventati, altri i respinti
Mandan tornando a morte. A mezzo il calle
Scontransi spesso le ferrate travi ,
E cadon vane a tetra ; asta con asta
Concorre a pugna : grandine di sassi
Scaglian le frombe , e le veloci pa ll e
Van del fulmin pii preste , e le S3Ctte
Volan per l'aria con diverse morti.
Né pili r'è luogo, ove un sol colpo a terra
Cadas ma van tutti a ferir ne' corpi.
L'un l'altro uccide, e i'u ao 1' altro abbatte
Spesso senza saperto, e di virtude
Sostien le veci il caso, or questa turma
S avanza , e incalza , or si ri eira , e cede ,
Ed or acquista , or ra perdendo il campo .
Siccome allor che minaccioso Giove
Scatena i venti , e le procelle irate ,
E con alterno tutbine flagella
Il basso mondo ; nel celeste campo
Sun due contrarie schiere, ed ot più forte
E il nembo d' Austro , ou d'Aquilon la forza,
Unchè pugnando i turbini, o quel vince
Con le sue piogge t Q cq1 sefeno ^
Ecco figlio d' Asopo il grande Ipséo
Da principio a la pugna , e le Spartane
Squadre respinge (avéa la fiera Gente
»>
I
7 2 Tmbaìdr di Stazio
Pei Jo natio valor gonfia , e feroce * \
Co' scudi aperte le Tcbane schiere ) i
E primo uccide il duce lor Menalca.
Costui per alma, e per vi mi Lacerne 7
E de 1' E irrora alunno , e che disnore
Non fece a gli avi , si strappò dal petto
Per V ossa > e per le viscere squarciate
L' asta , ch'entrava, acciò che a tergo uscendo
Non lo macchiasse di vergogna , e scorno -
E con debile man del proprio sangue
Tinta al riero nemico la rimanda •
Ei nel morire il suo natio Taigeto
Rimembra , e le sue imprese, e quei flagelli^
Cui da fanciullo l'avvezzò la madre*.
Tende Aminta Teban l' arco , e di mira j
Fedìmo prende. O troppo pronta morte t
Fedimo sul rerren gii moribondo
Langue : né tace ancor 1* arco d' Aminta ,
Il Calidonio Agrèo di Fegea tronca
La destra mano : essa ancor guizza * c'iferr»
Impugna, e muove. Tra l'alenarmi sparsa
Sopra del cuoio pevenrolla Aceste,
E benché tronca la feri di nuovo .
Ifi A ramante , ed il feroce Ipséo
Argo distende, e Abante Fcjeo uccide.
Ma con diverse morti : é cavaliere*-
Ifi , ed Argo pedone , Abante auriga/ .
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Libro Vili? 7*;
Uno in gola , un nel fianco , c '1 terzo in front»
Cadon feriti » due gemelli Argivi
Di Cadmo ucciser due gemelli ascosi
Sotto gli elmetti chiusi , o de la guerra
Ignoranza crude! I ma poi che scesi
Li dispogliato, c'1 lor misfatto apparve ,
Mesti, dolenti, afflitti, e quasi immoti
Si mirano i fratelli , e n' # ebber doglia.
Iòn di Fisa abitatore atterra !
Dafni di Cirra , i suoi destrieri avendo
Pria spaventati: gli applaudi da l'alto J
Giove : del suo Cirrco senti pietade ,
Quantunque tardi , e inutilmente Apollo «
Ma la fortuna quinci , e quindi illustra
Due forti eroi nel sangue ostii feroci .
Emon Tebano i Greci urta, e flagella,
E Tidco preme le Direte falangi .
A questo Palla, a quello assiste Alcide.
Come scendon da* monti a un tempo istessd
Due rapidi torrenti, e'1 piano inondano
Con subita ruina , c par , che a gara
Faccian tra lot chi più rapisca i campì ,
O più so vere hj i ponti > ecco una valle
Lor da ricetto , e ne confonde T acque 3
Ma superbo ciascun dal proprio corso
Negano al mar portar unite V onde .
De' combattenti in mezzo Ida d'Enchesto»
74 TeSaide di Stazio
Gita scorrendo con accesa face ,
E con la fiamma disgombrando il calle »
£ scompigliava , e ponea in rotta i Greci .
Allor che da vici» del gran Tidé*o ^
L'asta gli spezzò Telmo, e lo trafisse,
v Cad'ei supino, e molto spazio ingombra \ .
Tien T asta in fronte , e la caduta fiamma . .
Sii circonda le tempie •• allor l'insulta
Il vincitore : non chiamar crudeli
Gli Argivi no t noi ti doniamo il rogo
Con le tue faci , e col tuo fuoco : or ardi .
Indi guai Tigre, che nei primo sangue
La rabbia accese , e a tutto il gregge ancia ;
Aòne con un sasso , e con la spada
Folo , e Cromi ferisce * iodi con 1* asta
I due fratelli Elicaòni uccide >
Che gii da Mera de l'Egea Ciprigna »_
Sacerdotessa, de la Diva in onta
Fur generati di furtivo amplesso. ì
Miseri voi giacete! e i fieri altari , r
Circonda ancor la suppliche voi madre*
Con non minor furor 1* Erculeo Emooe
Sitibondo è di sangue » e mille schiere tj
Col brando insaziabile trascorre.
I fieri Calidonj urrà, e fracassa i )
Turba <juei di Pelenc, e de la mesta
Pie uro ne abbatte i giovani feroci;
*
*
v
i
e
Libro Vili. 7f
Finche già rintuzzato il brando, c l'asta
V Ollenio Buti, che le schiere affiena ,
E lor vieta la fuga, oggi unge , e assalta.
Era giovine Buti, e 1 fean palese
Le inratte guance , e '1 non tosato crine ,
Quando improvvisa a lui su V elmo scese
La Tebana bipenne , Ambe le terapie
Cadon partite, e la divisa chioma
Di qua di là sovra le spalle pende,
E a lui , che non attende , e non sen guarda,
Innanzi tempo il vital filo tronca .
Poscia il bionda Polite , Ipari il biondo
( L' uno a "Febo nudriva il molle viso,
E T altro a Bacco la lasciva chioma )
Del pari uccide . O troppo ingrati Numi i
Appresso a questi Iperion distende,
E Damaso , che in fuga era rivolto i
Ma r asta del guerrier lo coglie a tergo »
E per l'usbergo passa, e ne lo scudo r
Si caccia , e lungi su la # p^ nta ^ P orta •
Strage maggior ne le Lernèe falangi
Tarebbe Émon , perocché Alcide i dardi
Gli drizza, e a lui di forzai ma Tidco
Palla gli oppone , e gii si stanno a fronte
Co* tutelari Numi : allora Alcide
Patio primicr , ma placido in sembianza .
Fida Germana , «jual ettor di guerra ,
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I
Ì< TfiBÀIDE Dr Sf AX1Ò
Quii sorte insieme a battagliar ne guidai
forse un si reo misfatto ordisce Giuno ?
Pria mi vedri (benché nefanda, ed empia
Impresa fora ) al fulmine trisulco
Opporre il petto , e contrastar feroce
Col mio gran Padre . Dal mio ceppo scende
Emon ; ma se tu 1* òdj > io lo ricuso \
Ne se contro Ila , e contro Anfitrione
( Qualor tornasse in vita) il tuo Tidco
Vibrasse 1* asta , a lor farei riparo. .
Bci 4 mi sovrien , né* fia eh* unqua l'obblii*
Quanto per me questa tua destra invitta
Sudasse , e questo tuo Gorgoneo scudo ,
Allor che tutto andai vagando il mondo
Servo infelice in duri casi involto 5
Ita saresti meco anche a gli Abissi;
Ma i Dei superni non ammette Averno .
T>a il oiel , ru il Padre a me donasti. A tante
Grazie qual mai potrò donar mercede ì
Se vuoi Tebe appianar, io l'abbandono/'
E cedo al tuo volere, e perdon chieggio,-
Si diwe, e gii partia: l'altera Dea
Piacessi al suono dei parlar gentile ,
E serenò il sembiante, e su '1 Gorgone
Sgonfiando i colli, ri posar' le Serpi,
Sente partirsi il Nume , e gii più Itarf
I dardi vibra l'infelice Enxpe, . *
1
V
!
Lino vnr. 77
E ne* languidi colpi il vigor primo
Non riconosce , ne F usata destra .
In J ai manca V ardire e'I timor cresce»
Nè si vergagna ririsarsi : allora
Pili feroce Tidèo l'incalza, e preme >
E maneggevol* solo a la sua mano
Libra un' asta ferrata » e a certo seguo
La drizza , e al sommo de lo scudo mira >
Ore confina la goletta , e *i colpo
È più mortale: nè ingannollo il braccio.
Già portava la morte il crudo certo ;
Ma noi permette » e Tornerò sinistto
Sol gli lascia lambir con lieve piaga
Grata al fratello U Trkonia Dea :
Più non sta fermo Emon , ne pili s' appressa
Al gran nemico , e non ne soffre il volto »
E virtude , e speranza in lui vien meno .
Qual setoso cinghiai > cui ne la fronte
Con non felice man confisse il ferro
Il cacciator , nè al cerebro pervenne ;
L' ire esercita in fianco > e più non osa
Gir contro l'asta, che provò sì fiera.
Ecco vede Tidèo Proteo Tebano
Condottici d* una squadra i Greci suoi
Mandar con certi colpi a certa morte .
S'accende ad ira; vibra il pino, e lui
P' un colpo s,olo, e'I iuq catai trafigga •
7** Tebaid e at Stazio
Cade il destrier sui cavaliero , e mentre
Cerca ei la briglia , su la faccia V cimo
Gli calca» e sopra il seri preme lo scado,
Sia che col sangue il fren gli *sce di bocca,
E morta cade al suo signore accanto .
Cosi talora avviticchiati insieme
Caàon dal monte Gauro , t a doppio danno
Dei povero cultor l'olino, e la eritf
Miseri al paca ma più «contento l'olmo,
Che i.trcwctóTami suoi non piange tanto,
Quanto 4« la compagna i tralci amati ,
E l'uve amiche, suo mal* grado infrante.
Prese atea 1' armi Contrari!- campo Greco,
Corcbo d' Elicona amico Avl tempo ,
E compagno a le Muse . Il di fatale
Conscia de' stami inferni, e da le stelle
Pria conosciuto a lui predetto avea
Urania; e pur Tarmi, e le guerre agogaf
( E forse per Cantarle ) il garzorf folle .
Ei cade* o nel cader degno si tende
Ch'altri lo canti i ina le affìtte Muse?
Mute restaro» e V onora t r co' pianti .
Fin da' più teneri anni era promessa
Ad Ati Ismene, e non renla straniero r
Benché di Cirra, il giovane gentile
A questa, guerra, e no* ave* ki orrore
In suo fame -da* suoceri ie coljwr* . ,.. X
Libro Vllf. 7 J
La fa il casco pallor a lui pia grata ,
£ le accresce beltà l'indegno luteo .
Era anch' egli leggiadro , e non nudila
La vergine da lui diverse voglie,
£ T un de i' altro, se fortuna a mezzo
Non troncava i disegni, erano amanti.
Ma la guerra crudel vieta le nozze >
Quinci di maggior' ira acceso il seno
Vien furiando , e le Lernce falangi
Ora pedon col ferro urta , e scompiglia ,
Ora sovra un corsier , quasi da Talco
11 rimirasse Ismene» i Greci assalta.
Di rriplicata porpora coperte
Le spalle ancor crescenti , e '1 molle petto
Gli avea la madre , e del descrier gli arnesi
£ l'elmo, e le saette erano d* oro ,
£ le manicne, c'1 cinto, e sul cimiero
( Pere h' ci non gisse men d'Ismene adorno )
L* oro increspato svolazzava al vento •
Misero! ei vano de' pomposi fregi
Os* i Greci sfidare, e fatta strage
Ne 1« forti squadre a' suoi sen riede
Con le acquistate spoglie» ed or uccide
Un guetrier» or ritorna al suo drappella*
Qua! giovan* 1 CO q ne' boschi Ircani
Nudo ancora di pelo , e non rremendo
Per V onor d* U giube , e Ma ancora _
so Te balde di Stazio
Avvezzo a ber de' generosi il sangue >
Poco lungi a le stalle il vile armento >
Quando e il pastor lontano ardito assalta >
E d' un tenero agnel pasce la fame ;
Tale Ati , a cui noto non c il valore,
Né V armi di Tidèo -, ma lo misura
Solo dal corpo > noi paventa > e ardisce
Con debil dardo , mentre quei minaccia
Gli altri , e gì* incalza , di tentarlo . Al fine
Gli occhj il fiero rivolge a' colpi frali ,
E amaramente ride : e ben m* avveggio
Temerario garzon ( dice ) che aspiri
A gloriosa morte . Indi sdegnando
Usar contri un fanciul la spada » e V asta >
Apre appena le dita , e lieve strale
Sfuggir ne lascia > che qual fosse un grave
Acuto cerro , e con vigor scagliato
Gli passa 1* anguinaglia , e '1 fere a morte .
Sdegna Tidéo spogliarlo > e non fia mai
( Grida ) che sì vii dono abbia la madre r
O che a te, Palla, tali spoglie appenda.
Me lo vieta il rossore ; e se nel campo
Qui Deifile fosse , appena a lei
Per suo trastullo le porrei davanti.
Dice , e a gloria maggior pugnando » aspira»
Cosi leon per molte stragi altero
Sdegna i molli vitelli, e- 'l vile armento,
Libro Vili. Si
E sol de* generosi ii sangue anela ,
E al toro condottier dei gregge agogna
Star su T alta cervice , e farne scempio .
Dal flebile clamor Meneceo accorto
Del caso d* Ati , i suoi destrieri , e '1 carro
Li vol^e a tutto corso, e in terra sbalza .
Già del Taigcto i giovani feroci
Stavan su lui > che giace : in abbandono
Lo lasciavano i Tirj . Alto rampogna
Meneceo i vili : o voi da Cadmo scesi ,
Che da' solchi guerrier* vantate i padri,
E '1 valor ne mentite j ove ne andate ,
Ove fuggite? Oh eterna infamia ! Oh scorno I
Dunque meglio per noi Ati sen giace?
Ati stranier , che non aveva in Tebe
Cui vendicar, che la diletta sposa ,
E questa ancor non sua ? Noi tanti nostri
Pegni, le mogli, i figli , i tempj , i tetti
Tradirem dunque ? Da vergogna punte
Perniarsi allor le schiere , e '1 patrio amore
Tornò ne* petti > e rivoltar' la fronte .
Stavano intanto in solitaria cella
Del regio albergo le innocenti figlie
Di Edippo amabil coppia , e di costumi
Dal genitor Riversa , e da' germani ,
Rammentando tra lor , gli acerbi casi,
E de* vicini , e de* primieri tempi .
Teb. di Staz. T. IL *
I
%% Tébaidb di Stazio
De la madre le nozze una , e dei padre
V altra gli occhj rammenta : or «juesta piangé
11 fratello , che regna : or il ramingò
Quella mesta deplora : ambe le guerre .
Quindi più grave a loro è la tardanza
De gl'infelici, e non ben certi voti.
Sospese stan qual vincitor, qual vinto
Bramin veder nel barbare* duello;
Ma ne l'internò V esule prevale.
Cosi il garrulo augei di Pandione
Quale* ritòrna al suo fidato albergo,
Onde cacciollo il verno, e sovra il nido :
V* svolazzando, le sciagure antiche
À' tetti narra, e ai vento, ed il confuso;
Flebile mormorio crede parole ,
E ben rassembra a le parole il canto .
Dopo un lungo silenzio, e dopo i pianti
Parlo di nuovo a la sorella Ismènc :
Qual error turba i miseri morrali ?
Qual* ingannevol fede ? In mezzo al sonno
Veglian le cure , e a la sopita mente
Tornan distinti e simulacri, e larve?
Ecco io, che appena se profonda pace
Godesse il regno, } i talami, e le nozze
Volgerci ne la mente ( io mi vergogno ?
Sorella» a dirla) ne la buja nojte
Vidi le tede nuziali; ahi come
<
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L i a x o Vili, %i
Questo folle s«por mostrommi io sogno
Lo sposo appena visto* Una sol volra ,
E involontaria in questa reggia il vidi,
Mentre non so quai patri a le mie nozze
Stabilivan fra loro . A me parea
Tutto turbarsi d'improvviso, e spente
Mancai le faci , e la rabbiosa madte
Con urli , e strida seguitarmi , ed Ati
Ridomandarmi . £ quale annunzio infausto
È mai questo di strage ? £ pur non temo ,
Se staran queste mura, e se lontane
Andran le Greche schiere , e tra fratelli
S'avremo rempo di compor la pace.
Cosi dicean tra lor : quand'improvviso
Mèsto clamor la taciturna reggia
Turba, e spaventa, ed ecco Ati ritolto
Con gran fatica a le nemiche genti ,
Mal vivo si riporta , e senza sangue i
Ha la man su la piaga , e da io scudo
Pende languido il capo , e su la fronte
Scomposto ha il crin : prima Giocastail vede
£ pallida e tremante Ismene chiama •
Questa sol chiede coq languente voce
11 moribondo genero j sol questo
Nome sta ancor su le gelate labbia .
Alzan le ancelle i gridi, c l'infelice
Vcrgin portava già le mani al crine i
t I B R * Vili. "Sf
Oc* nemici abbattuti > c moribondi >
E Capatico vibri 1' acuto pino
Pur troppo noto a le Sidonie squadre .
Di Tidèo solo é queir orribil giorno,
Lui sol si teme , e da lui sol si fugge ,
E vien egU gridando: Ove fuggire?
l'erchè il tergo volgete ? Ora ora è il tempo
Di vendicar vostri compagni uccisi,
E compensar queil* infelice notre .
Io son colui , che cinquant* alme spinsi
Con brando ancor non sazio in grembo a Dite ,
Vengan cinquanta , e cinquant* altri insieme «
Cbe io qui gli attendo . Quei , che dianzi uccisi
Non han dunque fra voi padri , o fratelli
Vindici di lor morte? Onde proviene
Questo si vile obbllo de' vostri lutti ?
Io mi vergogno riveder Micéne ,
£ star contento de la prima strage .
Tali guerrier* restano a Tebe ? Queste
Son le forze dei re ? Ma dove mai
Dove s'asconde questo invitto duce?
Ed ecco il vede nel sinistro corno
Animando le schiere , e Jo distingue
A lo splendor de la superba fronte .
Non sì veloce piomba il grande augello,
Portatore def fulmini di Giove
Su bianco cigno , e con gP immensi vanni
i
» 3
%€ Teraide di Stazio
Tatto r adombra } come allor Tid^p
Contro del re si scaglia, e lo rampogna:
O giusto re de la Sidonia gente ,
Vuoi tu venir a manifesta guerra,
E meco al fin provar del pari il brando ?
O sol ti fidi ne V amica notte ,
E le tenebre aspetti? Ei non risponde,
Ma di risposta invece a lui rimanda
Stridente dardo . L* Erolo campione
Con leggiera percossa il colpo torse ,
Ouando a lui fu vicino , e al fin del volo r
Indi con tutto il braccio , e de 1' usato
Con maggior forza avidamente vibra
Centra il crudel Tiranno asta maggiore,
Giva la ferrea trave , e ponea fine
Ai fier duello , e V applaudian da V alto
De* Greci , e de' Sidonj i Numi amici j
Mal vi si oppone la spietata Erinni,
Ed Eteòclc al reo fratei riserbi-
Andò il ferro a piagar Elegia scudiero ,
Ove più ardea la pugna . Allor Tidèo
li brando stringe , e pili feroce corre
Contra il re , che già cede , e si ritira ,
E lo copron co' scudi i suoi Tebani •
Come vorace lupo in buja notte,
Ch' abbia assalito renero giovenco >
de' pastor'da folto stuol respinto,
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Libro VII!. 87
In rabbia monca , e disprczzando i dardi ,
A lor rivolge V affamato dente,
E in quel , per cui già venne , il torvo sguardo
Fisso tenendo, contra lui s'avventa,
Sempre fermo in desio di farne preda i
Cosi Tidco sdegna le opposte schiere >
£ la turba minore , e i colpi affrena .
Pure a Toante nel passare il viso,
A Deiloco il petto , a Clonio il fianco ,
E ad Ippodamo truce il tergo fere .
Sovente a* corpi le lor membra rende ,
E manda a V aria le celate piene :
E già fatto a se stesso argine, e cerchio
Ha di corpi , e di spoglie , ed in lui solo
Si consuma la guerra , e contra lui
Drizzansi tutti i dardi . Altri a la pelle
Giungono a vuoto, cadon altri a terra:
Altri Palla ne svelle, e già lo scudo
Sostien d'asta, e di dardi orrida selva.
Ei d* ogni parte è cinto , e già da tergo
Squarciato pende il CaJidonio vello *
E con funesto augurio a terra cade
Marte, gloria, ed onor del suo cimiero 2
Già d'ogni fregio nudo in su le tempie
Posa 1* elmo infiammato , e ripercosso
Da sassi, e travi orribilmente suona.
Gli scorre per la fronte , e per, lo petto
V
gg Tebaide t>i Stazio
Di sangue, e di sudor tepido rio. j
Ode i suoi , che T esortano a ritrarsi j!
E lungi vede la stfa fida duce
Con lo scudo coprirsi il mesto Tolto. .
Essa prendendo verso il cielo il volo
Giva a placar col pianto il genitore .
Ed ecco fende il vento immensa trave,
Che gran destino , e gran vendetta porta ,
E l'autor non è noto , e non si scopre.
Menalippo uom vulgar d'Astaco figlio
F u colui, che fc'ii colpo, e non sen vanta,
E quanto può cerca occultar la mano;
Ma il clamor de le tutme il fe palese >
Poiché al colpo mortai si piegò in dorso
Tidèo ferito , ed allentò lo scudo >
E tutto il fianco gli restò scoperto .
Alzan le grida allor le Aonie schiere ,
E piangono i Pelasghi , e co' lor petti
A lui', che freme, fan riparo, e schetmo.
' Egli a traverso le Dircce falangi
Cerca con rocchio il suo nemico» e tutte
M Le reliquie de 1* anima raccoglie ,
£ 'un'asta, che a lai porse Opléo vicino,
Contro gli scaglia / e per lo sforzo estremo
L'ultimo sangue da le vene uscio.
Allor gli Etoli mesti il lor signore,
Che anco* combatter brama, e V asta chiede
Digitjzed b^Gcjg^k:
Libro Vili. 8*
(Ahi qual furor!) e de la morte ia braccio
Di morir nega , riporraro indietro >
£ le languide membra , e '1 corpo frale
Adagiar su uno scudo, e lo posato i 1
Sul margine del campo , e fra* singulti
Gli fer sperar di rimandarlo in guerra;
Ed ci, che al fin Tede mancarsi il giorno;
E nel gelo mortai sente le membra
Sciogliersi , e già fuggir 1' alma superba^
S* alza <jual può sul debii braccio , e dice ?
Pietà vi prenda del mio caso acerbo ,
Greci -, non già cbe questa inutU salma
In Argo si riporti , ed a Pleurone »
Cbe r esequie io non curo , e sempre odiai
Queste caduche membra , e '1 debil uso
Del corpo frale, e peregrina spoglia— [j i
Che presto manca, ed abbandona l'alma* i
Ma se fia , che *1 tuo capo alcun mi porti >
Solo 11 tuo capo , o Menai ippo ! e certo
So, che tu mordi il suolo, e che gli estre.ni
Sforzi non m* ingannar* di mia virtude ♦
Va, Ipjtomedonte , se in re ferve il sangue
D*Àtt^p; vanne, garzon d'Arcadia onore j4l
E già famoso ne le prime guerre A.
E ttt /« ^i Greci il P iA sablime
Muoviti, o Capan^ corsero tf^ara >
Ma Capanco giunge primiero , e trovalo ;
♦
§0 Te*aide di Stazi»
Mcoalippo spirante , c se lo gftrta 1 4
Su la sinistra spalla, ancor che il sangue,
Che da V aperta piaga esce a rorrenti,
Gli lordi il largo rergo , e '1 ferreo arnese >
Da l'Arcadico speco in cotal guisa
Il predato cinghiai riportò Alcide
A' desiosi , ed acclamanti Argivi.
Tidèo s* alza di nuovo , e al 'suo nemico
Corre incontro col guardo , e ooi che '1 vede
Gir boccheggiando ne * singulti estremi >
E con le luci languide, ed erranti,
£ la Sila morte riconosce in lui;
D'allegrezza, e di sdegno ebbro , e furente
Vuol che '1 .capo sen tronchi , e se gii porga.
Il prende , e torvo il guarda , e si compiace
In rimirarlo , ancor che tronco . in giro
Rivolger gli occhj torbidi, e tremanti..
Tanto bastava al misero : ma chiede
Maggior misfatto 1* empia Furia ultrice . ^
£ già sceedea dal eie! ( placato il Padre >
Pallade non più mesra , e a P infelice
Pe l'immortaliti portara il dono.
Ma quando il vide di cervella e sangue
Ancor fumante satollar le labbra,
Né poterlo staccar dal fiero posto
Inorriditi i Greci} in su'! Gorgone
Si drizzato le serpi, e de la Dta,
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Libro VIIL
Vclac la faccia, ed essa abbominando
Il capo torse , e pria di gife a gli astri ,
Purgò la vista con il sacro fuoco,
E de l'Eliso si purgò ne 1* onda.
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L I B R O IX.
L, Atroce rabbia di Tidèo crudele
Inasprì i Tirj , e mitigò ne' Greci
Il doior di sua morte , e 1' atto indegno
Tutti biasmar* . che di vendetta ruppe
Ogni legge , ogni dritto . E tu de* Numi
Marte il più fiero, ancor che la gran pugna
Tua mercè fosse nel maggior calore j
Tarn* è tra noi > che non il Tolto solo
Torcesti altrove ; ma i destrieri , e *1 carro <
Dunque la gioventù da Cadmo scesa
Non altrimenti a vendicar si muove
Di Menalippo la spietata morte ,
L'esequie profanate, e '1 fiero scempio,
Che se 1* ossa , e le Ceneri de gli avi
Fossero sparse al vento , e f urne aperte t
E date in preda ad esecrandi mostri «
Il re vie più gli accende; e chi pietoso
( Grida ) fia più co* Greci ? E chi da loro
Spera nulla d* umano ? O non più inteso
E ferino furore I han dunque in noi
Tutte vuotate le faretre , e gli archi ,
Che d' uopo sia , che con le adunche zanne
Squarcino a brano a bran le membra tronche ?
Digitizec
Libro IX. *j
Con tigti Ircane , e co* leon' feroci
Non vi sembra pugnar di Libia adusta ?
Ed or colui sen giace (o de la morte
NobiI conforto I ) c con i denti afferra
II teschio ostile, e le dure ossa, e *1 sangue
Rode, c fugge 1! infame , e muor contento*
Adopriamo noi pure il ferro , e *i fuoco ,
Che basra lor la ferità natia,
E gli odj soli senz' usare altr* armi.
Ma sieno pur crudeli , e <juesta luce
Godano lieti , pur che *1 sommo Giove
Rivolga in lor gli occhj da V alto , e '1 veglia .
E si stupiscon poi che s'apra il suolo,
E fugga lor di sotto a* piedi? Io sento
Maraviglia maggior, che anche li porti
Il lor terreo natio . Cosi ragiona ,
E fremendo , e scorrendo innanzi spinge
Le schiere . Tutti un sol furore infiamma
A rapir di Tideo le spoglie^ e '1 corpo.
Così veggiam stnolo d' ingordi augelli
Velar co' vanni il ciel , qualor da lungi ..'
Senton 1* aria spirar corrotta , e guasta -
Da' cadaveri putridi , e insepolti ?
Vengon gracchiando, e l'Etere rimbomba, -
E gli augelli minor' cedono il campo .
La fama intanto pi u veloce , e pronta
Ne le infauste novelle era trascorsa
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/
P4 TllAiDE DI Stazio
Di chiera in schiera per lo campò Argivo l
£ giunta a "Polinice» a cui maggiore
Ira per recar doglia . Al duro avviso
Inorridissi il giovane ; è su gli occhj ,
Già pronti a uscir gli si arrestalo i pianti ;
£i sta in dubbio se '1 creda , e di Tidco
La virtù conosciuta , a la sua morte
11 prestar fede persuade i e vieta .
Poiché certo ne fu , le luci , e il senso
Gli si adombraro > e ristagnato il sangue ,
Languir' le membra , e 1' armi , e già di piantò
Asperso c '1 lucici' elmo , ed a* suoi piedi
Lo scudo cade . Con rremanti passi
Se ne va mesto strascinando 1* asra >
Qual se di mille piaghe il seri trafitto ,
Ed ogni membro lacerato avesse.
Giunge ove Tidèo giace intorno cinto
Da' fidi amici, ché'l mostrar* piangenti
A lui, che'l chiede . Allori' armi, che appena
Seco avea traete , lungi scaglia , e nudo
Sul cadavere esangue $ abbandona ,
£ a le lagrime il fren scioglie » e a la voce?
Dunque, o caro Tidéo , de le mie guerre
Unica speme > tal mercé ti rendo ?
Son questi i premj a tua virtù dovuti?
Che ru » me salvo , sul terreno infame
Di Cadmo giaccia ? Or sì , che vinto io sono:
Libro IX. $f
Ór sempr' «siile andrò , or che in è tolto
Un frate! d Eteòcle assai migliore .
Io più l'antiche sorti, e pia non chieggio
La violata mia corona , e '1 regno .
Qual cosa esser mai può, chea tanto prezzo
Lieta mi serhbri ? O qual gradito scettro ,
Che non mi porga la tua forte mano ?
Itene pure, , amici » e me qui solo
Al reo fratel lasciate. A che più giova
L* armi tenrare , e invan perder tant" alme >
Che pii dar mi potete ? Ecco eh' io steiso
l'idèo condussi a morre : or con qual morté
Purgar giammai potrò tanto delitto J'Wj
Oh Suocero ! Oh Pelasghi ! Oh de là primi
Notte risse gradite , e pugne alterne !
Oh brevi sdegni d'un si lungo amore
Forieri , e pegno ! Ah perché mai '1 tuo ferro,
( E ben tu lo potevi ) in su le soglie
Non mi svenò d* Adrasto , o gran Titleo ?
Anzi per me , qual se i tuoi proprj onori ,
E'I tuo regno chiedessi, a' tetti infidi, ^
Onde tu sol tornar potevi illeso, v
Bei reo fratello volontario andasti .
Taccia, Telàmoti , tacci* Testo ' « 1
L* antica firn*. Ed or ohimè qual giaci!
Ahi quali pri^tt«a|ua* ferite*
È qual' è il tuo, qua! l'inimico sangue! 1 -
$6 Tjesaide di Stazio
Qual folta schiera di guerrieri eletti
Fu, che t'oppresse; il padre , il padre stesso
Insidiando tua virtù , la morte
Ti diede ; Marte fu , <fuel che t' uccise .
Cosi dice , e co' pianti il morto viso
Di sozzo sangue deformato , e lordo j
Lava, e sul petto gli compon le braccia •
Indi ripiglia: adunque tu cotanto • -
I miei nemici odiasti, ed io ancor vivo?
E di già tratto il ferro in se crudele
Sei «rivolgeva al sen per darsi morte ;
Ma il ritengon gli amici , e lo riprende
Adrasto , e de le guerre i varj casi
A lui narrando, e del Destin la forza,
V accheta , e lo consola , e a poco a poca
Dal corpo amato, onde s'avviva il duolo.
E in lui s' accresce di morir la brama ,
Lungi lo guida , e destramente il ferro
Tra* discorsi di man gli toglie , e il cela .
Ei parte , come toro afflitto , e lasso ,
Cui venne meno il suo fedel compagno ,
E lasciò il solco non finito ancora:
Mezzo il giogo sostien sopra il suo collo >
Mezzo ne regge il viilanel piangente.
Ed ecco d'Eteòcle i detti, e l'armi
Seguendo vien di giovani feroci
Eletto stuolo, cui Bellona , e Marte
S' t
Libro IX. 97
Non sprczzerieno in guerra. Ippomedonte
Fermo su piedi con io scudo al petto
Abbassa Tasta, e a quanti son si oppone t
Qual rupe incontro a* flutti,. e che del cielo
L'ira non teme, e ? 1 mar respinge, e frange,
Sta immota a le minacce, t-U paventa
V Ocean procelloso, e d* alto' mar* ,
JL3 conoscon da lungi i naviganti
Vien Eteòcie, e Tasta scuote, e grida:
E non vi vergognate in faccia a Numi ,! t '{«9
Dei cielo a vista , e de la pura luce
Difender queste scellerate membra , M
Che fur de la milizia obbrobrio eterno ? ' :
O nobile sudor, rara virtude .
Per dar tomba a una fera ! Adunque in Argo
Porterassi costui con mesra pompa, ,
E del rio sangue lorderà il ferétro l
Si tralasci tal cura: augelli, e mostri v r
Noi toccheranno , e de lo stesso rogo a
( Se gliel darem ) V abborriran le fiamme .
Tacque , e scagliò sì smisurato dardo ,
ritardato ancor dal primo cerchio
scudo , penetrò al secondo è*U^ft£>
Indi r auc vibrar' Ferétc , e . Lica j
Ma il coT^o di Ferète indarno
E con sotte mlfclto*, r asta di Lic*
Lambigli Telmo ort&dlecJiioinato ;
Teb. di Stai. Tom. II.
p% Tifi Aide di Stazio
Svelte dal ferro le superbe piume
Volaron lungi , e inonorata apparve ,
f de suoi pregi la celata priva*
Nou si arretra il guerriera ne contra Tarmi
Provocato si lancia v in giro volge
Su l 1 orme istesse la terribil fronte
E a* nemici resiste , e '1 suo valore
Tien, che lungi non scorra. In ogni moto
Guarda V amato corpo , e lo difende ,
E al cadavere intorno si raggira .
Non con tanto valor > non con tanta cura
L'ardita vacca il suo vitel difende
Dal lupo assalitor , ruotando infoino
Le dubbiose cornai esse non teme,
Ma del sesso scordata e freme , e sbuffa »
E ì forti toti generosa imita.
Ma pure al fine a Ippomedonte è dato,.
Poiché cessaro le saette ostili,.
Di rilanciar suoi dardi , e far vendetta .
Già il Sicionio Aicone, e gii i veloci
Pisani erano accorsi in sua difesa ,
E fatto gruppo di guerrieri» e d'aste*
Affidato in costor, nave Lemca
Ei scaglia , e quella va non meo veloce
Di eretica saetta , ed a Polite.
Il petto- passa , e Mopso a lui congiunto
Fora, e varca lo scudo > indi Cidone
Libro IX. 9 9
Di Focida > e Falante di Tanìgro ,
Ed Erice trafigge ; Erice addietro
5'era rivolto, e mentre sta sicuro,
E 13 morte non teme , e chiede V aste ,
Ne la nuca lo coglie , e i denti spezza ,
E per la bocca , u* non entro , se n esce .
Leuconteo intanto dietro Tarmi ascoso,
E dietro i combattenti avea di furto
Stesa la mano , e per lo crin prendendo
Tidèo , seco il traeva. Ippomedonre ,
Quantunque cinto di minacce , e d' armi ,
Il vide, t a terra con un colpo solo
Gli fa cader la temeraria mano .
E grida : questa a te Tidco rapisce ,
Tidco stesso 1 ha tronca , e quindi appren
Pe' magnanimi eroi, benché consunti,
A rispettare i Fati , e le grand' ombre
I/i arvenirc a non tentare impara .
Tre voi re i Tir j avean V orribil corpo
Rapirò , ed altrettante i Greci audaci
toro 1' avean ritolto • In cotal guisa
Sta del Siculo mar fra le procelle
Navs agitata , e del nocchiero in onta
A gonfie vele , e con in poppa il vento
S' aggira , e torna ne* medesrai flutti ♦
Né di Sidonia avrian tutte (e schiere
Respinto Ippomedoote ; né di loco
G 1
\
JOO TtEAIDK ùl STAZIO
Smosso 1' avrian le macchine murali >
Ed a le torri eccelse anche tremendi
Nel forte scudo foran vani > e cassi
Caduti gli urti , e ritornaci indierro :
Ma la Furia crude! , che ha fermo in mente
Di Plutone il comando , e di Tidéo
Le colpe in se rivolge, in mezzo al campo
Ingannevol si mostra , e in finto aspetto .
La sentitoli le schiere , e un sudor freddo
Scorse per l'ossa agli uomini, e a' destrieri,
Ancor ch'ella d'Ali prendesse il volto,
E il ceffo suo coptisse , e nascondendo
Le sferze , ed i flagelli , In cotal forma
Vestita d* armi , e in placido sembiante
Ceti dolce yoce , a Ippomcdonte a canto
Fermossi ; e pur mentr' ella , parla , ei teme,
E del «uovo timore ha maraviglia.
Ed essa allor piangendo : ed a che invano ,
Generoso guerriero , adopri 1* armi
A difender i morti ? Adunque solo
De gì* insepolti corpi , e de le tombe
Avrem noi cura ? Ma si mena intanto
Da V altra parte prigioniero Adrasto ,
E per re solo ei chiama» e con la mano ,
E con la voce il tuo soccorso implora .
Ahi quale il vidi sdrucciolar nei sangue
privo di serto la canuta chioma ! >
\
Libro IX. lai
Uè quinci è lungi. In quella parte volgi
Gli occhj , oyc s* alza un turbine di polve <
U* pili folto è lo stuol . Fra due timori
Sra il dubbio cavaiier mesto , c sospeso j
.Ma la furia lo preme : a Che più tatdi ?
Che non andiamo ? Queste morte spoglie
Ti ritengono forse > e non ti cale
Di chi ancor vive? Al fin vincer si lascia
Ipporoeddnte, e a* forti suoi compagni
11 cotpo raccomanda « e le sue pugne •
Parte, e abbandona il suo fedele amico:
Par indietro si volge » e attento ascolta
Prónto a tornar, se a sorte altri '1 richiami.
Del finto Ali I" orme seguendo intanto
Di <jua, di la per traviate strade . A ^-1
Si aggira indarno: fin che Tempio mostro
Gettò Io scado, e sparve, e le ceraste
Spezzaron Telmo, e sibilando uscirò.
Sciolta T infcrnal nube , egli rimira
Starsi sul carro suo sicuro Adrasto,
E intorno a lui le guardie sue tranquille.
Ma i Tirj intanto han preso il corpo , e lungi
Il palesa^* le festive voci i * a <
E a lui fcthfcgti W cchj , e di segreta
Doglia strinsero il lepre, e gli urli, e i gridi
De' vincitor' superbi . O dei Destino t \ C ^T
Tiranna forzai Ecco Tidco si tragga - ^
io* Tj&aAiDK di Stazio
p er l'otti! campo: fluei Tidéo , che dianzi,
Quando i Tirj incalzava , o sul destriero ,
O pedon combattesse, a lui davanti
S' aprian di qua , e di li natte le schiere ;
Non stari l'armi in riposo, e non le destre; .
Ne li n tic n , ora che ' i ponno impuui >
Da l'oltraggiar le già temute membra
Quella ferocità, che pur conserva
Nel terribil sembiante, ancor ch'estinto.
Una sol brama i vili, e i forti accende,
Nobilitar le mani , e i dardi tinti
Serbar nel costui sangue , ed in trionfo
Mostrarli poscia a le consorti, e a' figli.
. Cosi terror de'Mauritani campi
Leon feroce , per cui steron chiuse
Le gregge, e in armi i buon custodi , e desti;
Se cade al fine da' pastori oppresso ,
Il prato se ne allegra > e d* ogni parte
Con liete grida accorrono i bifolchi ,
E gli strappan le giubbe , e V ampia gola
Spalaacan rammentando i proprj danni .
Ei su l'ovile, o da una pianta pende
Trionfo , e gloria de F antico bosco .
Ma il fiero Ippomedonte , ancor che vano
Vegga il soccorso, e per la tolta spoglia
Tarda la pugna , pur ruotando il fcrro^
Irrevocabilmente il passo avanza»
Libro IX. i©3
Ne l' inimico da V amico sceme ,
Se lo ritarda ; ma la fresca strage
Lubrico fa il terreno , e i semivivi ,
£ i carri al suolo rovesciati , e infranti
Gi' impediscono il passo , e*l fianco aperto
Da lo strai d'Ereòcle: ( o de la pugna
Nel calor non sentillo > e di vendetta
Per troppo amor dissimulò la piaga . )
Vede Opleo al fin, che fu ne le battaglie
Al gran Tidèo compagno, ed or ne porta
Inutilmente 1* armi , e per lo crine
Tiene il destrier del cavaliero estinto ,
Il buon destrier > che del signore amato
Il caso ignora , e co' nitriti il chiama ,
£ si duol che di* se lo lasci vuoto ,
£ che più goda di pugnare a piedi •
Ippomedonte ( ancor che il nuovo peso
Portar ricusi su V altero dorso ,
Siccome avvezzo a quella sola mano»
Che lo domò ne la primiera etade )
11 prende, lo corregge, e gli favella:
Infelice corsier , perche ripugni
Al nuovo impero? Il dolce peso amato
Del tuo primiero eròe più non avrai ;
Tu più non pascerai d' Etolia i campi ,
E più non scuoterai le altere chiome
Ne r acque d* Àcheiòo i quel che ci jesta ,
I
x t> 4 Tébaipe 01 Stazio
Eseguiscasi altaen : Ir care spoglie
Vien meco a Vendicare , o pur mi segui >
Perchè tu ancor 1* ombra raminga errante
Prigioner non offenda , e dopo lui ,.
Altro superbo cavalier non porti. ...
Parve eh' egl' intendesse , e d'ira acceso
Si mosse al corso , e '1 cavalier sostenne „
Meno sdegnando un condottier simile .
Tal se da l' Ossa a precipizio cala
Un biforme Centauro a I" ime valli ;
Temono i boschi i'uom, la belva i campi*
Fuggono streni insieme , ed anelanti
Spaventati i Tebani. Ei sta lor sopra»
Ed improvviso i capi tronca, e a tergo
Lascia i tronchi cadaveri cadenti . ,
Eran giunti a l'Israéno, oltre 1* usato
( Funesto augurio ! ) per gtan mole d' accjuc
Gonfio, e spumante. Ivi pigliar' respiro
Pet bteve tempo i miseri Tebani ,
E timorosi ivi fermar 1 la fuga .
Stupì 1* onda non usa a le battaglie
In mirar tante schiere , e ripercossa
Tutta s'accese di tan t'armi a* lampi .
Al fin cacciati dal timor , ne' gorghi -.
Sì lanciarono ' a gara > e dal gran peso
L'argine rotto , un turbine di polve
Involò a gli Qcchj la contraria sponda. -,
I
Libro Et. 10f
Ma con salta maggior ne* flutti ostili »
Cosi com'era Ippomedonte allora,
Balzo ( ne già ritenne il fren , che troppo
Avria tardato ) e a 1' atterrite turbe
Terribil sopraggiunse, avendo prima » *
J dardi appesi d* un gran pioppo antico
Al verde tronco , e >a quel lasciatigli cura*
Trepidi allora- i miseri Tebani iW- i $£
Al flutto rapitor cedono l'armi, uiu
Molti vi fur, che pria Telmo deposto,
Per quanto il fiato ritener poterò ,
Stetter sott'acqna infamemente ascosi: k
Altri il fiume passar tentaro a nuoto j
Ma gi'irapediscon l'armi, e lor dà impaccio
Il cinro ai fianco, e la carozza al petto*
Qual si desta terror ne' pesci allora L;v 1
Che per le vie del mar, sotto de l'onde,
li fallace delfin stare a la preda.,. v
Mirano inteso j la squammosa turba
Al fondo fugge , e per timor s* unisce
X c 1' alghe verdi , e vi si addensa , e asconde;
£ non ardisce uscirne , in fin che sorto u,„
Noi veggion sopra i flutti, e con le -navi .
Da lungi viste ganeggiar nel nuoto
Tale il guerrierr caccia i Te b a ni, e in mezzo
Del fiume alto sostiene il freno , e V armi
Regge , e sostenta \l suo destrier su' piedi
Di remi invece : la ferrata zampa ,
i
106 T £ b a i d e di Stadio
s Avvezza al suolo , ondeggia , e ài fiume in fondo
Cerca indarno toccar l'usata arena:
lòn da Cromi ì ucciso * uccide Cromi
- Antifo y Afttifo Ipsco ; quindi del pàti
Astiage a morte manda * e seco Lino
•Che già dal fiume ascia; ma vieta il Fato,
& la Parca crudel , eh' in terra ci muoja •
Freme i Tebani Ippomedonte , e i Greci
Turba figlio d' Af dp© il grand' Ipséo .
Ambi reme r Ismcno , ed ambi i flutti
Macchian de V osti! sangue, ed ambi il Fato
Nega l' uscir dai profanato fiume .
£ già su l'onde volteggiando ranno
Membra, e capi recisi, e spesso a' busti
Riporta il flutto le già tronche destre .
Si vedon galleggiare e dardi , e scudi ,
E gii archi lievi , ed il calare al fondo
Tolgon le piume eccelse a gli elmi vuoti .
Vanno intanto a fior d' acqua armi vaganti , .
£ i miseri guerricr* giacciono al fondo :
Ivi lottando stan con l' empia morte
I corpi offesi, e l'anime spiranti
II fiume incontra , e le. respinge indietro •
Da la corrente in giù rapito, aveva . .
Agrio fanciul de la vicina sponda
Atterrata usa pianta: a lai da tergo
Meneceo sopraggiunge , e da le spali»
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1 I B x o IX. *°7
Gli recide le braccia • Egli 1* impresa
Imperfetta abbandona , e in già cadendo ,
Mira le braccia sue pender dai twnccr.
L' asta d' Ipsèo d* immensa piaga uccide
Sago, e al fondo lo cacci*; e.flol di lai
Re sra V orma sao^igit» ^ cinH ^ IV onde .
Per dar soccorsoci suo fratel discese*^
Agcnor da la sponda, ed afferrollo : l L 3» {j
Misero! che il ferito a lui le braccia L $
Al collo stende , e coi tuo peso il grava .
Potea Agenò? da gì* imposturi amplessi
Sciogliersi , e osci* dai periglioso guado ,
Ma arrossi di tornar senza il fratello.
Alza Calete di ferire in atio
Minaccevole il braccio . Il rio crudele
Ne* girevoli gorghi ecco l'involge: - « *i«c
Già la faccia, già il cria , 4* «an si «eia*:
Ultimo il ferro fu-, «he su eommerse .
In varie guise una sol morte affligge
I miseri. Ad Argltt il tergo passa
De' Mtcalèsi un* asta ; ei si rivolta ,
E cercaci feritor ; ma non appare. i
II fi utrié' smesso coi veloce corso - fc v.s#**é.
Portò tiueUStttv micidiai su l'onde.*
CW a ber sen ^ S%ir infette* U sangue •
Ma 1* Etolo destar ilmah^ ferito - ^
Ne la spalla: e i ambascia^ al violento *
tfctf Tibaioe di Stazio
Dolor di morte su due piedi s'alza*
£ sospeso così 1' aria flagella
Con le ferrate zampe , e versa il sangue.
Già non paventa i procellosi gorghi
Il cavalier j ma del cavai pietade
Sente, e di propria man Tasta ne svelle
Dolente , e lascia in libertade il freno j
Indi sbalza di sella , e più sicuro
£ di mano» e dì pie , pugna di nuovo,
E Nomio vile , e Mimanto feroce ,
£ Antidonio Licèo , Lica di Tisbe
V un dopo l'altro uccide, ed il minore
De* due figli di Tespio . A Panemòne ,
Che chiede anch' ei la morte , insulta ; e vivi
( Dice ) e ritorna a la profana Tebe
Solo senza il fratel , che non sarai
Più dolce inganno a' genitori afflitti ;
Sien grazie a' Dei, che nel rapace fiume
Bellona mi guidò con man., sanguigna,
IT da T onda natia tratti n andreta
Timidi , in pasto de* marini mostri >
Ne l'ombra ignuda di Tidco insepolto
A' vostri fiioc^i striderà d'intorno:
Ei r,iace in terra , e al suo principio torna ,
Cosi gl'incaica , e con i detti acerbi ^ _
Inaspra le ferite, ed or col brando
Infuria, or scaglia li nuotanti dardi . _ ^
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L I B K O IX.
Tetòne amico de la casca Dea,
E Già di ville abitator, Ergino
Per tir flutti vagante , Erse chiomato
A morte manda, indi Cre tèa V aggiunge i
Sprezzato re del mare, e che sovente < U
Lo scoglio Cafarèo su picciol Ugno ,
E TEuboiche procelle ardito vintéiQ
Ma che non puote il Fato > Il se* trafitto
*0
Dai ferro micidial naufrago cade , * &l£i*&
Ed oh in qual flutto! de la Doric' asta ^
Tu pur, Farsalo, fosti al primo colpo
Da l'alto carro rovesciata in «ai,
A soccorso de' tuoi, varcavi il fiume i
E rimasti i destrier* senza governo , « v *
Da vortici rapiti, insiem congiunti,
La funesta unione ambi sommerse .
Ma quanta ebber fatica i flutti insani -,_W£
Ad atterrar Ippomedonte , e qttrie £ ^
V Isméno ebbe cagion di prender V armi ,
Fate a me noto , alme Castalie Dee . I
Vostr' opra è il riandar gli* scorsi tempfr, *0
E da r oscuro obblìo sottrar la fama.
Godè* di guerreggiar per le materne
Onde i^^^in Crenéo d* un ^Fauno natov \ì
E d* una Niìfcfa de 1* Ismèno figlia fc
Egli ap;l gli oickf >i giorno in queste ripe:
A lui fur Patria il fiume , e cuna l'alghe. ^
no Tea Aide oi Stazio
ti dunque non crccka , eh' entro qnetl' ac^ue
fcagion avesse r le crudeli Parche $
£ lieto già da 1' una a 1' altra sponda
Passando l'avo lusinghiero, e l'onda,-
O ne seguisse il corso, o pur col nuoto
Obbliquo la fendesse > alto il sostenta s
E s' a ritroso va, non lo ritarda,
Ma lo seconda, e seco torna indietro.
Non più placido il mar bagna co' flutti
De T Àntedonio Glauco il ventre , e i fianchi.
Ne più Jeggier su la marina estira
Triton galleggia , ne più pronto toma
Tra' dolci amplessi de la cara madre
Palemone , affrettando il suo delfino ,
Che troppo lento su le spalle il porta :
Ben 1' adornano 1* armi , e per mole' oro
Fulgido , e insigne il grave scudo porta ,
In cui sta sculta de 1* AÒnia gente
V origin prima : ne* Sidonj flutti
Del toro mansueto il dorso preme
La fanciulla di Tiro, e già sicura
Fatta del mar, non più le corna afferra
Con le tenere mani , e lussureggia
L' onda baciando a lei le m»ili piante,
Sembra veracemente entro lo scudo
Nuotare il di via toro , e fender 1* acjue £
£ l'acque sono tanto al ver simili ,
Libro IX. i i i
Che acquistai] fede, ed bau di mar sembianza l
Quindi Crenco fatto pili audace sfida
Con orgogliosi detti Ippomedonte :
Questa Leraa non è d'atro veleno
Infetta > e tinta • nè i' Erculee serpi
Vengono a dissetarsi entro quest' onde .
È sacro il fiume » e sacro ? e '1 proverai
Tu i che '1 profani > e sanguinoso scorri
Per T acque ultrici de* superni Dei .
< Quel non risponde , e s' avvicina r 'opponi»
11 v fiume a lui con maggior forza d'acque»
£ gli tarda la man > ma non in guisa r
Ch' essa il colpo non vibri , e nel pii interno
Non giunga a penetrare» u' 1* alma ha sede.
Inorridissi il fiume, e voi piangeste
De 1' una » e l'altra sponda o afflitte selve »
£ d'ululati rimbobar' le ripe.
Egli morendo proferì V estremo
Suono , e chiamò la madre . I flutri intanto*
Gii passar' sopra , e soffocar* la voce >
Ma la madre infelice intorno cinta
Da le cerulee sue meste sorelle ,
D' improvviso dolore il cor trafitta >
Lascia le grotte cristalline, e i crini
Sparsi» e coniasi» e percuotendo il petto» _
£ lacerando il volto, e 'I verde crine».
Accorre furibonda» e poi che fuori
Ha, Tebaide i>i Stazio
Usci da T acque , con tremante voce ,
Creneo , o Creneo ripete , e indarno il chiama .
Ma ben io scudo galleggiar su 1' onde
Ne vede , ai lei troppo sicuro segno
Di sue sciagure. Egli ben lungi giace»
Ove T Ismeno con il mar si mesce .
Cosi Alcióne desolata geme ,
Qualora vede per lo n\3r vagante
Il caro nido co' suoi figli , e vede ,
Ch'Austro piovoso ognor l'urta, e l'incalza,
E finalmente dentro il mar gli asconde :
Ella al fondo si cala , e sorro i flutti
Ricerca i figli, ovunque l'onda splende,
E in ricercarli si lamenta, e piagne.
Tal la madre dolente si querela ,
Ne pero si ritiene ; a' dardi , e a l'aste
Intrepida va incontro , e con la mano
Gli elmi ricerca , e i tronchi busti esplora \
Ma respinta dal mar, ne' flutti amari
Gli è tolto entrar , fin che a pietà commosse
Le ninfe di Nereo > ne le sue braccia
Meste portato il già rapito figlio ;
Ed essa allor , come s* ei fosse vivo
Al sen lo stringe, e sei riporta indietro*
E su le sponde, qual su letto il posai
Indi coi uaolle crin 1' umido volto
Gli asciuga , e terge , e singhiozzando esclama,*
Libro IX. i i }
Si fiero dono i Semidei parenti ,
E l'avo tuo immortai ti diero , o figlio*
Cosi ru regni nel Materno fiume ?
riti mite a te fu la straniera terra >
£ discorde da noi : più miti 1* onde
Del mar , che te fino a 1* estrema foce
Portar* del fiume , ed aspettar* la madre .
Ahi questo e dunque il volto a me simile?
Questo del totvo genitore il guardo ?
Soli questi i crini dei grand* avo ondoso ?
Tu di quest* acque , e de le selve un tempo
Gloria fosti > e decoro : io do le Ninfe ,
Mentre vivesti , fai regina , e Dea
Or dove andrà 1* ambizioso e folto 1
Stuòlo, che stava a le. mie porre intorno?
E di servirti le Napèe bramose ?
Ed io i che teco dentto il mar profondo
Meglio poteva rimaner estinta >
Con infelici amplessi , or ti riporto
Non * me , ma a la tomba; e tu, crudele
Padre , non hai rossor di tanta strage ,
E pietà non ne senti ? E qual t* asconde
Ne r imo centro torbida palude,
Ove non giunga a 1§ tue sorde orecchie
Del nipote la morte, ed il mio piantò?
Ecco ne* gorghi tuoi va furibondo
Ippomedonte , e ornai di te maggiore
S
Tih. di Staz.. T. II H
/
ti4 TtBÀtfts di Stadio
Nel tuo letto trionfa, e l'acque, e i lidi,
N' hanno spavento , e le nostr' onde tinte
Sono per lui di sangue , e tu codardo
Non ricusi servire a fieri Greci:
A' roghi almeno, ed a l'esequie estreme
Vieni, o crudel, de* tuoi : non sari solo
Il tuo nipote , che arderan le fiamme .
E qui rinforza il p^apto A e squarcia il seno,
E l'altre Ninfe a* piarci |uo/i fano/eco.
( Cosi gè VUtm x > 9* l>»rema spiaggia
MMi:*??) Don ancor fatta Dca
Leu co toc pianse in rimirare il figlio
Freófd© versar da 1* affannato petto
Il già bevuto mar nel sen materno .
| Ma il padre Isolino, eh entro gelid'antro r
Onde s'imbevon l'aure, e l'atre nubi,
E si nudrisce V Iride piovosa , >
E più fansi fecondi i Tirj campi ,
Giacendo stava* poi che lungi intese
(Bcnch # cgli stesso strepitando corra jl •
De la figlia i clamori, e i nuovi pianti/
Alzò, il muscoso eolio, e la di gelo
'Gravosa chioma, e da J e man' gli cadde
L* eccelso pjnp , ? ì' urna, a Terra, sparse .
Stupir* le selve iq su le ripe , e i fiuotf
Minori innorridir'i quando da Tonde
Tutu smaltata de l'antico loto
le
Libro IX. tif
La faccia eresse . Tanto , e tale inaila
Spumoso il crine , e per lo sen gli corrono
Giù da la «barba risuonanti rivi . <
De la figlia il dolore , e, del nipote
la m or re a lai tutto per ordin narra
Ninfa i che lo rincontra , ed il feroce
Uccisor gli dimostra , e cori la mano
la man gli preme. Égli sa Tonde allora
Tutto si mostra , e con la man tergendo
L'umido volto, e di verdi alghe cinte
L'ardue corna scuotendo, irato, e gonfio,
Cosi fotte esclama dal sen profondo:
Questo dunque è V onor , che a me tu rendi
lettor de' Numi? A me, che tante volte
Ospite a te divenni, e de* tuoi fatti
Consapevole fui? ( ne già pavento
Di rammentarli . ) Tu d' inique corata
Vestisti pur la simulata fronte \
Tu gli umidi destrier* scioglier dal carro ,
Vietasti a Cincia, e i nuziali ròghi, •
E T ingannevol folgore io mirai, . .
£ i tuoi più cari figli io ti nudrii .
Così sprezzar miei doni ? E pur fa visto
Pargoleggiare in questo seno Alcide ,
E spense Tonda mia di Bacco il fuoco .
Mira con quante stragi al mar sen corra ,
Quai C2davcri porti il noitro fiume >
»
ti %
né Tib aide di Stazio
Tutto d' armi coperto , e di cataste
Di morti , e di malvivi : entro il suo seno
Tutta la guerra è accolta » ogni *onda spira
Sceleraggini , e lutto: e in cima, e al fondo
Vagando vanno alme novelle , e meste
Adombrano spirando ambe le spónde .
Pur quei son io , che i sacri gridi accolgo
De Je Baccanti; e i Tirsi imbelli, e i corni
Mondar ne soglio con mie pure linfe.
£d or ristretto da cotante stragi,
Angusta strada mi procaccio ai mare .
Non de V empio Strimon corrono ; fiumi
Di maggior sangue , né rosseggia tanto ,
Oualor Marte combatte , £bto spumoso .
Né te muove a pietà T onda nudrice /
Ne le tue mani a 1* armi irrita , o Bacco ?
Cosi gli avi ti scordi ? O in Oriente
Meglio Idaspe si doma? E tu, o crudele,
Che vai altiero de le imbelli spoglie,
■
E d' un fanciul ne V innocente sangue
Trionfi , e godi ; non farai ritorno
Ma questo fiume a la erudii Micene ,
Né vincitor a V Inaco potente ,
Onde parristi , s* io mortai non sono ,
p uno tu de gì' immortali Numi .
Cosi sdegnoso parla , e in un istante
Dà. il seguo a fonde} Gherone alpestre
Libro 1 1 7
Manda gli ajuti , e le sue antiche névi %
Alimenti del verno, in giù discioglie.
Tacite forze per occulte vie
Manda a V Isméno il suo germano Asòpo »
E somministra Tonde, ed egli stesso
De la terra le viscere ricerca,
9 fuor ne caccia i stagni > e i targhi laghi,
£ le pigre paludi: indi a Je stelle
Avidamente il volto inalza > e i nembi
Umidi in seno attragge , e l'aria fugge »
E tumido soverchia ambe le sponde .
Ippomcdonte , che già mezzo il fiume
Varcato avea solo- con l'acqua a' fianchi ,
Si maraviglia come tanto cresca
La turbici' onda , e che le braccia , e '1 petto
Ornai gli copra , e se minor conosce :
Gonfiansi i flutti d' ogni parte , e sorge
Animosa tempesta al mar simile,
Quando assorbe le Plejadi, e Orione
Torbido oppone a' timidi nocchieri .
Non altrimenti del marino assalto
Scuote il fiume Tebano Ippomsdonre,
E più s' estolle ne lo scudo urtando ,
E in 'quello infranto si dilata, e spande ,
E con onda maggiore indi ritornai
Nè contento di ciò svelle , ed atterra
Gli arbuscéi da le ripe , e i vecchj tronchi ,
il 8 Tebaide di Stazio
£ solleva dal fondo arena , c sassi .
Sta incgual la tenzon fra V uomo , e '1 fiume»
E la Diviniti n ha sdegno , e scorno $
Perchè non cede il fier, non si ritira,
Nè paventa minacce , e a* flutti irati
Va incontro , e a fiumi torbidi , e sonori
Oppon lo scado, « li respinge indietro. ^
Sotto il terrea gU sfugge» ed ex sta immoto
Sovra i lubrici sassi , e le ginocchia
Tende, e si ferma sul fallace limo,
Ed oltraggiando parla.- e donne Ismèno
Questo nuovo furor? E da qua! vena,
Servo d- imbelle Dio , traesti > V acque ,
O sol avvezzo a rimirare il sangue
Tra' femminili cori , allor che i bossi
Suonan di Bacco , e le furenti madri
Svenan ne gli Orgj triennali i B%Uì
Disse : ed a lai tutto mostrossi il fiume
Torbido il viso di stillanti rivi,
Ed offuscato di nuotante arena ;
Ne* co' detti infierì : ma de V opposto
Guerrier tre volte, e quattro il petto audace ,
Quanto il suo Nume , e V ira sua valea. ,
Alzandosi percosse . Allora il passo
Ritrasse Ippomedonrfe , e da la mano
Cadde lo scudo, e tardi volse il tergo.
L'incalzan l'onde, a trionfante il fiume , -
Libro IX. 119
Mentr'ei vacilla, il preme. I Tirj d'alto
Scaglian d'asce, e di sassi orrido nembo ,
E gli vietano irati ambe le sponde .
Or che farà d' acque assediato , e d' armi ?
Non può fuggi fC il misero , e gli è tolto
Morit di grande e* memorabil morte .
Stava Frassino eccelso in su 1* erbose
Ripe pendente fra la terra, e l'acque,
Ma più a 1* acque proclive , e di grand'ombra
Copriva il fiume . A questa Ippomedonte
Stende 1' adunca mano , e vi si appiglia -,
( Qual rimangli altra via per gire a terra ? )
Ma noi sostien la pianta , ed in giù tratta
Dal maggior peso , che l' aggrava in cima
Da le radici , con cui parte al fiume
S'attiene» e parte a l'arido terreno*
Divelta cade , e seco trac la ripa ,
E '1 trepido guerrier , come se un ponte
Su lui cadesse , col suo peso opprime .
Vi accorron V onde , ed un tenace limo
Nel fondo siede , e i vottici profondi
Pan maggior la vorago : e gii le spalle,
Gìè il collo del guerrier co' tortuosi
Corghi circonda . Al/or si dà per vinto
Il lasso Ippomedonte, e così parla:
Non ti vergogni , inclito Marte , in questo
Fiume sommerger mia grand' alma? Io dunque
!
ito Tebaidi di Stazio
Quasi vile pastor, cui d'improvviso
La piena oppresse , andrò cibo de* pesci
Dentro i torbidi laghi , e i pigri stagni t]
Degno -dunque non fui morir di ferro ?
Da quesre preci al fin mossa a pietade
Giuno parlò al Tonante : .e sino a quando
Gran genitor de* Numi i mesti Argivi
Opprimerai? Già Pallade ha in orrore
Jl suo Tidéo i già per lo vate assorto
Tacciono in Delfo i tripodi d'Apollo:
Or ecco Ippomedonte , a cui Micene
Fu culla, ed Argo è Patria, ed io son Nume,
(Cosi a* miei son fedele ? ) andrà de' mostri
Marini in preda ? Tu V esequie esrreme ,
Tu pur le tombe promettesti a* vinti .
Che gioveranno a lui 1' Attiche fiamme ,
E i roghi di Teseo ? Non sprezzò Giove
De la consórte i giusti voti, e a Tebe
Volse placido il guardo, e al primo cenno
Calmarsi Tónde, e si abbassaro i fiumi.
Scoprirsi allor del cavalier ferito
L' esangui spille , e il traforato petto ;
Siccome avvien se le procelle scosse <
Da lo spirar d* imperuosi venti
Cessano in mar, sorgon gli scogli in alto,
E la terra cercata a* naviganti
Si mostra, e l'onda da i sbattuti sassi
£f;byGo©gl<
Libro IX. Iti
Al fondo cala. £ già preme il terreno:
Ma che prò , se di strali un folto nembo
D' ogni parte il circonda , ed a le membra
Non ha riparo > e timo esposto è a morte ?
Gli si apron le ferite L e '1 congelato
Sangue , che istupidì sotto de 1* onde
A l'aria aperta esposto, ogni meato
Scioglie a le rene, e giù piove a torrenti,
£ sotto gli vacilla istupidito
Dal gel del fiume il mal sicuro piede.
Al fin ei cade; quale in giù mina
Ne l'Emo Tracio, d'Aquilone a' fiati ,
O perchè le radici il tempo edace
Le abbia corrose, altera quercia, e grande,
Ch'alzò il capo a le stelle, e di sua mole
Mole' aria sgombra : mentr* essa vacilla ,
Il pian la teme, e il monte , e da qual parte
Cada non sanno , e quali selve opprima.
Non v' ha però chi di toccarne ardisca
L' elmo , la spada , e a gii occhj proprj appena
Prestano fede , ed han terror mirando
Qual cadavere immenso, e insiem ristretti
Con 1 armi in pugno a lui si fan vicini .
Ma giunge al fine Ipsèo , che da la mano,
(Che morta ancor V impugna ; il ferro tragge,
E filmo scioglie da la torva faccia •
Indi iu cima de l'asta a' suoi Tebani »
Xài TìfAIDE DI Stazio
Alto lo mostra , e così fiero esclama t
Questi è il feroce Ippomedonte, e questi
DC t immane Tidco P uitor temuto ,
E il domator del nostro sacro fiumè .
II fiero o Capando da lungi il vede;
E il dolor reprimendo , immensa trave ,
Libra coi braccio, e la sua destra invoca:
Siimi propria, o destra, a me sol una
Presente in guerra, t inevitabii Nume j
Te sola adoro, e ogni altro Nume sprèzzo.
Dice , ed ei stésso il proprio voto adempie .
Vola r asta tremenda , e per lo scudo
Passa l'usbergo, e mortalmente giungi
Laddove l'alma nel gran petto ha sede.
Atlor sen cade Ipsèo eon quel ftagore,
Ch'eccelsa totre da più colpi scossa
In giù ruina , e al vincitor superbo
lascia de la cittade aperto il varco .
Capando gii sta sopra, t de li morte
Non ti fraudo l f onot '( dice : ) rimira
Quello che ti ferii quello son io.
Or va Contento , che «porti il vanto
Sopra V altr' ombre . Indi la spada , e l'elmo
Ripiglia , e a qaesti il vinco scudo aggiunge,
E su V esangue Ippomedonte in alto
Le tien sospese r e quéste prendi ( grida J
Spoglie tue spoglie ostili » inclito duce:
.»
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»
Libro IX* t a J
Ben si daranno al cenere famoso
Gii onor' dovuti , e tua magnanim* ombta
Non se n* andrà raminga , e sena* avello :
Ma incanto che tu aspetti e fiamme , erogo.
Te con quett' armi , di sepolcro invece »
Vendicatore capanèo ricopre .
Cosi a vicenda fra i Tebani , e i Greci
Dubbioso Marce dividea le stragi .
Piangono questi Ippomedonte fiero ,
£ quelli Jpsèo non men feroce, e pronto»
£ dal dolore altrui traggon conforto .
De T Atcade garzon la fiera madre
Turbata incanto da funeste iarve ,
De* notturni ripoji in mezzo a' sonni * * *
Col crin disciolto , e con le piante ignuda
(Secondo il rito) e prevenendo T alba ,
Se ne già del L adóne a V onde algenti
Per purgar dentro il fiume il sonno infausto.
Perocché fra i sopor' de 1' atre nptti
Tacce inquiece da' pensiet* molesti >
Veduce avea cader da' sacri altari i
Quelle ehe di sua man spoglie vi appese*
E se da' boschi esclusa, e da le Ninfe
Cacciata in bando andar raminga, e sola
Ad ignoci sepolcri erraado incorno. -
Spesso nuovi trofei tornar dai campo *
£ l'armi, e'1 cjestrier noto, ed i compagni
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x*4 Tmaide di Stazio
Del figlio vide, e mai non vide it figliò?
•/alor le parve la faretra a terra
Da le spalle cadérle, e la sua immago ,
£ i noti simulacri arder nel fuoco .
Ma presagio pili certo, e più funesto
Recò a la madre quella stessa notte ,
Che tutta a lei mise in tumulto Palma « /
Sorgea d'Arcadia ne gli ameni boschi
Quercia famosa , e di felici rami ,
Che scelta fuor da le minori piante
Aveva di sua man sacra a Diana,
E col suo culto V avea fatta Dea .
A cpiesta essa appcndea sovente l'arco,
E i rintuzzati dardi , e de' cinghiali
Le adunche zanne, e de* leoni uccisi
Le vuote spoglie , e <le fugaci cervi
Pari a le selve le ramose corna.
Appena a rami luogo resta , tante
La drcondan per tutto agresti spoglie 5
E *1 balenar di ferri f e d* armi appese
Toglie de la yefd* ombra il grato orrore .
A lei parea , che dal cacciar le fiere
Scendea da monti faticata e lassa,
D'orsa feroce alto portando il teschio*,
Terror de T Erimanto: e quiri giunta
Vedea la pianta da reo ferro tronca
Giacer, scosse le chiome > ed # ogni ramo
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Libro IX. 1 1 e
Stillar di vivo sangue. E a lei, che ij chiede,
Ninfa racconta, che il nemico Bacco,
E le sanguigne Menadi P ban svelta .
Mentr'ella piange, e si percuote il seno.
Si scoglie il sonno ; essa abbandona il letto
E il falso pianto invan da gli occhj asciuga.
Dunque poiché attuffò, purgando il sogno ,
Tre volte il crin nel fiume , e detti aggiunse
De le madri a purgare atti le cure ,
De V amara Diana al tempio corse
A lo spuntar del giorno, e lieti ride
Starsi la selva , e la sua quercia intatta.
Eermossi allor sul limitar del tempio,
£ in cotai voci pregò il NUme invano :
Vergine Dea , eh' hai sovra i boschi impero.
Di cui le forti insegne , e gli aspri studj
Sdegnando il sesso , oltre il costume greco
Sovente seguo, ne di me pili fidi
Sono al tuo culto i popoli di Coleo ,
Nè de le Scite Amazzoni le schiere j
Non a me i balli , ed i profani giuochi
Piacque! de P empie notti ; e benché io giacqui
^Contaminata in odioso lecto,
Trattare i Tirsi, e Ja connacchia imbelle
Ebbi in orrore, e ne le selve ancora
Restai dopo le noaze , e dopo il parto
Vergine con la mente, e eacciatrice .
■
US T*«àide ut SrArtd
tyà già mi piacque entro remoti spesai
Celar il fallo ; ma il fanciul tremante
A* pie* ti posi > * confessai 1' errore .
£i non menti il mio sangue, e ne le selve
Pargoleggiò fra gli archi , e con i pianti ,
E con le prime voci i dardi chiese •
Deh questo a me ( che mai la spaventosa
Notte minaccia, e l'inquieto sonno?)
Questo , che in te fidato a le battaglie
Con audace t dU«la put or sen corse,
Dammi £- t| §tan Dea , che vincitore io miri
ti campo : e se pur troppo io chieggio,
»i almen che io Io veggia , e te seguendo,
Sudi de Tarmi tue sorto V incarco,
fa vani, o Dea, di mie sciagure i segni.
E quale han mai ragion ne le tue selve
Le Menadi inimiche , e i Dei Tenaci ì ;
Misera l ( ahi sian fallaci i tristi augurj )
Perchè la quercia tua , perche il mio sogno
In cosi fiero , e infausto senso io spiegai?
Ma se i presagj miei veri pur sono ;
Per lo dolor materno, e per quel lume,
Che dal frate! ricevi , io ti scongiuro ,
Co* dardi tuoi quest'infelice seno "
Trafiggi , o Diva , e pria eh 1 io la sua morte,
Permetti, ch'egli la mia morte intenda.
Cosi dissella, p lasciò il freno al -pianto*.
*•*>*<» **- a»?
E sudar ride ij simulacro algente .
Lasci, Trivi* feroce entro il $ tt o tempi?
L'afflitta madre, che i M0 i freddi aitati
Terge coi crin disciolto , e addietro lassa
Velocemente Menalo sublime ,
Ch'alza fra gli astri la frondosa fronte*
£ per quella del del strada pia interna ,
Che sol «splende a' Numi, jj volo drizza
A le muta di Cadmo, e d'alto scorge
Sotto a'suoi piedi , quanto è vasto il mondo.
£ di già mezzo il suo cammin varcato
Tra i verdi colli di Parnasso avea;
Quando incontrò il frate! mesto in sembiante
Da splèndenti nubi intorno cinto .
Facea ritorno da' Tebani campi
Piangendo invano il suo gra „ yate
A 1 umon de' due maggior' Pianeti
Rosseggi il cieJo ( e a 3uel div . no . ncontre
Splendette accesa di pi u viva luce
P ambo Ja chioma, e ne gli alterni amplessi
R>percossi suonar' faretre , ed archi
Febo parlò primier : so ben , germana ,
£e T,r,e sch.ere, e le feroci pugn 7
Tentare osò, brami recar salute:
La fida genitrice è , che ten prega f
Deh cosi -noi vietasse il Fato avverso!
I
. \
XlS TlBAlDE 'DI STAfclO
Ecco , che io stesso del fedel mio vate
Sen^à riparo ( oh mia vergogna eterna! )
V armi , e le sacre bende al vuoto Inferno
Discender vidi, e lui l'avide luci
( Precipitando ) -in me tenere immote;
Ne il carro io gli ritenni , e non gli chiusi
La gran vorago . O veramente fièro ,
E d' esser adorato indegno Nume!
Non vedi , o suòra , come stanno mesci
1 nostri spechi, e taciturni i tempj ?
Questo sol dono al mio fedele io rendo .
Cessa tu ancor da là tua vana aita.
Sorella, e non pigliar fatica indarno.
Immutabile e il Fato } e già ,al suo fine
Tende Partenopèo; né sono oscuri
Gli oracoli fraterni, e non t'inganno.
Ma di gloria colmar quell'infelice,
( Rispose ailor la vergine turbata )
£ dar alcun sollievo a la sua morte
Mi fia permesso . Le dovute pene
Non fuggirà il crudel, che Tempia mano
Profanerà ne V innocente sangue .
Anche a* miei dardi incrudelire è dato .
Parte , ciò detto , ed al fratel le gote
Più scarsa porge , e a Tebe irata vola .
Intanro più. crudel ferve la pugna
Per li due regi estinti » e la vendetta
.„ b ^G oogle
Librò IX.
Maggior furor cT ambe le parti accendo .
Piangono Ipsco i Tebani , e maggior duolo
A' Greci apporrà Ippomedonte estinto :
Vengono a stretta pugna : un solo ardore
1 cuori accende : uccidere , o morire ,
E trar J' ostile , o dare il proprio sangue .
Non si arretran d'un passo» e corpo a corpo
S'azzuffano rabbiosi, ed a la fuga
Antepongon la morte . In su la cima
Del gran monte Dirceo fermossi allora
Cintìa discesa per la via de' venti .
La senrirono i colH ; e tremò il bosco
In riveder la conosciuta Dea ,
Che in mezzo a le sue piante , ignuda il petto,
Con saette crudeli a la feconda
Niobe spense la prole, e srancò l'arco.
Scorreva intanro per le schiere ostili
Partenopeo per poche stragi altero \
Su cacciator destriero , a le 'battaglie
Non uso, e appena a' primi freni avvezzo*
Cui ricopriva il maculoso vello
Di tigre Ircana , e con le zampe ai/rate
Flagellava le spalle : il collo in arco
Curvo, e sottile, e la superba chioma
Ristretta in nodi , e .gli pendean .sul petto
Bianchì monili di ritorti denti
(Trofeo de' boschi ) de 1* uccise fiere.
Tel*, di &taz. Tom, II* I
r
. f
t 30 j Teb a i de 01 Stazio
fi con nodo lcggier succinto il fianco
Del manto d' ostro doppiamente tinto >
E de la ricca d' oc Incida veste ì
(Unico de la madre almo lavoro;)
Pender lasciava dal sinistro arcione
Il forte scudo , e del suo grave brando
Con aurea fibbia alleggeriva il peso .
Che grato udir lo strepito > con cui
La vagina > il pendaglio , e la farètra
Eco fanno al fragor de le catene ,
Che del collo a dftesa , in su le spalle
Gli cidon da la cima de V elmetto .
Baldanzoso scuoteva egli talora
Le piume del eimicr di gemme adorno ;
Ma quando , stanco di pugnar * dal volto
\ v Di sudor molle la celata scioglie , s: * 4
\ E fa vedersi col bel capo ignudo i
{ Dolce allora il veder scherzar col vento
1 La bionda chioma, e dj. più viva luce
Sfolgoceggiare le pupille accese ,
/ £ le guance di rose , in cui non spunta
(Bench'ei sen dolga; il primo pelo ancora.
Egli di sua beltà sprezza le iodi,
È il volto inaspra; ma nel vago aspetto
J Leggiadra. c Tira, e venustà gli accresce,.
Cedongli volontarj , e altrove i dardi
In lui drizzati volgono i Tebani ,
Google
Libro IX. 1 5 i
Rimembrando i Jor figli ; ed egli ingrato
Li tenta, e l'aste vibra > e ognor più fiera
Conerà chi gii perdona incrudelisce .
Mentr* ei combatte , e più leggiadro appare
Tra la polve, e il sudor , da' vicin' colli
Lai vagheggiando le Sidonie Ninfe
Lodanlo a prova, e co* sospiti interni
Van traendo de! cor le occulte brame .
Mentre Cintia ciò vede , e in sen le serpe
Pietoso duolo le verginee gote
Contamina di pianto / e così dice :
£ qual poss* io da la vicina morte
Tuo fido Nume ritrovarti scampo ?
Oh troppo audace, è misero fanciullo!
Tu pur volesti de la madre in oota
Gire a sì crude guerre ? In te* cotanto
Potéo virtù immatura , e ardente brama
* Di glorioso , e m^morabil fine ?
A te i Menali dunque ombrosi boschi
D'anni tenero ancor parvero angusti ?
Tu, che senza la madre infra i covili
De le fiere sicuro andavi appena ,
Ne forra avevi a maneggiarne i* arco ,
£ le agresti saette i or che si lagna
La misera, e rinfaccia i sordi Numi,
E stanca i nostri tempj , e i muti altari
Tu godi ajtcro infra le trombe e i gridi
i i
• ■
i
IM TfBAiDE di Stazio
De le battaglie» e mentre te non cari» t
Tu morrai solo a V infelice madre .
Ciò detto , cinta di purpurea nube ,
(Per non essete alraen discesa indarno
Ad onorar del giovane la morte )
Ov'è lo stuol più folto^ ella si mesce %
Ma ptia d$ la faretra i lievi, dardi
Toglie al folle garzone, e la riempie
Di celesti infallibili saette.
Quindi il cavallo , e *i cavaliero asperge
D* ambrosia , e vuol che sino al punto estremo
A* colpi ostili impenctrabil restii
E i sacri carmi , e i mormorii vi aggiunge
Ben noti a lei, che ne* notturni tempi
Entro le grotte a le profane maghe
01' insegna , e addita lor 1* erbe nocive -
Allor Partenopeo tendendo l'arco
Scorre per tutto , ne ragion i* affiena .• •
Già la Patria, la madre , e gii se stesso
Posto ha in obbllo ; ma più feroce, cardilo
Usa soverchio de' celesti dardi .
Qual tenero leon , . cui ne la grotta
La madre arreca il sanguinoso pasto,,
Appena sente svolazzar la giuba
Su T altera cervice , e torvo mira
Pi rovelP utfghia il fiero piede armato,
Sdegna d'esser nudrito, e per li campi
I
t 2-1 t d IX. 1 3 3
libero scorre, e gli antri angusti obblìa *
Chi potrà raccontar , giovane ardito,
Color , che da rtfoi strali ebbero morte ?
Corebo Tanagrèo cadde primiero ,
Passando il dardo per angusta via
Tra Torlo de lo scudo >> '1 fin de V elmo*
Gli sgorga da la gola a rivi il sangue,
E il volto acceso ha del divin veleno .
Più crudelmenre ad Eciòn trafigge
Tripartita saettà il manco ciglio :
Ei fuor la tragge insiem con V occhio > e corre
Contro del feritore a far vendetta .
, Ma che non.pon l'armi celesti? Un nuovo
Strale vola per Taure, e l'altra luce
Colpisce,. e tutto se gli oscura il giorno!
Egli pur segue furioso , dove
Il nemico rimembra, infin che d'Ida
Nel cadavere urtando , inciampa , e cade :
Qui fra le stragi il misero si giace
Palpitando , e fremendo , e a dargli morte
E ì suoi Tebani, e gl'inimici invoca.' ;
D' Abante i figli a questi aggiunge i il bionda
Argo chiomato, e di lascivo amore
Il bel Cidòn da l a sorella amato. .
Ieri del primo il ventre, c dei secondo
Con colpo obbfi<juo penetrò le tempie.- „
ia passò il ferro , e qua restar* le penne y .
ti
13 4 TEBAIDE pi STAZIO
P da due parti # caldo sangue uscio .
Chi da quei dardi può fuggir la morte ?
Non Latno la beltà, Ligdo le bende,
Né I B età giovanile Eolo difese :
Ne T anguinaglia Ligdo , in volto Lamo ?
Eolo è ferito ne la bianca fronte .
Un la scoscesa Eubca , V altro produsse
Tisbe nudrice di colombe 5 e il terzo
Voi più non rivedrete , o verdi Amicle.
Colpo in fallo non vibra > e teaza piaga
Strale non parte , nè la man si sranca ;
Ma il primo fischio d* un volante dardo
Segue il secondo # E chi mai creder puote t
Che tanto faccia una sol destra , un arco ?
Or per lo dritto fere , ora inquieto
A destra, ed a sinistra i colpi alterna.
Fugge talor, ma chi l'incalza mira
Solo con T arco , e i dardi a tergo scocca; ?
E già maravigliandole mossi a sdegno
S/univano i Tcbani ; ed Anfione ,
Che il sangue tragge dal Rettor de* Numi t
Cui fino allora erano srate ignote
Le stragi , onde il garzon riempie i campi ,
Primo a lui si fa incontro , e lo minaccia t
E fino a quando differir la morte;
Speri, o fanciul , che dei lasciare in pianto 4
E di te piivi i genitori afflitti ?
v
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Libro IX. 1 3 >
Tanto T ardire in te cresce , e I' orgoglio ,
Quanto fra tanti un sol guerrier non degna
Tcco ( perchè minor) provarsi in guerra,
E sei de l'ire nostre indegno oggetto.
Torna in Arcadia» e in fanciullesche guerre
Scherza co' tuoi compagni : in questa arena
Marte ferve davvero , e non da giuoco .
Che se pur brami di funesta fama
Ornare il tuo sepolcro , e il cener freddo ;
Ti fia concesso. Morirai da forte.
Da stimoli più gravi il scn trafitto
Gii buona pezza d' Atalanta il figlio
Ardèa di maggior* ira , ed al Tcbano ,
Che non taceva ancor , fiero rispose :
Troppo anche tardi a Tebe l'armi io porto
Conrra si vili schiere. E chi c cotanto
Fanciul , che contro voi pugnar non possa?
Non i Tebani tuoi , ma in noi tu vedi
La gran stirpe d' Arcadia , e il fiero seme
Di valorosa infaticabil gente.
Ne i taciti silenzj de la notte
Me già non partorì ministra a Bacco
Madre profana : di lascive mitre
Noi non orniamo il crin ; né con infame
Destra vibriamo i pampinosi Tirsi.
Io pe' fiumi gelati a gir carpone
fanciullo appresi, e de le immani belve
I 4
13* TeIìaide di Stazio
Osai entrar ne gli orridi covili .
Che più? La madre mia di ferro, e d'arco
Va sempre armara . I genitor' fra voi
Solo sanno suonar timpani, e bossi.
: Più non soffrì Ànfion , ma grate dardo
jVibrogli al, viso; al balenar del ferro
Spaventato il destrier lanciossi in fianco ,
E se da motte, e il suo signoc sottrasse,
E cadde a yitotd U sitibondo colpa. .
Quindi Aqfion viepiù sdegrioso il ferro
Ignudo s dilìge , ed al garzon si avventa !
|Ha Cintia allor sviatamente in campo
Si fé' vedere , e al suo furor s'oppose.
Tra i seguaci de V Arcade garzone
Stava Dorceo Menalio , e n era amante >
Ma di pudico amore, a cui ia madre
Le guerre , i suoi timori^ e gli anni audaci
Dati avea in cura de l'amato figlio.
Sotto sembianza di costui, la Dea
Così parlò: Partenopeo, ti basti
Turbate aver sin qui le Tirie schiere
Assai per te si è fano : a la dolente M..
Madre perdona , e a' tutelari Numi .
Non piegossi il garzone > e a lei rispose,.
Lascia, fido Dorceo (ne pia 'ti chieggio)
Deh lascia almen , che costui solo abbatta,
Ch' emula: co' suoi dardi i dardi raief, .
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Libro
• I
IX.
i*7
■ a
Che come me s* adorna , e sul destriero
Alto s'asside, e scuore il fren suonante.
Mie fien le briglie , e le acquistate spoglie
Saranno appese di Diana al tempio,
E la farètra donerò a la madre ,
Malgrado del suo duol Cintia .sorrise
Al semplice parlar del giovanetto .
La vide Citerei , che allor del cielo
In parte- più remota > e pili segrera
Tenea fra le sue braccia il Dio guerriero 3
E rammentava al suo feroce amante
I nipoti d' Harmonia , e Cadmo , e Tebe •
Prende scaltra il suo tempo , ed opportuna
L'interno duol, che dentro il cuor si ceia,
In cotai detti fra gli amplessi esprime
Vedi , Marre > costei fatta orgogliosa
Per sua verginità, che ne* tuoi campi
Tra i guerrieri si mesce j osserva come
E le schiere, e le insegne ordina, e regge.
Ne contenta di ciò , di nostra gente
Ve' quanti manda innanzi tempo a morte
A costei la virtù dunque e concessa ?
Di costei è il furor ? A te sol resta ^
ferir co' dardi le silvestri damme.
Da sì giusti lamenti il fiero Nume
Mosso a 1' armi seti corre , e mentr' ei scende
Per lo vano dei cielo , ha sola al fianco
.*
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• *
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/;
I
»
138 Toatde pi Stazio
V ira ; gli altri Furor' sedano in guerra •
Appena giunto , minaccioso sgrida
La sconsolata Dea : non a te Giove
Diede le guerre, temeraria, e tosto,
Se tu non pam dal sanguigno campo ,
Vedrai , che a questo braccio , e a questa destra
Bellona stessa non può dirsi eguale .
« Or che farà? Quinci di Marte il brando,
Quindi gii colmo del fanciui io stame
La preme , e il volto del Tonante irato ,
Cede essa ai fin da la vergogna vinta j ».
E Marte allora infra le schiere sceglie
L'orribile Driante a la vendetta.
Dal torbido. Otiòu nacque costui »
£ del gran genitor 1* innato sdegno
Contro i seguaci di Diana sciba; .
Questo e del suo furor prima cagione?
Quinci gii Arcadi turba , e i loro duci
De r armi spoglia : cade a lunghe file
Il popol di Cilene, e de l'opaca
Tegca gli abitatori j e i capitani
Fuggon d'Epiro, e le Fenèc falangi.
Spera Partenopeo mandate a morte,
Anche costui; e pur la- destra ha stanca.
Né più le forze intere, e benché lasso >
Or questa turma , ora queir altra ^infesta .
Mille prcsagj del vicino Fato,
t ■»
, v l I B K o ne. . I 3 9
E una tetra caligine di morte
Gii si presenta. Già pid raro, e scemo
Scorge suo stuolo , e il ycro Dotceo veoW
Sente, eie a poco a . poco . i{ y jgór manca,
t la farètra ornai di dat<U U. vuota ;
Può P armi appena % sos tenere « ^WioU
Si conosce fanciuì : ma quando * lai
V otribile ptiante appresentossi ' c^Kb {s.*\
risplendente scudo, un tremor fredda
volto , e per Je viscere gli scorse .
Qual bianco cigno , che venir si vede
Soyra del capo il grande augel„ che a Giov*
JLe folgori ministra; entro ie sponde v ^t,
Vorria celarsi di Strjmon sotterra, 1 T^P? '
Ed i timidi vanni al petto stringe;.
Tal di Driante in rimirar la mqle \
V Arcade 4* ira non s'ac^enòV^ e sente
Un insolito orror nu^tfò/. di morte.
Pur tarmi appresta pallido, .ed invano
\ is/tmi , e Cincia invoca, e l'arco tendo
Sordo , e t impotente, e la saetta appresta?
Tira indietra la destra , e la sinistra
inge , e ie due corna unisce ,
E C ° n ^^^^ a se §** tocca P ctt0 *
Ma più vilocfc del Telano it~d*rdo
Vola con tra il' neri W. i dei sonoro.
Nwo recide rincitfyat© «odo, 1
V
f
14° Tubai de di StazÌÓ
E rende vano il colpo, e indeboliti
Le mani r c l'arco rilassato, a terra
Cadono inutilmente le saette .
Lascian queir infelice e il freno , e F armi 3
Impaziente ^de V acerba piaga , «'
Che ne Tornerò destro lo trafisse.
Ed ceco un nuoyo sttal giunge, e trapassa
La delicata pelle , e le ginocchia
Tronca al destriero > ed il fuggir gli toglie**
Ma ne lo stesso tempo. ( Oh maravigliai)
Cade Driante , e l'uccisore è ignoro;
Ma son note le cause, e gli odj antichi.
Riportan mesti il lor signor ferito
Tra le braccia i compagni , éd ei si duole
(Oh semplicetta età!) più del destriero,
Che di se stesso : sciolto l' elmo cade ,
Qual fior reciso, il suo leggiadro volto $
E ne' languidi lumi, e moribondi
Spira la venustade, e manca il riso.
Tre volte , e quattro sollevargli il cap%
Tentai* gli amici, ed altrettante il. collo
Ricusò sostenerlo . Il bianco petto
Sgorga purpureo sangue , anche a* Tcbani
Lagrimevol spettacolo , e funesto .
Tai voci infine da IVsangui labbra
Mandò interrotte da' singulti estremi .
Noi già manchiam : vanne Dorceo , e l'affli era
( •
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Libro IX. 141
Madie consola . Cerro io so ( se il vero
predicono le cure) essa nel sonno
Già la mia morte, o fra gli augurj intese.
Ma vanne cauto, e con pietoso inganno
La tien sospesa ♦ ne affrettarti , e tosto
Non darle il tristo annunzio , e quando parli,
Guarda che Tarmi essa non tenga in mano.
Ma quando al line vi sarai costretto j
Cosi pari* in mio nome a l'infelice:
Madre , del mio fallir pago le peuc ,
Che rapii 1* wttni ancor fanciullo, e sordo
A* tuoi consigli fui , ne mi ritenni i
Ne a mia salute ebbi per te riguardo,
Nè perdonai al tuo dolor . Tu vivi ,
Vivi , e piuttosto il nostro ardire a sdegno
Muovaci , che a pietade , o ornai deponi
Il superfluo timore . Invan da i colli
Di Liceo miri % se da lungi scorga
Il mio drappello alzar la polve , o il suono
Se senta almen de le guerriere trombe .
Io giaccio freddo al terren nudo in braccio;
Nè tu chiudermi i lumi, e almen gli estremi
Spirti raccor con le tue labbra puoi .
Pur questo crine ( ed a tagliar V offerse )
Questo mio crine , che tu ornar solevi
Contra mia voglia , o genitrice , avrai
Del corpo invece . A questo dona il rogo.
/
i4i Tra ai ne di
Ma ne l'esequie mie deh ti ricorda *
Che con mano inesperta altri non osi
Spuntar le mie saetti, ed i diletti
■Miei cani alcun più non adopri in caccia ;
guest' armi infauste he la prima" guerra
Abbian le fiamme» o se ti piace» in donò
©e l'ingrata Diana appendi al tempio 4
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Lì B R O X.
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SOrsc V umida notte , e' il sole ascose
Innanzi tempo ne l'Esperie porte *
Per comando di Giove . Ei già non sente
De le Tebane , o de le Argive schiere
Pietà; ma iien gli 4»oI di tante genti,
Senza colpa > e straniere il grave scempio t
Per molto sangue apparve ailor del campo
OrribiI la sembianza , e I* armi sparse
Giaceano , e i buon destrier* , su cui superbi
Andar poc' anzi , e senza rogo , e romba
Abbandonati i eorpi , e i membri Incisi .
Con le lacere insegne , e senza pompa
Si dividon le schiere, e son le porte,
Che tur strette a l'uscir, larghe al ritorno.
D'ambe le parti è lutto; te pute in Tebe
Senton conforto in rimirar fra i Greci
Gir quattro squadre erranti , e senza duci, »
Di navi in guisa in burrascoso mare
Prive de* ior nocchieri , e abbandonate
A* Numi, a la fortuna, a lé tempeste 4
Quindi di non tornar entro Te -mura
Prendon consiglio, ed osservar, ehc i # Greci,
Contenti solo di salvar le vite,
144 Tejjaide di Stazio
Moti fuggano notturni entto Micene .
Si dà l ii nome pel campo» e son le scolte
Per ordine dispòste , ed a vicenda .
Fu tratto a sorte in quella oscura notte
Per capitan Megere, e a lui s'aggiunse
Spontaneo Lieo : al comandar de^duci
Tosco s' apprestan 1' armi , e i cibi , e i fuochi;
E il re, m*ntr*essj yan, viepiù gì* infiamma ?
Vincitori de* Greci (il nuovo giorno
Non è lontano, e non saranno eterne
Queste, che li salvar* cieche tenebre)
Accrescete < 1' ardire , e i forti petti
Mostrate eguali al gran favor de* Numi .
Già là gloria di Lerna è in tutto spenta ,
: E caddero* i migliori : entro I' Inferno v
De la sua immanità porca le pene
li barbaro Tideo: del Greco vate
L'ombra improvvisa fé* stupir la morte t
Gonfio è V Ismene) de le spoglie opime
D* Ippomedonte , e ,Y Arcade garzone
Degno non e , che fra i trofei si conti.
Stan ne le destre i premj : ji campo ostile
Pili non apparirà fiero e temuto
Per sette aurei cimieri , e sette duci .
Potse d'Adrasto la cadente etadc
Può ritenerci , o il mio frate! peggiore
Ne la sua giovanezza, o pur l'insano '
Sconsigliato furor di Capanco I
Che pid dunque si rarda ? Ite, cinoete )
Di vigilie, e di fuochi i vinti Argivi :
Nullo di essi timor-.- voi custodire
Le vostre prede, e Je ricchezze Vostre .
Con raii detti i cuor* feroci accende,
E Je fatiche a rinnovar gli spinge .
Di polve aspersi, di sudor , di sangue
Molli, e deformi ancor , tornano indietro.
De gli amici gl'incontri, e le parole
Soffrono appena, e le consorti, e i figli
Respingono da i baci, e da gli amplessi.
Divisi in turme , d'inimici fuochi
Cingon per ogni parte il gre co vallo ,
A fronte, a tergo , a 1* uno , e a 1' altro fianco l
Così rabbiosi, ed affamati lupi,
Che invan le prede ricercar ne* boschi ,
Dai digiun spinti a le rinchiuse stalle
Vengon fra V ombre in is<juadron ristretti
Il belar de gli agnelli, e il pingue odore,
Che fuori n'esce, le narici pasce
V* vana speme, e poi ch'altro non ponno ,
1 10 ;; n ***** ]c P^te e l'unghia, e il dente ]
Ma d altra parte de le donne d' Argo
supplichevol turba a i Pat rj altari
Prostrata implora da Giunone aita,
£d il ritorno de' consorti amati .
— — j— ^ »
li' >
Ttb. di Staz, Tom. IL
14* Teb-aìoe pi Stazio
Tcrgon le pince soglie , e i freddi marmi
Col cria disciolto , ed adorare i Numi
Insegnano a' lor figli . Il di si spense ,
Ma non céssaro i voti > e ne la norte
Vegliar'nel tempio, e rinnovato i fuochi\
A la pudica Diva offrirò in dono,
Degno di Jei , regio purpureo maoto ,
Di cui mano infeconda , o dal. marito
Donna disgiunta non tessè il lavoro:
In vàrie guise ricamato , e pinro
V ostro risplende, e folgoreggia Toro.
Ivi. ella stessa non sposata, ancora,.
Ma promessa ai. Tonante , ed inesperta
Di talami , e di nozzej e che ben tosto
$ta per deporre di sorella il nome ,
Con gli occhi bassi semplicetta» e schiva^
liba di Giove .pargoletto i baci,;
Da' suoi furtivi amor' non anche offesa,
Di^ cotal veste il simulacro santo
Ornar* le donne , e fra i singulti, t i pianti
Dal profondo del cor .cosi pregato .*
t Mira del cjel regina i tetti, e mira . .
De la Tebana mererrice il nidoi
Strugi l'infame tombale con tra Tebe
Scaglia ( che ben lo puoi ; fulrain novella *
Or che farà ? Sa ben , che a' Greci suoi
Sono i Fati contrarj , e Giove irato j.
r
L I b A O X. l+j
Ne vorrebbe però mostrarsi inarata
A tante preci, a cosi ricchi doni.
Ma il tempo a lei l'occasione appresta
Di memorabiJ fatto : essa da V alto
Vede le chiuse mura , e il vallo Arsivo
Di vigilie , e di fuochi intorno cinto ,
Punta da sdegno , innorridl il sembiante ,
E scosse il crine, e il venerabil serto.
Non di tant' ira arde, quando d'Alcide
Alcmena vide avere il sen fecondo ;
Né quando, suo malgrado, i due gemelli
Innalzò Giove a popolar le stelle .
Dunque risolve di mandare a morte
Da intempestivo sonno i Tirj oppressi .
Iride chiama , e de gli usati raggi
Fa che si cinga, e quanto occor le impone
Ubbidì a' cenni la leggiadra Dea,
F giù dal cielo si strisciò per l'arco.
Cola dove la notte albergha , e giace
Fra caligini eterne , ove han soggiorno
Gli Orientali Etiopi, s' inoalza
T T
un pigro, e a gli ascri impeneorabil bosco ,-
Sotto f ta cave tup i un antro s'apre
Nel vuoto .ooate. A p ozioso Sonno
Ivi la reggia , ed il s i curo a i betgo
Die la stanca natura : in su le soglie
Stan la Quiete opaca > e j, lenw Q b|)Uo .
M 8 Xeb aidp. di Stazio
E U languida Ignavia, e non mai dettar
Oli Ozj,% i Silenzj senza batter penne
Siedon muti ne l' atrio , e lungi scacciano
I rumorosi Temi , e foglia in ramo
Non lascian che si scuota , o che augel canti.
Itì del mar, benché per tutti i U*
Romoreggi d'intorno, ivi iti cielo
Non si iente il f'agor i *• ««? fiame »
che va scorrendo le viene vali».
vicino » V antro , infra gli scogli , e 1 sassi ,
II mormorio sospende: i neri armenti
A rena stesi, ed ogni gregge giace;
Languiscono d'intorno i nuovi fiori,
Ed un rerreo vapor 1' erbette aggrava .
Egli riposa sopra molli coltri , • -
Scarco di cure nel muscoso speco
Di sonnacchiosi fior' rutto copetto:
Gli trasudan le vesti , e il corpo pigro
Scalda le piume i un vapor nero esala
Da l'anelanre bocca} il cria sostenta,
Da la sinistra tempia in giù cadente. »,
Con una mano i abbandonato il eorno
Cade da i* altra,- misti a' falsi i veri ,
A' tristi i He» stangli intorno i sogni
Di varie innumerabili sembianze,
Tenebroso corteggio de la notte :
Sono a guisa di pecchie a' travi afSss. ,
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J 1 B R O X. 14^
O su le porte, o scanno al suol distesi.
Pallida rheertà luce intorno a T antro
Moribonda s'aggira, c moribonde
Son le lucerne , che al primiero sonno
Con tremolante luce invitan gli occhj.
Da le cerulee sfere in questa grotta i
Scesce la vaga Dea fregiata , e pinta
Di ben mille colori : *al suo passaggio
Si rischiarano i boschi, e si rallegra
L* ombrosa Tempe : il sonnacchioso albergo
Da* rai percosso de* lucenti globi
Dal sopot si risveglia , e si riscuote .
Non però si risente il pigro Sonno .
A la luce, al rumore, ed a la voce,
Ma ne lo stesso modo e russa, e giace:
Tinche con tutti i rai ne le pupille
Oppresse , e gravi lo feri la Dea :
Indi in tal guisa a favellar gli prese:
O Sonno , o placidissimo fra i Numi ,
La de' nembi regina , o produttrice
Giunonea te mi manda , e vuol che gli occhj
De li Sidonj duci , e de la fiera
Gente di Cadmo in gran lerargo opprima :
De 1' empia gente , che superba e gonfia
De T esterno trionfo , il vallo Argivo
Osserva , e cinge , e le tue leggi infrange j
Non ricusar di tanta Diva i preghi ;
■t 1
>
ijo Ti d ai de 01 Stazio
T^an son questi onori ; e ben tn puoi
Per lei sperar renderci* amico Giove .
Cosi dice, e lo sgrida, e perch'ei senta,
Tre voice, e quattro gli percuote il petto,
Egli a* comandi , sonnacchioso , e ottuso ,
Solo col capo d'ubbidir fa cenno.
Iride ailor da quell'oscura grotta
Esce aggravata da' vapori > e i rai
Umidi, e quasi spenti accende al giorno*
li Sonno intanto accelerando i passi,
E de le tempie dibattendo i ranni ,
Fatto del manto un seno , entro y* accoglie
Le fredde nebbie de V ombroso cielo : .
Poi taciturno va per l'aria a volo,
E già tutto sovrasta a i Tir] campi •
Al grave respirare , al pigro fiato
Cadono al suol distesi augelli, e fere,
E greggi , e armenti, e ovunque ci gira il volo^
Languido nel suo fondo si ritira
Il mar da' scogli , ed ha co* venti pace :
Van più lente le nubi , e le alte cftnc
Piegan le selve , e fur veduti a terra
Cader molti astri dal sopito cielo .
A T improvviso orror si accorse il campo
De V arrivo del Nume , e ì gridi , e i fremiti
Dei vulgo militare a poco a poco
Andar* cessando , e si abbassarle voci.
Libro X. ' i J I
Ma poi che tutto si posò su loro^
Con 1* umid' ale , e che distese 1* ombre
Non mai più dense ne le Aonie tende ;
Si aggravargli occhj , e s'inchinaro i /colK?
E restar' tronche le parole a mezzo:
Indi gii scudi rilucenti, e i pili
Cadder di mano , e sovra il petto i capi ,
E già tutto è silenzio, e il campo tace.
Più non Yeggonsi in piedi i buon destrieri ,
E un cenere improvviso i fuochi estingue .
Ma sovra i mesti , e timotosi greci
Tanta quiete non diffuse il Sonno ;
E la forza piacevole del Nume ,
Per la notte vagante , i nembi oscuri
Allontanò da' padiglioni afflitti ^
Stan d'ogni parte in arnie , ed hanno a sdegno
L'indegna notte, e i vincitor* superbi .
Quando Tiodamante , il petto invaso ,
E da' Numi agitato , ecco repente
S* accende d' un furor , che ii*preme, e sforza
Con orribile strepito» e tremendo
A rivelate i Fati? o in lui Giunone
Tai sensi infonda , o al vate suo novello
Benigno i detti ispiri, e airida Apollo,
Terrrbil ne la voce , e ne 1" aspetto
Se ne va in mezzo al campo impaziente
Pel Nume, che l'invade, e che '1 ricmpieV
iti Tsbàide di Stazio
Di cui non c capace il petto angusto .
Stimolato dal Dio suda , ed anela ,
£ T interno furor nel volto appare
Talora impallidisce , e ralor tingtf ;
D' incerto sangue le tremanti gote 5
Travolge gli occhj , e l'agitato crine
Misto a le bende gli flagella il capo *
Tal da ^li aditi orribili , e tremendi
Cibele tragge il sanguinoso Frige ,
E de le braccia lacerate e incise
Le ferite nasconde: egli col pino
percuote il petto , e la sanguigna chioma
Agita, e scuotere de Je piaghe il duolo
Disacerba col corso: i prati intorno
N'hanno terrore , e il pino stésso aspetso
Di sàngue , ed i leon traggono il carro
Cón maggior fretta attoniti , e confusi •
Giunge egli intanto al venerando ostello >
Ort stanno le insegne , e del Concilio
Ne la sala più interna , ove dolente
Per tante stragi , ed i perigli estremi .
Esaminando , invan consulta Adrasto .
Siedono a lui d' intorno i nuovi duci
Più congiunti a gli estinti , e gli alti scanni
Vedovi fatti di si grandi eroi 1
Occupan mesti , ed han dolor» che a tanto
Onor gli abbia innalzati un tanto danno*
t I 3 H O X. M3
In CotaL guisa se interrompe il coeso >
Morto il primo riocchier vedova nave,
Tosto prende il timon colui, che in cura
Avea la prora , o il fianco , e ne stupisce
Lo stesso legno abbandonato , e tardi
Ubbidiscono vele, arbori, e sarte,
E il Nume tutelar non siede al fianco
De V inesperto condotticr novello .
Ma il vate incanto i dubbiosi Achivi
In questi detti a miglior spene accende :
Gli ordini venerabili de* Numi ,
E i*lor consigli vi portiamo, o duci.
Nostre non son le voci : a voi favella
Quegli , a cui mi donaste , e le cui bende
Vostra mercè, lui consentendo, io ciniTO .
Qtiesra mandano a noi notte opportuna
A le grand' opre , ed a le insidie i Numi,
La virtdde c'invita, e da noi chiede
La Fortuna le destre : in erave sonno
Posa l'oscè Tebana 5 or vendicate
Gii estinti regi, e l'infelice giorno.
Su 7Ìa, Tarmi rapite, e de le porte
I ritegni spezzate ; in questa guisa
Appresterem degni sepolcri, e roghi
A" * • •
1 corpi esangui de' compagni uccisi.
Io certo vidi ne l'estrema pugna,
Quando più afflitte eran le cose . e il rxrg
Ij4 TètoAiDk di Stazio
Davamo a vincitori , vidi (e il giura
Per i tripodi saeri , e per V onore
Del nuovo sacerdozio,} a nie d' intorno
Volar con lieti vanni augei felici.
Ma certo tira ne son . Quale discese
Sotterra Anfiarào , tale mi apparve
Fra il notturno silenzio. | destrier'soU
Iran tinti da l'ombre; io non vi narro
Notturne larve , e non racconto sogni •
Egli così mi disse : adunque invano
Lascerai tu, che i pigri Greci (rendi
A me le bende , e gli affidati Dei ) w
Perdan cotanta notte? O di me indegno
Degenerante successore ! I Voli
Così apprendesti de gli erranti augelli, ,
E gli arcani de gii astri ? A che più tardi ?
$* vanne , e almen di me prendi vendetta .
fìì , disse, e mi sembrò che a queste soglie
M'incalzasse con l'asta, e con il carrò .
^Ubbidiscasi dunque a i Numi intanto ;
.Non fia d* uopo pugnar nel sonno immers*
Giace la guerra, e incrudelir n' è dato.
Ma chi vien meco? E chi sarà che sprezzi,
Invitato dai Fati, in sì grand* opra
Fregiare il nome suo d'eterna fama?
.Ecco di nuovo i fausti augelli t io seguo
;ii lieto augurio, anco* che ogni altro cessi i
I I » * O X. f j y
£ vado solo; ceco il suonar de' freni
Di nuovo sento , e il gran profera io veggio.
Cosi gridando in gran tumulto mette
La notte, e il campo, c già son tutti accesi
( Qua/ se un medesmo Dio rutet riempia )
I maggior' duci , e già tori tutti mossi:
Voglion seguirlo , e accomunar le sorti .
Trenta cine sceglie i piti robusti , e audici ,
Nerbo, e vigor dei campo. A lui d'intorno
Fremono altri , e dt restar negletti
Recansi ad onta in ozio vile , e lento:
Altti la stirpe illustre, altri de* suoi
Rammenta i gesti; altri le proprie imprèse.
Altri voglion, che i nomi insiem confusi
Si commettano al caso, e chiedon l'urna.
Quale il signor del generoso armento
Cola di Foloe su l'eccelse cime,
A cui son nati al rifiorir de 1' anno
J nuovi parti , e rinnovato il gregge ,
Gode in miratli , altri per ardue coste
Gir saltellando, altri nuotar ne' fiumi ,
Altri emulare i genitor* correndo :
Indi tranquille, in suo pensicr rivolge
Quale al g\ ogo destini , e crual sul dorso
Vaglia a portare il cavaliere , e a l'armi
Qua! si* nato, .ale trombe, e guai prometta
Ne V arena acquistar le palme Elie *
T
1^6 TlB AIDE DI StÀZlO
Tal era allor fra i Greci il vecchio .Adrasto;
Ne già manca a 1* impresa , e cosi esclama:
E donde in noi si tardi , e sì improvvisi
Scendono questi Numi ? E quali siete ,
O Dei, che* a -riveder le afflitte cose
D'Argo tornare? E forse il nuovo ardire
Una virtù infelice? O pure in noi
-Jerve 1' antico sangue , e ce l' ispira
De gli avi nostri il generoso seme
Io certo approvo * o giovani feroci,,
Vostro nobil tumulto, e men compiaccio
Ma noi tentiam notturna insidiosa
Guerra, e convien che stiano i moti ascosi i
E può la turba discoprir l' inganno .
Conservate 1* ardire : il nuovo giorno
Vendicator si appressa ; allor palesi
Saranno l'armi, allora tutti andremo:
Con tali detti li raffrena, e molce.
Non altrimenti avvien , quando il gran padrfi
Eolo incatena imperioso i venti, - •'"
Ch' erari già pronti a por sossopra il mare ,
Ne l'antro noto, e con il sasso. chiude
La porta, e lor divieta ogni altra strada.
Sceglie allor per compagni a l' alta impresa
Tiodamante il gran figli uoJ di Alcide y
Agilleo , e il saggio Attorre : e questi esperta
Nel facondo .parlar : quegli presuma
Libro X. 157
Essere per vigor eguale al padre .
Ciascun di lor dieci guerrieri ha seco ,
Turba ai Tcbani orribile, e fatale.
Quando ancor stesser desci . Il rate intanto,
Che di furtivo Marte al nuovo assalto
Sen va inesperto , le adorate frondi
Di Apollo scioglie, e le depone in gtembo
Del re canuro , e il sacro onor gli affida
De la sua fronte, e la corazza, c Telmo,
1
Dono di Polinice, intorno cinge.
Ma il fiero Capanèo , che prende a sdegno
Usar le frodi, ed ubbidire i Numi,
Del pesante suo brando il fianco aggrava
Al condottiero Accorre i. ed Agillèo
V armi cambiò con il feroce Nomi •
Ed a che prò fra l'ombre incerte gli archi,
E l'armi usar de l' immortai Alcide?
Ma perchè lo stridor de 1' alce porte
Lungi non si oda , da i ripari a sairi
Precipitato, ond' era il campo cinto;
Ne molto andar', che ritrovar* distesa
Immensa preda . Ivi di morti in guisa
O come prima da più brandi uccisi ,
Giaceano i Tcbani . Il vate allora
Fatto sicuro , ed alta voce esclama : •
Ite, o compagni, d'inesausta strage
Ove il piacer vi alletta: ite, vi prego,
l$t Tèdaide di Stazio
£ siate eguali al gran favor de i Numi l -
Eccovi tutte oppresse in vii letargo
le inimichc coorti . Oh nostro scorno!
J questi osa? cinger 1 # Acgivo campò,
D* assedio intorno ? Essi tenere a freno
Tanti invitti guerrieri? £i cosi dice, .
£ il ferro tragge fulminante , è il pasta
Sul moribondo stuol Con man veloce .
Chi può Je stragi annoverar? chi i nomi ,
Rimembrar de gli estinti? I terghi , e i petti
Senz' ordine .trafigge , e dentro gli elmi
Lascia rinchiusi i gemiti , e nel sangue
f anime intorno erranti hmem * confonde .
Quegli che giace sopra molle strato,
Questi che tardi cede al sonno, e cade
$ovra lo scudo, e male i dardi impugna i
-Altri distesi fra le tazze, e l'armi,
Altri inclinati su le targhe, come
Ciascuno aveva in feral sonno oppresso
V infelice sopor , l'estrema notte *
Tutti senza pietade ci manda a mori*;
Né lungi è il Nume: Giuno , ignuda il braccio;
Curva fac* sospende , ed il sentiero
Rischiara , e i cuori accende. , e i corpi addita,
Tacit# sente , che la Dea gli assiste
Il sacerdote , e il suo piacere occulta :
&a già Tenta d la man , gii il ferco ottuso.
Digitized
> I
vacillanti ih ante stragi J* ire .
In cotal gujf* fiera tigre Iccana ,
Che ha fatto* scempio idV maggiori armenti ,
Poiché dMmmenso' sio^t , U Yitntre immane
Ha già satollo, e 'le mgsctjle stanche,
£ le macchie del Tello immonde, e guaste
Da la putrida strage i il suo morto
Contempla, e duolsi che mancò la fame i
Tal ne 1* Aonio srrazio il sacerdote
Intorpidisce , e cento braccia * e cento
• Mani di aver desia : già già gì" incresce
Perdere Tire invano , s di gii brama,
Che sorga V inimico a giusta guerra ,
Pa V altra parte li Tebaui uccide
D'Ercole il figlio, e da quell'altra Attorre,
Ciascuna turba per scntier sanguigno .
Seguc^il suo duce; son« di sangue infette ^
L'erbe, e di sangue un rapida forre nre
Scuote le tende . Fuma il suolo intorno
E r anelar del sonno, e de la morte
Si confondono insieme. Un sol Tebano
Non che il volto inna!zi,o chapra gli occh'j:
Cotanti! sonno gli avea oppressi, e solo
Loro aj>«yj* .motte V ecclissatc luci .
Vedute atei cader 1* estreme stelle ,
Per non vedere il di • fra i giuochi , e i suoni
Inni cantando in su la cetra a Bacco
\
°Ì6€> 'TtHAlDE DI STÀZrO
Alcmcno , allot che il collo alto sopore
Gli fe* cader su la sinistra spalla,
£ su la cetra il capo: Agilleo il fere
Al petto , e la man punge unita al plettro:
Tremar' le dita , o fer suonar le corde .
Turba le messe un liquor tetro , e un rio«
Scorre di sangue , e misto al sangue il vino
Torna a le prime tazze, a i primi vasi.
Giace abbracciato col fratel Tamiro ,
X il fiero Attor V uccide . II tergo fora
D'Eteclo "coronato il cria di serti,
Tago : Danao d' uu colpo il capo tronca
D*£bro, che il Fato non prevede.- lieta
Pugge la vita sotto l'ombre, e il duolo
De la morte non sente; in sul terreno
timido , e freddo infra le ruote , e il carro
Giacca Palpeto , e i corridori suoi *
Che de 1' erbe natie si facean pasto ,
Spaventava russando: esala il volto ,
Un sucido sudor , e ferve , e anela
Soffocato nel vino il grave sonno :
Beco di lui , che giace , entro la gola
Tiodamante il ferro immerge ; il sangue
11 vino espelle , ed il russar gli tronca ;
porse presaga- la quiete a lui
E Tebe , e il vate avea mostrato in sogno .
La quarta parte del notturno corso
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Libro X. i 6 *
Restava ancora, allor che di rugiade»
Il cielo i campi irrora, e molte stelle
Perdort il lume , e da più ardente carro
Il carro di Boote in fuga è posto .
•Ne pili che far lor rimaneva : quando
Il saggio Actorre al sacerdote volto :
Deh basti (disse) l'insperata gioja
Al Greco campo : ne pur kn da morte
Scampò, ered* io , fra tanca gente -, solo
Se alcuno fra i cadaveri, e fra'I sangue
Non si celò , per conservar la vi l a .
Poq modo a la Fortuna : i rei Tebani
Hanno anch'essi i Jor Numi , e l'onci nostri
Ornai stanchi > da noi prendon congedo.
Ubbidì il sacerdote , e al cielo alzando
Le sanguinose mani , orò in tal guisa .
Queste , che tu additasti, eccelse spoglie^
Premj de ia tua notte , immondo , e tinto
Di sangue ancora ( perocché al tuo Nume
Pei sacrifizio ) io sacerdote fido ,
E de* tripodi tuoi guerrier feroce
A te » gtan Febo , ora consacro in dono .
Se a* tuoi cenni ubbidii , se il tuo furore:
Sostenni, deh sovente in me ritorna,
E 'la mente- m* infiamma . Or noi ri diamo
Crudele onot di sangue , e d* anni tronche t
Ma se avverrà, che. le paterne case
Teb. diStaz.. Tom. il. L
- m
l'I* Tbbaioe df Sdazio
Noi recediamo , e i sacri ccmpj tuoi 5
Memore allor del .roto , o Licio Apollo ,
Da nói chieder potrai cotanti doni
ì A le tue sacre soglie , e tanti torf ,
Quanti per nostra man giacciono estinti .
Tacque ciò» detto: e i forti suoi compagni
Ei richiama da la felice impresa^
Eran fra questi il Calidonio Oplco
E l'Arcade Dimaare, ambi al or regi
Grati, ed ambi compagni, ed ambi a s degno*
Dopo Ja morte loro , avean la vita .
Oplèo. a Dimante favellò primiero:
Dunque , o caro Di mante , e te non cale
De l'ombra errante del tuo rege estinto?
Del tuo signor, che forse é fatto preda
De K cani di Tebe > e de gli augelli?
E che di lui riporterete indietro
A i Patrj Lari ? Ecco la fiera madre
Vi viene incontro , e vi domanda il figlio »
Ma privo di sepolcro il mio Tidéo
Mi tten V alma agitata , e pur le membra
Ha del tuo pili robuste , e come' il tuo
Degno tanto non e de'nostri pianti,
Come xcciso nei bei fior de gli anni .
Ma gire io voglio, e de V infame campo
Cercarlo in ogni parte , entrare in Tebe *
£ualor altrove citrovar noi possa • „
.Librò X. i*i
Àscoltoilo Dimanrc, indi rispose :
Per queste vaghe stelle , e per V erranti
Ombre del mio signor, che a me son Nume,
Ti giuro, ahi lasso, ch'uno stesso arilo:"
Me ancora accende ; ma lo spir:o oppresso
Dal grave lutto richiedea compagno ,
Ed or andrò primiero . E cos^ detto ,
Ponsi in cammino , c verso il cielo alzindo
J.' afflitto volto , in cotal guisa prega :
O Dea , che reggi il cheto orror notturno ,
S* egli è pur ver , che in triplicate forine
Il Nume muti , e ne le selve scendi
Sotto altro vottò ; cjuel già tuo seguace ,
E de' tuoi boschi alunno 1 , il tuo fanciullo
( Or io riguarda almen ) quello si cerca .
Abbassò il carro allor la Diva , e i corni
Di maggior lume accese , e con un raggio
Addito lot de* regi i busti esangui ;
Scoprirsi Cicerone, i campì, é Tebe.
Così cjualor tuonando irato Giove
Smezza l'aria noteurnj , c l'atre nubi
Sen vanno in fuga , ed ti baleno e al lampo
Chiari v eggon$Lgli astri, e di repente
A gli occhj appare 1' oscurato mondo.
Segui di Cintia il raggio il buon Dimante,
£d Opieo ancora ravvisò Tidèo .
Lieti da lungi de* rrovati corpi
I
ì
I *
TiBAJDF. DI STAZIO .
Si diero il segno, d' uno, c V altro al dolce
Peso del suo signor , come se in vita
Tornato fosse, o a fiera morte tolto,
Sottopongono il dòrso, c non ardiscono
Di piangere , o parlare . Il crudcl giorno
Già s'avvicina, e lo minaccia il primo
Albor, che sp^ta . Essi sen vanno cheti
. A lunghi passi fra i -silenzj mesti ,
E dolgonsi in veder pallide farsi
* V ombre notturne . Oh Fati invidiosi
/ Alle pietose imprese! Oh rare volte
Fortuna amica a le magnanim* opre!
Già vagheggiano il campo , ed il desio
Più vicin lor l'addita, e più leggiero
Lor sembra il peso. Quando polve, e nembo
Vidersi a tergo, c udir' fremito , e suono.
Il feroce Anfione avea la notte
Per comando del re menato in giro
Stuolo di cavalieri. A lui fu dato
De Greci 1* osservar le guardie , e il vallo .
Ved* egli > o pargli di veder da lungi
/ Errar pel campo ( e non v avea la luce
Ancor del tutto 'dileguate 1' <^ibrc )
Un non so che d'incerto , e che rassembra
♦
Aver moto , aver vita : alfin discerne
Ch' uomini sono . Alior l'insidie scopre;
£ olà fermate il passo (altieio grida JL
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I
L i d r o X. i M
(Chiunque siete. Alcun non parla, e cerei
Si palesan nemici. Il tot cammino
Seguon , nè per se scessi hanno timore .
Ei la morte minaccia , e 1' asta vibri ;
Ma con tal' arte , che a f«:rir non vada ,
E d'errar finge. Iva Dimantc il primo,
E il balenar de| fetro innanzi a gli occhj
Gii pa$sò , l'abbagliò, fetmògl'il passo.
Ma non gii invano ianciat volle Epito ,
E feri ad Oplèo il tergo, e di Tidèo ,
Che ne pendeva , trapassò le spalle .
Cade il misero Oplèo né del suo duce
Si scorda , ne morendo 1' abbandona .
Felice lui, che nel morir non vede
Il cadavere tolto > e in questa spene
Scende contento infra Je pallid' Ombre .
$i rivolge Dimante , e il mira , e sente
Stargli già sopra le nemiche schiere :
Dubbioso sta, se preghi, o se combatta 1 .
L'ira l'armi propon.'ma la presente
Fortuna vnol eh' ti preghi > e che non osi.
D'ogni parte è periglio. Alfin lo sdegno
Differì le preghiere . Innanzi a i piedi
Depon l'amato corpo, e 4' una tigre,
Oxid* avea ornato il tergo , il vello avvolge
Al mapeo braccio, e ignudo il ferro stringe
E la fronte rivolge a i' aste , ai dardi,
L 3
I
I
/
jtftf ; .Tebaide di Stazio
/i uccidere , e a morir pronro egualmente .
Qual leonessa in cavernoso monte
Cui cinse intorno il cacciato* Numida ,
„ Sta sopra i figli con incerto core ,
„ E freme in suono di pietà, e di rabbia*
A saltar ne lo , stuolo , a franger dardi
Furor la spinge, amor l'arresta, e sforza
„ A riguardare i figli in mezzo a T jra .
f quantunque Anfion divieti a suoi
l'incrudelir, già la sinistra mano
È tronca a T infelice , e per la chioma
Si trae Partenopeo supino il volto .
Tardi allor supplichevole Dimante
Abbassa V armi , e in cotai -detti prega :
Deh pili miti il traete . Io ve ne prego
Per le cune dal fulmine percosse
Del vostro Bacco -, per la fuga d'Ino, .
E del vostro Paicmonc per gli anni.
Se v* è tra voi, cui scherzin figli' intornò ,
S' evvi tra voi un padre, al giovanetto
Poca terra donate , e poca fiamma .
Deh il rimirate; il volto suo giacente,
Il bel volto vcrv prega . Ah me piuttosto.
Me lasciate a le fiere, ed a gli augelli.
10 sono il reo, che a guerreggiar l'indussi.
Anzi (disse Anfion ) s' hai tanto a, cuore
11 dar tomba al tuo re , tosto ci narra ,
\
-
Libro X. \6?
Quali di guerra volgano Consigli
I timidi tuoi Greci , e vinti , e rotti
Clic preparino ancora , e a te la vita
Diasi, e Ja tomba al tuo signore, e parti.
Dimante inorridissi, e sino a l'elsa
S'immerse il ferro in sen.* questo ( gridando )
Sol manca a mie sciagure , e a tante stragi ,
Ch'io traditore Argo infelice infami:
Nulla compro a tal prezzo, e a coca! prezzo
Lo stesso duce mio nc^n cura i roghi :
E di gran piaga gii squarciato il petto ,
Sopra I' amato corpo si abbandona ,
E fra i singulti estremi morrmorando :
Me ( dice ) almeno avrai di tomba invece #
Cosi de* loro re fra i grati amplessi j
Questa dei pari generosa coppia,
L'Etolo forte, e l'Arcade pietoso
Spiraron l'alme, t sen morir' contendi .
Or voi , nomi già sacri , ancor che sorga
Con minor plettro il nostro canto , andrene
Vincitori de .gli anni , e de V obbllo ;
Ne forse sdegneranvi ombre compagne
Eurialo, e il Trojan Niso , e di lor gloria
Ammetteranyi de gli Elisj a pa rtc . .
Ma superbo Anflòu del sue* trionfo ,
Ad Ereòcle più d' un Messo invia ,
Che novella del fatto , e, de la frode
. , *!^8 Tébmde di Stazio n
Scoperta, e i corpi de' già vinti regi \
Racquistati pur ora ., a lui rfporti ?
Ed egli seg^ ad insultar gli Argivi
Assediati nel vallo , alto portando
A l'aste affisse le recise teste.
Ma da* ripari aveano i Greci inranto
Scorto Tiodamatite , e la sua schiera ,
E in vederli tornar co* brandi ignudi
Di fresco sangue aspersi , il gaudio nuovo
Ricfonda si , che contenet noi sanno .
Alzano d' improvviso al cielo i gridi ,
Pendon dal vallo, e ognuno i suoi Ricerca
Stuolo, d* augelli non pennuti ancora
Cosi in védendo ritornar la madre ,
Bramano andarle incontro, e da l'estremo
Nido sporgonsi infuori , e gii in periglio
Stan di cadere ; ma vi oppone il petto
LÌ madre amante , e co' pietosi vanni
Addietro li rispinge, e li riprende. \
^Or mentre il fatro occulto, e del notturn^
Marte narran P impresa , e in dolci amplessi
Stan con gli amici , e d" Oplco , e diDimante
Van ricercando il rirornar si tardi ;
Con lo stuolo Tcbano ecco Annone ;
Ma non andò di sua vittoria lieto
Gran tempo ; vede d* infinito sangue
Fumar la terra , e eh' una sol mina
*
\
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L i b x o Xi ' i*J*
Ha la sua gente in vasta stFagc oppressa.
Quello stesso terror , ch'uomo sorprende
Del fulmine al cader, quello chi duce
Commosse il petto, ed un sol ortore ■
Mancargli e voce , e vista , e gelò il sangue;
E mentre ci pianger vuol , lo volse in fuga
Volontario il destriero , e lui seguendo
Àlzaro nuova polveri suoi Tebani .
Appena eran costor giunti a le porte
Di Tebe , quando dal trofeo notturno
Fatti audaci gli Argivi uscirò in campo
Su Tarmi, e su le membra a* terra sparse.
Per cataste di morti , e di mal vivi
In mezzo al sangue , e cavalieri , e fanti
Vengon correndo, e con le ferree zampe
Tritan f ossa i destrieri , ed a le ruote
Ritarda il corso il sanguinoso umore.
Ma piace a i Greci Torrido sentiero,
E già lor sembra le Sidonie case ,
Calcar co* piedi , e incenerita Tebe ;
E Capanèo gT instiga : assai (die egli)
Fu , o miei compagni , il valor vostro occulto»
Ora a me vìncer giova j ora, che fi giorno
Testimonio è de l'opra. In campo aperto
Con le grida, e con l'armi a la scoperta
Voi mi seguite, o giovani feroci*
Stanno gli augurj anche in man nostrale il brando»
m
\fO Tebaide di Stazio
Qualor io stringo, ha i suoi furori anch' egli .
Si , dice ; e lieto Adrasro , e Polinice
Viepiù gì' infiamman . Privo gii del Nume ,
Men baldanzoso vico T^odamente . ,
E già sono a ie mura} ed Anfiòne
Narrava ancor la nuova strage j quando
Poco mancò , che non entraron seco
Ne la'infelice, e desolata terra.
Ma Megaréo , eh' a la vendetta stava ,
Chiudi (gridò) chiudi > Guardian, le porte:
Il nemico c'è sopra. Anche talora*
È padre di virtudc un gran timore .
Tosto tutte son chiusele mentre solo
Echiòne a Serrar V Ogigia è lento ,
V* entra io stuol di Sparta . In su ìe prime
Soglie Panopeo cade: ci sul Taigcto
Avea il soggiorno, e seco Ebaio forte
Notator de 1' Eurora . E tu cadesti
De le palestre onore , e maravigli»
Aicidamante vincitor felice
Ne T arena di Neme . A te Polluce
Adattò i primi Cesti j or tu morendo .
Del' lumir*>so tuo maestro miri
La risplendente stella, ed ei per doglia
La volge altrove , e si nasconde , e spegne ..
Te piangeran V Ebalie selve, e il lido
Grato tanto a le vergini Spartane t
i
»
' I
* . - *' Digitized by^Coogle
Libro X. 171
E ii fiume , ove cantò Cigno fallace ,
E le Ninfe Amiclèe grate a Diana,
E colei che a te die le prime leggi
Di guerreggiar , che tu poste in obbllo >
L'abbia cotanto, si dorrà la madre.
Marte cosi sul limitar di Tebe
Incrudelisce; ma 4 H robusto perone , (
E Alimeuide in un, quei con le spaile,.
Questi col petto le ferrate porte
Sforzando a gara i le serraro in fine ,
Non senra pena ; in quella guisa appunto ,
Che fendo* dei Pangèo gì' inculti un tempo
Campi due buoi co' colli bassi, e ansanti.
V utii fu pari 4 danno , Entro le muta
Chiuser molti nemici , e fuor Iasciaro
Molti de loro ; e di gii ii Greco Ormino.
In su le porte i ucciso, e mentre stende
Amintore le mani > e parla , e preg* , \
Recisa la cervice a terra cade «
E cadon seco le parole , e il capo;
Ed il monile, onde fregiava il collo, 1
Lungi balzò su l'inimica arena.
E già abbattuto ii vallo , e le dimore
Prendendo a sdegno , de i pedon' le schiere
Erano giunte a le Anfionie rocche ;
Ma del fosso in mirare il salto immenso *
E il precipizio orribile , e scosceso,
r*7l folUlDE DI STAZIO
arretrano i desrrieri , e paventando ,
Hanno stupor , eh' altri li spinga innanzi .
Talor per gir fann* impero , e talora
Rivolti contro il fren , glransi addietro .
Altri intanto' i steccati, altri i rastrelli,
E i ferrei clausiri de l'eccelse porte
Tentan spezzare f altri con l'ariete
Muovon di luoghb gì' incantati marmi ,
E squarciano le mura . Altri han piacere
In rimirar le fiamme a i tetti accese,
Ch'essi avventaro, ed altri a Time parti
Muovono guerra , e ricoperti , e ascosi
Sotto densa testuggine > a le torri
Scavano di sotterra i fondamtnti .
Ma d'altra parte le Sidonie genti
Fanno ai muri corona (unica ipcne , ,
Che loro avanza di salute ) e aduste
Travi , e lucidi d*rdi , e le piombate
Palle, eh' ardon ne 1* aria , e i sassi stessi
Svelti da i muri, sovra i Greci a piombo
Fanno cadere : orrido , e fiero nembo
Piove da I' alto , e de* forami armati
Volano mille stridule saette .
Come talor pigre procelle mosse
Da i vicin* colli su gl'infami scogli
D* A croceranno , o di Malèa* sospese
Fermatisi accolte in nembo; indi repente
i
* #
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Libro X. 173
Spezzansi > e vanno a flagellar le navi j
Tal da V armi Tebane eran gli Argivi
Da ogni parte percossi , e pesti , e infranti
Ma l'orribile grandine non piega
Gli audaci petti, ed i feroci volti
Sol mirano i- ripari , e sol con gli oechj
Seguono i loro dardi , e de la morte
Non prendon cura . Iva osservando i muri
Anteo correndo sul falcato carro ;
Quando d* asta Tebana impetuoso ,
E grave colpo lo rovescia al piano.
Le redini abbandona , e con un piede
( cfrribile spettacolo di guerra I )
Pende dal carro, e le due ruote, e l'asta
Formati triplice solco in sul terreno .
Va per la polve il capo , e resupini
Pendon dei crin' disciolti i lunghi giri .
Con strepito feral la tromba intanto
Tebe pertutba , e con un suono amaro
Dentro penetra a le rinchiuse porte .
Si dividono in schiere i Greci , e ognuna
Una porta assaliscc , e il suo stendardo
Minaccioso precede, e seco adduce N
Le sue proprie speranze , e gli altrui danni
De 1* afflitta città 1' orrido aspetto ,
Di Marte stesso avrla ammollito il cuore %
Dolor, rabbia , timore* e fuga infame
Ì74 Thsaid£, di Stazio
ìn luoghi oscuri ? e ciechi, in varié formé
La sbigottita Tebe empia d' ortoti .
Par, che siati dentro gl'inimici: ferve
Di tumulto ogni rocca , e per le strade
S* odon grida confuse , e gii d' avanti
Vcggonsi 'i ferro , e 'i fuoco , « • a« * a ménte
Oià si figuran servitù, e catene.
Quanto mai può accader , come presente'
Lor dipinge il timore. E già le case ,
Son piene > s e i tempj , e le piangenti tarme
Circondano gli altari, e i Numi ingrati • •
Questo stesso timor per tutti fi;frt anni
passa veloce : i vecchj ornai cadenti • *
Braman la morte : impallidisce . suda
La gioventù robusta , ed ogni albergo.
S'ode suonar di femminili pianti:
£ gì* innocenti , e teneri bambini
Piangono anch' essi , e lo perche non siano ,
Ma de le madri lor seguon l'esempio.
Queste instlga l'amore, e ne gii estremi
Casi freno non han più di vergogna.
Esse l'armi a i guerrieri, essi il valore
Somministrano , e i' ire"* esse con loro
Van mischiate-, e gli esortano, u non cessano
B' additar lor le patrie soglie , e i figli .
Cosi crualor va per rapire il mele
Pastore ingordo , e muove 1* api a sdegno 0
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Libro X. 1 7 J
Ferve V armata nube , e col stridore
S' esortano a ferire , e tutte al viso
Del rapitor si avventano : ma stanche
L'ali nel volo > su le bionde case
Posatisi alfine , c il dolce mei rapito
Piangono , e al sen stringon te amate cere
Son divisi*! parer' del dubbio volgo >
Sorgon moti discordi , e gii in palese
( Non con segreto , 4 tacito susurro )
Gridan > che torni V esule fratello ,
Che gli si renda jl regno . Ogni rispetto ,
Che si aveva del re > manca y e si estingue
Ne* solleciti petti . Oramai Venga ,
Gridan tumultuando j l'anno alterno
Goda , e di Cadmo naturale albergo r _
£ le pateinc tenebre saluti •
Altri a l'incontro? questa. nostra fede
È intempestiva» e \tarda . Egli piuttosto,
Che patteggiar, vincer vorrà con l'armi.
Alrri piangenti, e in supplichevol schiera
Pregan «Tircsia , che il futuro sveli ,
Unico in tanti mali a lor conforco ,
Ma sta ritroso, e tien rinchiusi in seno
Gli Oracoli de* Numi . fe certo f dice )
Cerro , che dianzi i miei consigli attese
11 re , <£uand' ia vietai P enorme guerta *
Ma pur, Tebe infelice, e s'io nfin parlo> #
i7<£ Thbaidb di Stazio
Gii vicina a perir , non Ha ch'io senta
La tua caduta ; e con la vuota fronte
Sotba le fiamme de 1' incendio Greco .
Vinca in noi la pietà . Vergine , poni ,
Poni gli altari, e consultiamo i Dei: »
Essa eseguisce , e con sagace sguardo
Mira Je punte de la fiamma tirfte
Di sanguigno colore , e .in due diviso
Ergersi *Ì fuoco sii gli a^-ari , e in mezzo
Chiara e serena sfavillar la fiamma i
Indi per i; aria raggirarsi in guisa
Di tortuosa serpe in varj uodi ,
E mancare il rossore : il vede , e il nirra
Al genitor dubbioso , e le paterne
Tenebre illustra. Ed ei ^;ia buona pezza
Tiene abbracciati i coronati altari, *
E con la faccia rosseggiante , c accesa
Va bevendo il "fatidico vapore .
Le sue dimesse , e scompigliate chiome
S* ergon in alto, e l'agitato, e insano
Crine solleva le tremanti bende.
Par che gli occhj riapra, e che sul volto.
Di giovanezza il primo fior ritorni .
Alfin lo strabocchevole furore
Cosi esalò da 1' infiammato petto ;
Quale tremendo sagrifizio estremo.
Chiedano i "Numi , empj Tebani , udite :
Librò X. 177
Verri ^er aspra ria l'alma salute.
Ma di Marce il dragon da noi richiede
Vittima umana , umano sangue : cada
Chi l' ultimo fra noi scese ' da V angue .
Solo a tal patto Tebe arri vittoria •
Oh lui felice, che darà la vita
A sì gran prezzo d* immortale onore 1
Del fatidico vate al fiero altare
fra vicin Creonte ansio , e dolente
Del Patrio suol per lo comun periglio .
Quando , come da fulmine percosso ,
O'da ritorto dardo il sen trafitto,
Semivivo senti chiedersi a morte
Menèceo il figlio, e glielo fa palese, .
E gliel mostra il timor stupido resta ,
E intorno ai cuor se gli restringe il sangue
Cosi percossi di Trinacria i lidi
Sótto- ^bl mar > se contro d'.essi il spinge
.Austro talor da V Anricana arena .
Del crudel vate, che di Febo ha colmo
li vasto seno , le ginocchia abbraccia
Supplichevole in atto , e lo scongiura
A por silenzio al vaticinio orrendo -,
Ma invan lo prega , e gii la fama vola
Con le sacrate voci , e tutta Tebe
Risuona gii de la Febèa risposta.
Or chi aggiungesse generosi sproni,
T$h. di S/*z. Tom. IL M
tf a TiwtDB di Stazio
£ €* onorata morte almo desio
Nel giovane feroce (,im cotal doto
Non scend* * noi ***** &*or de* Numi ) *
Or tu rimembra , ò Clio, tu, che conservi .
Ognor vivaci le memorie antiche»
£ i secoli vetusti, e dei Tonante
Assisti al trono, onde sì raro io terra
Scender suol la virtude , o sia che Giove
La doni a i smei più cari , o eh' ella scelga
Anime generose , e di se degne :
Siccome allor da le celesti piagge
Lieta, e bella discese. Al suo passaggio
Dier luogo gli astri > e quelle stesse faci,
Che di sua mano ella innalzo fra loro:
£ di già è in terra, e pur l'eccelsa fronte
S'avvicina a le sfere. Il grande aspetto
Però mutar le piace, e la sembianza.
Di Manto prende -, onde più presto a i
Meneceo porga > e ai vaticin) fede .
Così mutata per celar 1' inganno ,
Sparver da gli occhj l'orridezza, e il fuoco*
Ma il primiero decoro , e più soave
La maestà ràion; depasto il ferro,
L' augurai Terga impugna % a rena il manto
Lascia cadere , e le confuse chiome
Attorciglia di bende, « lascia il Iaur%^ _
Ch'era suo fregio: ma il feroce aspetto^
I
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L i n & o X. 17*
ti palesa per Nume, e il passo altiero.
Tale già si ridca del fiero Alcide
Onfale allor , che in femminili spoglie
Deposto dei ieon V ispido villo ,
Squarciava e manti e gonne ; c con la mano
Troppo grave rompea cembali e fusi .
Te , forte Menec-o , trovò la Dea
Non di lascive fogge adorno, e molici
Ma qual convicnsi al sacrifizio , e degno
Del grande onor de l' immortai comando.
De la torre Direca schiuse le porte
Iacea strage de* Greci, e seco Emone:
Ma quantunque d'un sangue ambi, e fratelli,
Menecèo io precede; a lui d'intorno
Scan cumuli di morti, e di maivivi.
Ogni dardo colpisce , ed ogni colpo
Seco porta la motte , e non ancora
Presente è la virtù . La mano , il cuore
Non trovati posa, e il sitibondo brando
Non cessa : sembra che la Sfinge stessa t
Che sta in guardia de V elmo , in rabbia monti ,
E visto il sangue , 1* animata immago
Fiammeggi , e splenda , ed ci n ha l'armi asperse.
Quando a lui , che combatte , il braccio arresta
La Diva , e il brando , indi cosi favella .
Generoso garzon , di cui maggiore
Marte »on vide fra il guerriero seme
M »
ilo Tebaidl di Stazio
Di Cadmo , lascia queste pugne umili:
Non son degne di te vulgati: imprese. -
Te chiaman gli astri , ( a maggior cose aspira )
E renderai al ciel l'anima grande.
Questo sol grida, a i lieti altari intorno,
II genitor ; questo le fibre , e i fuochi
Mostrano : questo sol richiede Apollo :
Ch' uno de i figli de la terra il sangue
Dia per la Patria. Vola intorno ilgrido,
Tebe n' esulta, e ir* tuo valor' si affida.
Rapisci i Numi con la mente: afferra
Jl gran Destino; va, curri, t'affretta,
Pria che t* involi un tanto onore Emòne .
Disse-, e di lui , che tarda, e sta sospeso,
Il petto molce con la destra; tutta
In lai s'infonde, e di se gli empie il cuore,
Non cosi ratta la celeste fiamma
Serpe da le radici a V alte cime
Di -cipresso, dal fulmine percosso ;
Come il garzon pieno del Nume , i sensi
A gloria eresse, e s'invaghì di mòrte.
Ma poi che vide de la finta Manto
Le vesti, e il portamento , e che da terra
S'alaa sovra le nubi, inorridissi.
O chiunque ru sia , Dea , che mi chiami
( Disse) io ti seguo, e ad ubbidit non tatdo.
Parte , e partendo Agrio di Pilo uccide ,
>
Libro X. 18*
Che ardito 1* incalzava .• in su le braccia
Lo riporcaro estinto i suoi scudieri .
Dovunque passa , la festosa turba
Lieta gli applaude > e autor di pace il chiama,
Liberatore , e Nume , e sproni aggiunge ,
£ di fiamma d' onor tutto 1* accende .
Già con ansante corso a l'alte mura
Era egli giunto, ed in suo cuor godea
D' aver schivato i genitori afflitti >
Quando ecco il padre ( ambi restaro immoti >
Ed ambi muti , ed abbassar' le fronti : )
Ma il padre in fine lo prevenne . e disse :
Qual nuovo caso le difese soglie
Fa che tu lasci? E qual impresa tenti
De la guerra peggiore ? Onde ti prego ,
Nasce il turbato ciglio ? Onde il pallore ?
Perche non alzi al genitore il guardo ?
Ah veggio ben, che la fatai risposta *
Figlio , a te giunse: il veggio certo: alj figlio ì
Per gli anni miei f pe* tuoi, figlio, ti prego *
E per lo sen de 1" infelice madre ,
Non prestar fede al vate . Adunque i Numi
Si degneranno nei profano petto
Scender d' un veglio , che nel vuoto riso
Mostra il furore , e de le luci privo ,
A l'empio Edippo è ne la pena eguale ?
Forse chi sa ? Queste son frodi ordire
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iti Tibaide di Stazio
Dal crudo re > che, ne 1' estrema sorte
Teme di noi* del nostro sangue, c teme
11 tao valor / che sovra ogni altro duce
Ti distingue, e t'innalza. E questi detti
Non son de* Numi , ( qual Tiresia vanta )
Ma del Tiranno . Deh ritieni a freno
L* animo ardente , e breve indugio accorda ,
Breve dimora al genitor che prega.
Ogni bel fatto T impero corrompe :
Così tu ancora a la canizie arrivi /
Tu pur sii padre , e questa stessa tema
Provi , che per te provo . I miei Penati
Non far orbi di te. Dunque cotanto
De* genitori altrui , de gli altrui pegni
Senti pietà ? Se te vergogna muove ,
Sentila pria de* tuoi . Questa è pie t ade ,
Questa è onor vero . Ivi è sol gloria vana ,
£ un inutile nome , e ne la morte
Un vano fregio, che si asconde , e cela.
Né già codardo padre e , che ti prega .
Va , pugna misto fra le Argive schiere ,
II petto opponi a T aste > e a Tarmi ignude.
Io non tei vieto : a 1* infelice padre
Alnien si dia le gloriose , e belle
Piaghe lavarti, o figlio, e con li pianti
Tergerne il sangue , e rimandarti in guerra-.
Questo è <jue! , che da te la patria chiede •
/
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s
Libro X. iSj
Cosi dicendo , de V amato figlio
Ticn con le braccia , c mani , e collo avvinci ;
Ma il giovane , che a i Dei s' è offerto in voto ,
Non cede a 1 pianti , e a le querele > e un nuovo
Ispirato da i Numi ordisce inganno>
Con cui dal suo timore il padre affida .
In error sei , buon padre , e di mia tema
La verace cagione ancor t* c ignora .
Me non muovon gli oracoli , o i clamori
De i furibondi vati , o l' ombre vane .
Canti le fole sue Tiresia astuto
A se i e a la figlia : non se Apollo istesso,
Le facidiche grotte disserrando ,
Col suo furore nY agitasse il petto >
Ma dentro la città ini riconduce
De T amato fratello il caso acerbo .
Langue ferito Emon da strale Greco *,
A fatica 1' abbiam pur or ritolto
Fra l'uno, e V altro esercito , dal campo,
Ov* ei giaceva, e da le mani ostili;
Mail tempo io perdo . Vanne , o padre , e prendi
Di lui ru cura, e dì, che mollemente
La turba de i sergenti addietro il porti.
Io corro in traccia d' Etione esperto
Le piaghe a risanar , stagnare il sangue •
Qui tronca i detti , e fugge . Un altro orrore
Ingombra allor la meme, c i sensi turba
M 4
il 4 Tid aide di Stazio
De 1' incetto Creonte ; errando a caso
Va la pietà fra i due timor* discordi •
Ma la Parca lo sforza, e fa» che il creda:
Intanto Capando torbido , e audace '„
I Titj assale' da le porte usciti
In campo aperto a guerreggiar co' Greci •
Ora le corna de' cavalli > ed ora
Le squadre de i pedoni urta , e scompiglia :
Gli aurighi abbatte , e mette in fuga i carri»
Che passan sopra i condoteier* giacenti ;
Or 1* alte torri indebolisce , e scuote ,
Lanciando spessa grandine di sassi :
Fuma nel sangue, e gli ordini perturba:
Lancia piombi volanti , e nuove piaghe
Piove sopra i Tebani : os vibra in alto
Con tutto il braccio fulminando i dardi*
A là cima de i muti asta non giunge,
uora non abbatta , e non ricada al suolo-
Di fresca strage sanguinosa» e tinta.
Ne* già più sembra a. la falange Argiva»
Che Tidco manchi loro > o Ippomedonte y
O il prisco vite > o T Arcade garzone'?
Ma par, che in lui tutte sien V alme accolce
Di canti eroi j così per tutti adempie •
Non età , non splendor , non vago aspetto
-Muovono il fiero cuor : dei pari ei fere
Chi combatte, c chi. prega. Alcun non osa
tized
L i a * o X. i9f
Di stargli a fronte , e di remar la sorte j •
.Ma ce mon di lontan del furibondo
L'armi , le creste , e ,1' orrido cimiero ,
In patte eletta de le Patrie mura .
Permessi intanto Menecco pietoso
Già sacro ne T aspetto * e Venerando ,
Ed in sembianza , oltre 1* usato , augusto §
Qua l se da gli astri pur a Ilor scendesse .
F gii deposto l'elmo, e a tutti 'noto,
D'alto mirando le guerriere squadre,
Mise uno strido, e in se rivolse il campo >
E tregua* impose si li battaglia, e disse;
Numi de i V armi , e tu , che a me concedi
Cader di si gran morre, amico Apollo,
Quelle , che patteggiò , gioja , e riposo , i
E che comprai con tutto il sangue mio»
Dan a te a Tebe . Hi volgete indietro
V orrida^ guèrra , e le reliquie infami
Iberna vinta ne accolga, ed il superbo
Inaco aoborra i figli indegni, il tergo
Impressi di bruttissime ferite .
Mt cw, v> campi , tempj,.e moglie, e figli
Da * e t^j^ebani di mia morte in prezzo»
Se ubbiditile vittima a voi piacqui > Ji^c
Se del gran tate 4t risposte aerisi
Con intrepido oricelo , e l'eseguii ,
Tebe non io credendo: al Patrio suolo
« ■- - —
I TtflAiDE di Stazio
Per me rendete la mercè , eh' io chieggio ,
E mi placate ii genitor deluso .
Si disse > e l'alma geoerosa, e schiva
Già di sin spoglia , e di più star rinchiusa,
Impaziente in libertà ripose
Con il lucido acciaro al primo colpo .
Di sangue asperse i muri, c l'alee torci,
£ si lanciò rra i combattenti in guisa >
Che andò a cader su gli odiati Argivi :
Ma pietà, ma virtude *lto su Tali
Bortaro il corpo, e lo posar© in terra :
E già io spirto sta di Cfiore al trono ,
Ed ha fra gli astri [a primiera sede.
Senza contese si riporta in Tebe 1
Il magnanimo eròe : cederò i Greci,
Venerando il gran fatto . A lunghe file
Vien ricondotto su gli altieri Volli
De i giovani più scelti. Il vulgo applaude,
£ fra gi' inni , e fra i canti , e i lieti -gridi
Maggior di Cadmo, e d* Arrfion l'appella.
Alt et l'ornati di -serti , altri di 'fiori
Sp argon le membra * c 1" onorato corpo
Ripongono <Je gii avi 'entro la -tomba . :
Dato fine a le lodi , in guerra riedono.,
Ma' il miserabil genitor , che l'ira
Conversa Jw in lutto, piange , ed a la madre
È dato al fise il piangere > e il dolersi i
L i b r o • Xj v i«r
Io dunque ti nudrii , garzone invitto , .
Quasi madre vulgar, vittima a Tebe,
E capo sacro a la comun salute >
E che mai feci? E perche i Numi in ira
M'hanno cotanto? Io gii d'impure fiamme
Non arsi, o al figlio partorii Depoti .
Ma che mi giova , se Giocasta i suoi
Parti ancor mira, e capitani, e regi?
Noi diam l'ostie a la guerra, ( e tu l'approvi
Crudo Tonante ) perchè i rei fratelli
Seme d' Edippo cangia serto, e regno.
Ma perchè i Numi incolpo ? Ah che a la madré
Tu affretasti il morir: crudele,
E d' onde in te questo desio di morte ?
Qual , Menecèo , dirò furor t* invase ?
Qua! io mi partorii per mia. sciagura
Figli da me diversi , e appunto secsi
Dal dragone di Marte , e da la terra ,
Onde usci l'avo di nuov' armi adorna;
Quinci l'alma feroce , e il troppo ardire >
Che racchiudevi in sen.- tu da la madre
Nulla traesti . A . volontaria morte-
Ecco tu corri , e de le Parche in onta
Scendi immaturo infra là pallid' ombre •
Io per te ben temea gli Argivi , e l' aravi
Di Capanèo : ma questa stessa mano >
Lp stessa ferro , che a te , folle , io diedi ,
1 1 1 Ti » ai de di Stazio
Questi erari da cerner : misera i come-
1' hai fino a 1* elsa né la gola immerso I
Non c'avrebbe il più barbaro tra i Greci
Di più profonda piaga il seno aperro.
Non darà fine a le querele , a i pianti
Quell'infelice, onde assordava il cielo.'
Ma le arniche, e le ancelle il suo dolore
Van consolando , e suo malgrado , al fine
La riconduco» nel rinchiuso ostello.
A terra siede, lacerando il Volto, •
Né ascolta i detti , e non riguarda il giorno**
Ma i lumi tiene affissi al suolo , e immoti *
0
Tale in Scitica grotta immane tigre ,
Cui furò i figli il cacciatore alpestre,
Giace lambendo il tepido covile ,
£ l' ire scorda > e il natur§l furore ,
£ la rabbia , e la fame > armenti , e greggi
Passan sicuri/ essa sei vede , e stassi.
£ a chi colmar di nuovo latte il seno >
£ chi portar la conquistata preda?
D'armi , d'aste, di trombe, e di ferite?
Basti fin qui : di Capando il valore
Or conviensi innalzar sino a le stelle:
Non basta a canta impresa il Plettro usato .
Uopo è di maggior suono , e che in me spiti
Nuov* aura > nuovo spirto , e maggior fuoco
Da le selve d* Aonia , e il scn nY. accenda •
Libro X. itj
Su tutte , o voi Casce canore Dee ,
Su tutte , meco osate , e al gran soggetto
Uniam le trombe , e solleviamo il canto .
O quel furor dal cupo centro uscio
Del baratro profondo , e contra Giove
Di Capanco seguendo il gran vessillo ,
* Kapiron V armi le tartaree suore :
O la virtù trapassò il segno , o il spinse
Gloria precipitosa,* o con la morte
Prezzo merco d' immortai fama , e grande :
O che lieti principj hanno i disastri :
O lusinghiere son l'ire de i Numi.
Sdegna* il feroce ornai terrene imprese »
Nausea l'immensa strage: e già consunte
L'aste greche, e le sue, lo sguirdo innalza
Torvo, e con stanca mano il cicl minacciai
Indi aereo cammin di cento , e cento
Gradi fra due gran piante affissi , e immoti
Alto «sostenta , onde varcar de i venti
Osa gli spazj , e penetrare ;n Tebe.
Squadra con gli occhj da la cima al fondo
L'eccelse torri , e orribile in sembianza
Di secca quercia accesa face scuote .
Ne rosseggiano l'armi, e ne lo scudo
Ripercossa la fiamma, acquista lume.
Questo è , grida , il sentier , per cui mi sforza
La virtude a salir là , 've del sangue
» I
■
I
tf 0 Tb*AIDE DI $TAZlt>
Ci Minccco son V aite mura «parse . ,
Ora vedrem , se a lor salute giovi
Il sacrifizio, o sia fallace Apollo. v
Si dice,) e «ale, e su i ripari vinti ,
Trionfarne paleggia . In. cotai guisa ^
GÌ* immani figli d* Aloo tremendo
Giove miro , Quando a far guerra ai Numi >
Sovra se stessa s' innalzò la Terra :
Kè Pclia era ancor giunto / e gii toccata
•Le timorose sfere Ossa sublime .
Ne V estremo periglio de le cose , p
Attoniti i Tebani, e timorosi,
Qual te l'ultimo eccidio, e se Bellona,
La man di face armata, entrasse in -Tebe
Abbattendo , e struggendo altari , e ; temp] >
Piovon sopra $ lui da i tetti a gaca
Immense travi , e smisurate pietre ,
E forni globi da le frorobe usciti .
(Perocché quale nel vicin conflitto
Puot* esfer luogo a le. saette , e . H i dardi ? )
Impazienti d' atterrarlo , in guisa
Versan l'infere moli, e le carriere
Macchine ispesse. Egli sicuro vassi ,
E di colpi percosso il tergo , e il petto ,
Ei non s'arrestai ma per l'aere ascende
Sterro si , qaal se potasse in terra ,
Ed entra al fine con mina estrema .
Tal eoa assidui flutti a ponte antico
Assalto muove impetuoso fiume ,
Treman le travi, e sveki i sassi cadono ,
Ed ei con maggior impeto l'incalza,
E preme , e scuote : alfin 1* inferma mole
Svelle , e seco la tragge , e vincitore
Respira , e corre più spedito al mare .
Ma poi che totreggiò su 1* alte mura ,
E sotto i piedi rimirossi Tebe ,
E tutta oppresse la città dolente
Con 1* ombra immensa del feroce corpo »
Cosi rampogna gli atterriti cuori :
Son dunque , sono le Anfionie rocche
Deboli tanto? Oh vostra infamia eterna!
Son dunque queste le incatenate pietre ,
Che menar danze al suon d'imbelle canto?
Son questi i vostri favolosi mari *
Che graade impresa é l'atterrar ripari,
Di fragil lira a 1* armonia contesti I
Cosi insultando il passo avanza , e abbatte
E moli , e tavolali , e ponti , e scioglie
Le compagi de' tetti > e i tetti atterra.-
I macigni ne prende , e li rilancia
Contra i sublimi tempj , e l'alte torri,
E Tebe pur con Tebe appiana, e strugge,
Fre mon fra ior discordi intorno a Giove
Intanto i Dei Tejjaoi, c i Numi d'Argo.
* •
19% Teb aide di Stàzio
Gii sod vicini- -a 1* ire ; a tatti eguale
Li mira il sommò Padre» ed egli solo .
Li tiene a freno. Geme Bacco , e duolsi •
La madrigna 1* osserva , e torva guata
Il Tonante marito. Oy # è (die egli)
Tua mano onnipotente ? Ove le fiamme
De le mie cune, e il fulmine ritorto *
11 fulmine dov'i? Si lagna Apollo.
Che cadan da se eretti e tempj , e case S
Stassi con i' arco teso incerto Alcide
Tra Lerna, e Tebe da qual parte scocchi
L' alato cavalier d* Argo materna
Sente pietade : Venere deplora *
D' H armo ni a il sangue /e sta in disparte, e
Il geloso consorte, e Tira ascosa
Palesa a Marte con furtivi sguardi :
Sgrida gli Aonj Dei Tritonia audace t
Giunon sta chetai rea il silènzio amaro, 1
Scopre il furore , che nel sen racchiude .
Gli sdegni lor, le lor contese a Giove
Non giungono a turbar l'eterna pace j.
E gii tacean le risse s allo* ch'ai cielo
Giunse di Capane» P orribii voce:
Numi ( dicea) non vt ha, chi la difesa
De la citta tremante in cura prenda?
£ dove siete , de i' infame Terra
Bacco ! ed Alcide cittadin/ codardi r
t< -
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Libro X. 193
Ma perchè i Dei minori a guerra sfido?
Vieni tu stesso, o Giove,- e chi più degna
È di pugnar, con noi? Vedi, io già premo
Di SemeJe Je ceneri , c i' avello .
Or ti risenti , e conerà me fa pruova
De le tue fiamme. O in atterrir donzelle
Solo sei forte, e in penetrar di Cadmo,
Suocero indegno, il violalo albergo!
Avvampar' d f ira i Numi; udillo Giove,
E sorridendo crollò il capo, e disse;
Dopo io scempio de* Giganti in Flegra >
Coranto orgoglio in mortai petto vive?
È dunque, d* uopo fulminar te ancora ?
Stangli d' intorno i Dei sdegnosi , e lento
Lo chiaman tutti, e le saette ulerici
Chiedono a prova : non ardisce Giuno
Confusa , e mesta ai crudei Fato opporsi .
Senza il segno aspettate , il ciel turbato
Lampeggia , e tuona , e gii le nubi insieme
Vanno a trovarsi , e non le spinge il vento ,
E già i nembi s' addensano . Diresti
Le tartaree carene avere infrante
lapeto , ed alzar contro le stelle
Inarime già Vinta il capo altero »
Ed Etna vomitar turbini ardenti .
Si vergognino i Dei del lor timore .
Ma in cotanta vertigine del mondo , . .
Teb. di St*z< Tom. II* N
1*4 Tt&AlDE DI Srxzto
Vedendo un uom pieno d'orgoglio^ e d' ivi
Star cootra loro, e disfidarli a guerra,
Maravigliando stan taciti , e mesti ,
Né de lo stesso fulmine han fidanza.
Già sordamente su i* Ogigia torre
Muggiva il cielo , e stava involto il sole
Entro cieca caligine profonda :
Ma non teme il feroce, e afferra» s scuote
Le mura, che non vede, e quando i lampi
Squarcian le nubi , e il fulmine discende :
Questi ( grida ) son ben fuochi più degni
Per arder Tebe, e di mia .stanca face
Per rinforzar la moribonda fiamma :
Giove allora tuonò da tutto il cielo ,
£ scagliò il fatai fulmine trisulco .
Primo lungi volò V alto cimiere ;
Poi io scudo abbronzato a terra cadde,
£ V indomito corpo c tutto fuoco .
Bitiransi i guerrieri , è da qual parte
Cada , non sanno , e con le ardenti membra
Qaai schiere opprima. La celeste fiamma
Sent eì, che gli atde il petto , e l'elmo , e il crine.
Con disdegnosa man sveller 1* usbergo
Tenta , e sol trova cenere , e faville j
£ pur sta ancora , e il viso ergendo in alto,
Spira .contro del ciel T alma sdegnosa :
Per non cadere , a 1* odiate mura.
L i fi r o X. 13)
Appoggia il petto > e le fumanti membra:
Ma queste membra al fin disciolte in polvé
Lasciano in libertà lo spirto immane .
» Poco più , che a Cader tardato avesse ,
,> Meritato iitìà il fulmine secondo.
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L I B R O XI.
POichè tutto il furor d'empia virtude
Consumò il fiero Capanco , spirando
Il ricevuto fulmine , e del fuoco
Vendicatore lungo orribil solco
Segnar' nel suolo le cadute membra;
Il turbamento de le sfere , e i moti
Placò Gioye col cenno , e con un guardo
Serenò il cielo , e rese il lume al sole .
Se n* allegraro i Dei seco non meno >
Che s* ei da Flegra ricornasse ansante ,
E vincitor con tutto 1* Etna il fiero
E fulminato Ercelado premesse^.
Orrido in volto ci giace al sen stringendo
Un grave masso di caduta torre -,
Ma lascia dopo se di grandi imprese
Memoria eterna , e degna ben , che Giove
D' averlo vinto si compiaccia , e vanti .
Quale , e quanto si stende il fiero drudo
Violator de V Apollinea madre *
Se dal petto calor sospesi in alto
'Stanno gli augelli , hanno terror mirando
Le immense membra > mentre al credo pasto
Riproduce le viscere infelici i
i ì
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L I B K O XI. 19T
Tal«s e cotanto Capanco prostrato
L'inimico terreno ingombra, e adugge >
Col sulfureo vapor del divin lampo.
Tebe respira , e il supplichevol vulgo
Sorge da i rem pj : dassi fine a i pianti >
Cessano i voti e fatte già sicure
Depongono le madri i dolci figli . ,
Van per il campo dissipati , e sparsi
I Greci intanto : non le turme ostili >
Non mortai ferro è , che li caccia . Irato
Veggonsi Giove innanzi : a ciascun sembra
Sentir su Telmo, o dentro il ferreo arnese
La fiamma, il lampo, la saetta, il tuono j
d'incalzano i Teban*, l'ira, e il tumulto *
Del cielo irato in lor favore usando .
Così talor fiero leon Massile ,
Se fatto scempio de* pili forti tori,
Sazio sen parte ; da i lor antri in frotta
Corrono gli orsi , ed i voraci lupi
Sicuri a divorar la preda altrui.
Da una parte li preme Eurimedonte
Di rustie* armi adorno # Agresti dardi
Impugna , e mesce rusrical rumulto ,
Del padre a guisa, ed il gran Panéilpadrev
Da l'altra parte superando gli anni,
li leggiadro Alatrèo gli Argivi incalza , »
£ del giovane padre egli fanciullo : j
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jpt Tbbaide pi Stazio
Eguaglia la virtuiie * arabi felici ; , -
Ma più felice il genitor , che cale
Sei vede a lato, e non sai bea ne l'arnii
Chi più risuoni, o con più forte braccio
Chi l'aste vinti , ed i volanti ^ardi . -
Fuggono i Greci in un raccoki , e stretti,
E fassi angusto a tanta fuga, il vallo .
Quali mai volgi , o Marte, aspre vicende!
Ecco costor , che le Anfionie mura
Sallan poc' aozi, spaventati, e rotti
Difènder ponno i lor ripari appena .
Cosi riedon le nubi, e cosi i venti
Piegan di qua , di li le bionde ariste ,
E cosi copre il mar d'onde l'arena,
Cosi la scopre , in se volgendo i flutti .
I giovani Tirintj imitatori
Del cittadin lor Nume , armati il tergo
Di pelli di leon , cadon fuggendo :
Alcide freme in rimirar da 1' alto
De la belva Ncmca squarciato il dorso
Di brutte piaghe , e per lo campo sparse
Pari a le sue giacer faretre, e clave.
Stava d* Argiva torre in su le, soglie
Enipeo avvezzo con guerriera tromba
A concitare a le vittorie i greci ;
Ora con più util suono a la raccolta
Ql'invita , e chiama nel munito campo*
Libro XI.
Ecco uno strale il coglie > e la sinistra
Mano a t arecchio inchioda; in aura sciolta
Lo spirto fugge 5 ma il rinchiuso fiato
Nel ritorto oricalco il suono adempie .
Ma ne le sceleraggini ^potente
Te sifone crude 1 , che già nel sangue
De le due genti esercitare ha i* ire ;
Con la tromba fraterna > e col duello.
Finir risolve la spietata guerra ;
Nè crede bastar sola al gran delitto ,
Se da 1 inferna sede a se non chiama
In soccorso Megera > e d' ambi i crini ^
Non siati congiunte le propinque serpi.
Dunque in remota valle il passo arresta,
£ scara il suolo col tartareo brando ,
Ed a nome ia chiama» e il maggior angue
In alto ergendo del vipereo crine
Sibila, e stridei orxibil segno, e certo»
A cui mai sordo non mostrossi Averno • »\
Al subito fragoft tremar* le sfere >
La terra > e il mare ; e pur di nuovo Giove
A la fucina Etnèa rivolse il guardo.
Udì Megera il suono. Ella si stava
Del suo padre Acheronte in su la sponda »
Mentre di Capanèo le furie , e V ire
Colmavano d'applauso i Numi inferni,
E spegnea l'ombra spaventosa il fuoco.
N 4.
»
I
I
\
too TeSaide di Stazio
Ne l'onda Scigia del celeste dardo.
Squarcia V oscuro chiostro, e fuor si mostri:
Respirali 1' alme , e quanto al suo partire
Scema d' orrore al tenebroso Inferno ,
Tanto manca quassù di luce al giorno .
Tesifone 1* accolse , e V empia destra
A lei porgendo , favellò in ral guisa:
Potei fin . qui del sommo padre inferno ,
Germana, sostenere il grande impero,
E gì' imposti furori io sola in terra
Del mondo esposta a V odiato lume ,
Mentre voi neghittose i muti Elisj ■<
Reggete, e l'ombre facili, e ubbidienti.
Mira di quante stragi è pingue il suolo ,
Di quanto sangue fetvon fiumi, e laghi,
Quante vanno alme erranti a Lete intorno ;
Tutte son opre mie . Ma che mi vanto
Di si volgari imprese ? Abbiale Marte ,
Abbiale Em'o , che importa? Un fiero duce
(Certo so ben, che ne 1' Interno suona
Di ciò la fama ) tu pur or vedesti
In torvo aspetto, da l' immane bocca
Stillar putrido sangue : io quella fui > .
Che il tronco teschio a manicar gli porsi ;
Lo strepito , e il furor del cielo irato
Guati non ha , fin ne gli abissi e giunto .
Un capo a me già sacro il fiero
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l i é k 9 XÌ. tot
Minacciata i\ quel punto . Ed io fra 1* armi
Del furibondo eròe schernia gli sdegni ,
E le guerre de i Numi , e mi ridea \
Del fulmine di Giove, e de* suoi lampi:
Ma ti confesso t o suora > al lungo affanno
Langue V ardire , e già la destra Jio stanca*
Scema 1* infernal face^ al cielo apetco ,
E il troppo lume ha di sopore oppresse
Mie serpi avvezze ae 1' eterna notte . »
Tu, che ancor serbi i tuoi furori ime».
Le cui ceraste di Oocito a 1' onda
Si dissetaro , e rinnovaro il tosco , .
Tu mie forze ristora, e a me t'unisci*
Non le solite schiere , e non di Marte
Le usate pugne prepariam : le spade >
(In van pietade , invan la fe si oppone )
Concitar ne convien de i due fratelli ;
Spingerli al reo duello . Enorme, grande,
Malagevole impresa l E pur non temo :
Oli odj loro , i furor'ydaranci ajuto . v.
Perchè sospesa stai? Su via, ti scegli
Qual de i due più t' aggrada : .ambi son nostri,
Ambi facili, e pronti a i nostri cenni. .
Ben ne poni a n tardar gli empj consigli
Il vulgo incolto , e la piangente madre ,
E d* Antigone i preghi, e il parlar blaotlo.
Lo stesso Edippo, che invocar solca
zot Tesaide di Stazio
Le nostre Parie a vendicar suoi lumi!
Or si ricorda d' esser padre , e piange
le sue sciagure in solitario, luogo-
Ma perché tardo io stessa a V empia Tebe
Precipitarmi, ed a le note case?
* Tu prendi cura del ramingo , e sprona
I/Argolico delitto» e attenta osserva,
é Che Ja plebe Lernea , che il mite Adrasto
Non ti facciano intoppo . Or parti , vola ,
E torna a me nemica al gran duello .
Gli empj uffizj tra lor cosi divisi
Per diverso carnmin presero il volo ,
Tal da li due del mondo estremi poli
Muovono Borea, e Moto aspre procelle,
V un da i monti Rifei, l'altro da T arse
Libiche arene: e fiumi, « mari, e selve •
Fremono al gran fragore, e nubi, e nembi.
Piange de V anno la matura spene '
L'agricoltore, e il conosciuto danno:
E pur nel suo dolor viepiù gli duole
Mirar le navi, ed il nocchier* sommersi . *
Ma poi che Giove rimirò da V alto
L'enormi Dire funestare il giorno,
E di sanguigne macchie il sole asperso , -
Con turbato sembiante a i Numi disse t
Mirammo , o Dei , fin che ci fu permesso*
Le usate pugne , ed i furor di Marte ,
Libro XI. 103
Quantunque un empio, osò contro me stesso
Di muover guerra, e per mia man sen giacque ,
Or si prepara fra due rei fratelli ,
Infame coppia , scelerata pugna,
Ne pria veduta su la terra unquanco •
Volgere altrove il guardo, c senza i Numi
Osin tentar Y iniqua impresa , c resti
V orrido' fratricidio ignoto a Giove,
Pur troppo vidi le funeste mense
Di Tantalo , e mirai gì* iniqui altari
Di Licaone , e da Micene il carro
Volgere in fuga spaventato il sole .
Ed or di nuovo ha da ecclissarsi il giorno.
La caligine inferna abbiasi il suolo * •
Ma ne sian mondi il cfcld > e i Numi eterni ,
Né coranta empietà mirin d* Astrea
Le pure stelle, nè i Ledei gemelli.
Cosi parlò l'Onnipotente Padre,
E volse gli occhj da 1" infame campo ,
Privando il mondo dei suo dolce lume .
Già per lo campo*, e per le tende Argivi
La vergine crudel d* Èrebo figlia
Ih traccia va de 1' esule fratello.
Il ritrovò lungo le porte, incerto
Se con la morte , e con la- fuga a i mali
Il fine imponga, e pien d' augurj infausti*
Poiché, mentre pei campo errando giva
DI STAZfO
Povero di consiglio , e i casi estremi
Volgendo in mente , de la moglie Argia
Veduta avea la sconsolata immago ,
C9n tronca face a lui mostrarsi innanzi y
(Tali de i Numi sono i segni, e tale. '
Gire al marito ella doveva in questa
Misera pompa, e con si mesta fiamma)
t mentr' ei le chiedeva, ove sen gisse,
Ed a cjual uopo in si funesta guisa ,
Sol rispose col piantò , c in altra partd .
Volse la mano , e i moribondi fuochi /
Conosce ei ben , che sono larve , e sogni ;
Perchè come cosi sola, e improvvisa
Partirsi d'Argo , e penetrar nel vallo'?
Ma del Fato la voc*. e la vicina
Morte egli sente j e perchè teme , il crede é
Ma poi che V empia figlia d' Acheronte ,
Tre vòlte a lui con la viperea sferza . ; *
La corazza percosse , in tutto privo
Di consiglio /e di senno,, avvampa d'ira? .
Ni tanto pensa a raccostare il regno,
Quanto a le seccaggini , a le stragi, \
Ed a lavarsi nel fraterno sangue,
E a cader sopra lui. Corre ad Adrasto y
E in cotai sensi torbido favella:
Tardi, e de* miei compagni unicò avanzo *
E de la Greca gente , amato padre ,
■
Digitized
k Libro XI. ioj
Prendo consiglio a i disperati casi .
Ben io dovea, prima, che il sangue Argiyo
Fosse ancor sjìsiso, a volontaria pugna
Offrirmi solo, e non esporre a morte
Tanti invitti guerrieri, e dì tai regi
V anima grandi , e per ornarmi il crine
Di corona funesta a tante genti .
Ma poi eh' aspra virtù mi spinge , e sforza,
Siami or permesso Je dovute pene
Pagar almcn . Queir infelice io fui,
(E ben lo sai, ma per pietà mi celi
Le tue ferite, il tuo dolore intorno)
Io quello fui, che, mentre tu reggevi
Con dolce freno di giustizia , e pace
I popoli soggettiate dal regno, '
Te da la Patria feci andare in bando.
Deh perchè almeno il mio crudel destino
Ospite non mi spinse ad altre terre !
Or prendine il castigo . Il mio fratello -
( Che inorridisci ? il mio voler è fermo )
Chiamo a mortai duello . Invan mi tieni \
j noi potrai . Non se la madre
Squallida', e mesta, e le infelici suore
Opponessero il petto in meazo a Tarmii
Non se frenarmi il cieco padre ardisse, V
E mi fissasse in fronte i lumi spenti,
Non cesserò ; forse degg' io 1* estremo
* r
iof Teb a/de dì Stazio
Bevcr del sangue Greco? E a mio profittò
JJsar le vostre stragi ? Io ridi aperto
Il suol, ne mi lanciai ne la vorago ;
Io colpevole feci il gran Tidèo,
E il vidi estinto, A me il suo re domanda
- , r .. .... - - ;J 1 WU 1 , '
Parrasj urlando va 1* afflitta madre :
Io non seppi cader ne i procellosi
Gorghi d* Ismèno, allor clic Ippomedonte
Del suo sangue lo tinse , e non osai
Salir fra i tuoni V alte torri , e i mici
Turori unir dì Capanèo a i furori:
£ perche mai tanto timor di morte?
Or si compensili le passate colpe .
Vengati tutte a veder le greche madri»
E le vedove spose , e i padri antichi ,
Cui tolsi ogni piacere , e per me spenti
Restai' le case; io col frate 1 combatto.
E che più resta? Mirinole coi voti
Preghiti vittoria a l'emulo germano. «
Addio dunque consorte , addio Micene
Sì cara un tempo, e tu diletto padre:
( S* egli e pur ver che dr cotanti danni
Solo in colpa non fui , ma peccar' meco
le Parche, e i Numi ) pei mio cener freddo*
Abbi pietadc , è la mia esangue spoglia
Tolta a i rapaci, augelli, ed ài fratello ✓
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Libro XI. iòf
Riporta «indietro , e la rie Mudi in urna .
Questo sol «hieggio , e 1« tua figlia poi •
Ad altri dona con miglior destino. i
Gii tutti intomo si scioglieano in pianto;
Siccome alior che le Bistonie neri
Sciolgonsi a i lunghi soli, Emo rassembra
Liquefatto scemarsi , ed in più riri
Scendere al piano Rodope diviso.
Già con placidi detti il re canuto
Cominciava a placar 1* alma superba ;
Ma con nuoto terror la sanguinosa
Juria ruppe i discorsi, ed in sembianza
Di Perinto scudier V armi fatali , •
E il veloce corsier tosto gli offerse, ,
E chiuse l'elmo, ed il parlar n* escluse*
Indi soggiunse : a che più far dimora ?
Su via, t' affretta : in su le porte stassi
Il tuo fratello, e te disfida, e chiama:
Così, vinto ogn' intoppo, in sul destrjerd
Lo sbalza. £i corre per l'aperto piano
Pallido > _e a tergo si rimira V ombra
De la -Dèa i che l'incalza, e che lo preme,
Intarttoualt*£e de la Sidonia gente-
Vane grazie Jtéttdc va al gran Tonante
Per la dovuta folgore , credendo
Dai fatai colpo disarmati i Greci: - ;
Non Giove al Sacrifizio, e non i JMami -
ì ■ • ^
IO 8 TE3AI0S DI STAZIO
Furon presenti. A i trepidi ministri
Mista la Furia, profanò gli altari >
Usurpò i voti , e li rivolse a Dite .
O Supremo de i Numi (il re dicea )
cui Tebe deriva ( ancor che avvampi
Argo ch'invidia, e Ja crudel Giunone)
Fin da quel di , che rapitor turbasti
Le Sidonie carole, e a la fanciulla
Di nostra genre supponesti il dorso >*>
Dando finti muggiti in mar tranquillo ;
Ne contento di ciò, ne*Cadmei»tctri ^
Nuova moglie sceglievi , e fulminante
Pur troppo entrasti ne le Tirie case j
Benigno al fine il suocero, e le mura
A te dilette rimirasti, e tuoni
Di Tebe difensor con tutto il braccio >
Com,e se al cielo ruo si desse assalto ,
Tu fulmini poc'anzi, e nubi, e nembi,
Per noi salvar, movesti: e le tue fiamme
Gli stessi fuochi riconobbe Tebe ,
Che con terrore i nosrri padri udirò.
Or prendi in sacrifizio il gregge, e il rora
A te svenato , e gli odorosi incensi :
Ma non e già però mortale impresa,,
Renderti grazie al benefizio eguali •
Te le rendan per noi Bacco , ed Alcide »
E ad essi, o Giove, queste mura serba, .
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Libro XI.
Menu' ci ragiona , esce dal fuoco un vampo*
Orrido ,■ e nero > che gli fere' il viso ,
£ atterra il regal setto » e lo consuma :
Prima del colpo , di rabbiose spume
Il fiero roro sporca il tempia, e fugge
Rompendo il cerchio , e con T insano corno
L'alrar percuote, e- il sacrifizio turba: ;
Fuggono i servi , e il sacerdote solo
Il re consola, ed ostinato impone,
Che si rinnovi il sacrifizio , e cela
Sotto forte sembianza il cuor dubbioso'.
Tale su V Età il glorioso Alcide ,
Benché sentisse in sen V occulto fuoco >
E stargli a 1* ossa affisso il reo veleno
De la biforme spoglia ; invitto , e forte
I>ié* fine al voto , ed offerì gì' incensi .
Ma poi che Nesso vincitore il fine
Serpendo al cuor gli . giùnse ; «un alto strido
Mise , e &' tutto rimbombare il monte •
Ma lasciata la porta a lui commessa
Eplto corre ansante si , che appena
Può avere il fiato > e in male intesi accenti
A l' attonito re cosi favella :
I voti lascia , e il sacrifizio rompi ,
Che fuor di tempo a i sotdi Numi fai. ,
Gira a le mura intorno il tuo fratello
Su feroce destriero', e l'alte porte
Tib. di Staz. Torà. II. O
lift Tibaide m Stazio
t he V asta insulta, e te chiamando a nomcv
Te ad alta voce a mortai pugna appella.
Piangoligli dietro i suoi seguaci, ed ambi '
Gemono i campi , e fan rimbombo , e suono
D'armi percosse. Ahi qual errore • adunque
Un fratel l'altro sfida? Adesco è H tempo %
Ora il fulmine tuo fora opportuno,
Sommo Rettor de i Numi. £ qual delitto
le* Capanéo più orribile di questo ?
A cotant- odio inorridissi . ed arse
Il re di sdegno, e parte in mezzo a Tira
Senti piacere del furor fraterno.
Tale il giovenco vincitor, se ascolta,
Dopo lungo riposo, il fier rivale
Muggir da lungi, e minacciar vendetta,
Sta innanzi al gregge, e sbuffa d'ira,, c freme,
E versa ardenti spume, e il suol percuote .1
Gol biforcuto piede ,*e 4' aria vana.
Col corno fere. N' han terrore i campi*
E le giovenche tiroide si stanno
Ad aspettar de la battaglia il fine.'
Molti dicono al ( re: lascia, «he insulti
Invan le mura, c disperato ; e vinto
Osi cotanto; a i miseri sol giova l
Gire incontrò a i perigli, e con la speme
Non librare la tema, ed i sicuri ~
Consigli odiare , ed abbracciar gli estt*mi i
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L I B K O XI* li 1
Sta fermo , e fida nel tuo trono : a noi
L'armi commetti, e fughercm gli Argivi.
Cosi dicean : ma pien di lutto, c d'irai
Ed a parlar con libertà di guerra
Del rutto accinto, ecco sen vien Creonte.
Gli rode il riero cuor la rimembranza
Di Menecéo : nulla del padre afflitto
Può sedare la pena: a lui sol pensa,
Lui con la mente abbraccia , e ognorgli sembra
Vederlo tutto del suo sangue asperso
Da la torre lanciarsi. Onde sdegnoso
Ad Eteòcle , che s.ta ancor sospeso :
Tu pure andrai ( diss' egli ) o del fratello,
E de i duci il peggiot^ senza vendetta
Noi sorTrirem , che tu d! nostre stragi
Goda , e de i nostri pianti , unica , e infame
De le Furie cagione , e de la guerra ?
Assai per te pagare abb'iam f! pene
A i spergiurati Numi . Una cittade
D' armi potente , e di ricchezze , e piena
Poe' anzi pur di cittadine turbe ;
Tu distruggesti , d* atra peste in guisa
Dal ciel discesa, e di nemica fame»
E cosi vota ancor 1 adombri , e premi ?
Manca la plebe al giogo: altri insepolti
Giaccion privi $ fuoco , altri nel mare
torto T Ismcno , altri le membra troncac
| I t TlBAXDB DI STXZlà
Van ricercando : le profonde piaghe
Altri curando van laceri , e infermi .
Rendi , crudele , i figli a i padri : rendi
li fratello al fratello : a i tetti , a i campi
Rendi gli jabitator' , rendi i bifolchi .
E dove è il grande Ipsèo? Dove Driante?
Dove r armi di Focida sonora ,
E 1* Euboichc falangi ? , In giusto marte
Quelli caddero almen : ma tu , mio figlio ,
Vittima giaci de l' infame regno
D' agnello in guisa . Oh mia vergogna , e scorno I
Tu con ,rLco crudele a l Numi offerto ,
Qual primizia a la guerra , e dato a merte
( Misero 1 ) fosti , e costui tarda ancora ? \
E v' è chi '1 chiama ? E di pugnar ricusa ì
£or«e r empio Tiresia altri per lui
Vorrà che vada ? E i vaticinj infami
Cercan forse di* nuovo i pianti miei?
Fuori d' Eanòne , e eh* altro a me più resta *
Manda questo in tua vece , e tu sicuro
Mira da un'alta totre il suo periglio.
E perche fremi ? E perchè guardi in volto
La servii tuiba , eh* hai d' intorno ? Chiede
Ella , che tu scenda a la pugna , e paghi
le meritate pene : anche la madre ,
Anche le tue sorelle in odio t* hanno :
E «Tira acceso l'esule germano . .
-
Libro X2. *i
1 Armi minaccia, e murre -, e è de le soglie
Spezza i ritegni ; e ca sei sordo , e lene
Cosi Creonte, e d'infelice sdegno
Smaniava furibondo. Ai fieri detti
Cosi rispose il re ; tu non m* inganni :
Non il gran Fato de V estinto figlio
.È, che ti muove: un generoso padre
Dovria vantar là gloriosa impresa *
Ma sotto il tuo dolor speme si cela *
Occulta speme , e cupidigia infame •
D* infinto lutto infidi voti copri »
E già vicino al regno invan mi premi .
Ma non sia mai, che la Fortuna avara
Tanto abbandoni le Sidonie mura
Che cu non degno di cotanto figlio
Re ne divenga j il vendicatmi fora
Facile impresa r ma xecate T armi ,
L'armi recate , o serri; al gran duello
Discendano i fratelli: il nostro sangue .
Può solo mitigare il Costui pianto .
Godi del tuo furor ; ma al mio ritorno'
Me nè darai le meritate pene .
E ?m 4*. fine a le contese , e Tir*
Represse , e rhfaò 1» man dal brando .
guai lievemente da] T illan percosso
Sviluppa l'angue i giti, e da le membra
Tutto accoglie a le fauci il fi cr o toaeo j
■»
Vt< Tebaide di Stazio
Se dal cammin si leva, e cede il passo
Il percussor , cessano l'ire, e il *>lIo
Gonfiato indarno s'assottiglia, e stende,
Ed egli stesso il suo velen ribeve
Ma il primo avviso nel furor fraterno
Appena giunge a la furente madre ,
Che gli di fede , e* n ha spavento , e corr*.
lacera il crine, e il volto,* e sanguinosa,
E ignuda il petto di Baccante in guisa,
Dimenticando la vergogna, e il, sesso.
Tal di Penteo la madre a l'arduo monte
Salia portando il pattuito capo
Del figlio ucciso al crudal Bacco in dono,
Non le giovani figlie , e non le ancelle
Ponno seguirne i frettolosi passi , •
Tanro il clolor le accresce forza , e tanto .
Nel- lutto estremo si rinforzan gli anni .
E di già il re del rilucente' elmetto
Gravava, il capo, ed impugnava i dardi,
E mirava T intrepido destriero
De le trombe ai fragor farsi più liero ;
Quando V antica madre a lui d* innanzi
Eermossi : impallidissi egli-, e per tema
Impallidirò i servi , e io scudiero
V asta , che gli porgea , ritrasse indietro •
fijlti furor; ( disse ) e come mai più forto.
Sorge la furia a flagellare il regno?
Libro XI. i I g
Voi dunque al fin dopo cotanti mali,
yoi pugnerete insieme ? E non yi basta \
Le schiere avverse aver condotto a morte»
Comandato il delitto ì E dove poi
Tornerà il vincitore? In questo, seno?
0 fortunate del crude! consorte
Cieche palpebre ì Di veder la luce
Voi pagate la penar, occhj miei lassi»
Costretti a rimirar si infame giorno/.
Dove rivolgi il minaccevol volto ?
Perchè ora impallidisci , ora t' acrossi ?
E perchè ceco mormorando fremi ? .
Misera me! So ben» che a mio dispetto
Tu pure andrai : ma prima in questi tetti;
Forz' è | che provi l' ire • In su la sogHa
Starò funesto auguri» , orrida immago
Di vostre sceleranze. A te crudele
Premer ria d* uopo questo crin canuto^
Questo seno infelice , e de la madre
Spinger feroce il tuo destriet sul ventre #
Abbi pietà di me: che mi respingi
Con l'elsa, e con lo> scudo? A i danni tuoi
Io non chiamai con scclerati voti- .
1 Numi 'inferni -, nè con cieca fronte
Invocai il empie Dire . Odi spietato.
Questa infelice . Non ti prega il padre ;
La madre c» ciie ti pregai al gran delitto^
/ il* T&4AIDP. DI STAZlb
trappoli dimora, e ciò che ardisci, pensa.
Ma tu dirai, che il tuo fratello insulta
Le porte, e i muri, e te a la pugna appella.
È ver : ma non si oppone al suo furore
La madre , e le sorelle : in questo luogo
Ogni cosa ti prega, e piangtam tutti: .
Là Adrasto appena lo scónsiglia , e tiene *
O fors' anche lo spinge ;*i Patrj Larj
Tu lasci, e fuggi da le nostre braccia
Precipitoso incontro al tuo fratello. .
Ma Antigone dolente ir\ quel tumulto »,<.
Turtiva si sottraggo, e nùn l'arresta
H verginal pudor : quasi Baccante -
Vola, e non corre, e Taire mura ascende*
La segue il -vecchio suo compagno Attore .
Ma per V eti non può eguagliarne f passi -,
Né giunger de i ripari a V aire cime . «
fé r mossi ella pensosa, e pria d'intorno
Rivolse il guardo: e ricercò fra Tarmi
Il nemico fratello , e poi eh' al fine *
Lo' riconobbe ( oh sceleranzi I ) é il vide
Batter con l'atta i muri, e con la voce
Minacciar morte i il eie! di pianti assorda >
E di querele: indi da l'alte mura
Par, che voglia gettarsi, e cosi parlar
Raffrena T armi , e a questa torre alquanto
Mira» o germano, e il minaccioso elmetto .
L * * R ó Xt. xtf
Nel mio Tolto rivolgi : i tuoi nemici
Conosci tu ? La fede , e 1' anno alternò
Cosi domandi, e i patti, e ti quereli?
Così la causa del modesto esibirò
Miglior ru rendi ? Per gli Argivi Numi
(Giacché i Tirj non curi ) io ti scongiuro,
E per quei che ami, st pur ami, i n Argo,
Eratel , 1* ira deponi : ecco ten prega
V un campo , e l'altro, e le nemiche schiere.
Antigone ten prega a i vosrri errori
Vittima destinata , e per tuo amore
Al re sospetta , e sol di te sorella ,
Mostrami almeno il volto, e 1' elmo sciogli.
Fa ch'io vagheggi almen l'amata faccia
Porse l'ultima volta, e fa che io vegg ia .
5e piangi a i miei lamenti: il tuo fratello
Già placato ha ia madre , e gii depone
li crudcl brando, « tu resisti ancora?
A me resisti , che il tuo esilio piango
La notte, e il giorno, e tuoi raminghi errori?
Se tu noi sai , io t' avea fatto amico
li Eero padre . E perché purghi , e lavi
D'ogni colpa il germano? Egli la fede.
Egli, corruppe i patti, egli è nocente ,
Egli crudele a i suoi; sì,- ma non scendo
Da te chiamato a sceierata pugna.
Malgrado di Tcsifone , già l'ira
lo lui lang^sce , e gi» la abbassa
{• asta , Ti 15 * y deWÌM V f ' ,! ?" "
Totpe lo sdegn.Q . e «»« egua>Te t gogn»
D'esser venuto,-* di parti"* reo.
M, respinta | madre . e da V Eri.»
Cacciaco esc. di Tebe il «• crudele ,
E grida: io vengo , e questo sol «u duole .
Ch! primier «ni chiamasti , e s .0 tarda. »
Non m' abusar : «ni titenc» la madre .
O Patri», o fra due regi incerto regno ,
Ogei il tuo re nel vincitore avrai.
g N è più placido. 1U1«o : alfiaC rispose*
ta frconpsci. al fi* consenti al g«mo •
O da cran tempo ricercato invana ,
Meco combatti: qv«a sola legger ■ -y
Ouesro è il sol patto i che «man fa»».
S dice , e, in. lui volge nemic o >J U^o .
£ invidia U rode in riamarlo «mio
Da turba di seguaci, e su la »»
Portai elmo regale, e iUg«» tornerò
r ■ c™m«»i> at lo scudo
D' ostro cbperto , e. fiammeggi»'
Di falgid-U^^ eÌ '"""".Tj
Splenda ne l' armi » « se ne vada adorno
' Di nobil m*ntp , ««e con Frig, modt
««««a di sua mano Argia »
L i b ft o XÌ à »i*
^r egiando il bisso con aurate fila .
Ma già son stesi al mi li rare arringo
Sospinti da le furie, : al suo campione
Ciascuna assiste ^ e V irq desta * « il guida
Esse reggono i freni, esse 1$©A mno
Ne tergon V armi , e de i oW<ci' j
Rendon più folti d'intrecciate, ifrpi*
Vcdesi con orrore in mezzo al campo
Consanguineo delitto , enorme guerra
D' un tolo ventre uscita , e sotto gli elmi
Pugnar due pari , e somiglianti aspetti •
. Negar' le trombe il segno', p restar' muti
Del fiero Marte i bellici strumenti .
Ma ben d'abisso l'avido Tiranno"
Tuonò rrc volte, e ben tre volte sjoste
Da Timo centro il vacillante suolo. V**$
Puggir- de l'anni i Numi, e la Vktud* ; a
Non fu, presente? le sue faci spense >
Jellona , e Marte spaventato volse
Altrove il carro , e del crude! Gorgone v .
/'Talla coperse il formidabil "teschio,
*\ *&f£ si t te stesse Furie ir^ volto #
S|a»4ag^^^ y misecabil vulgo.
Sparso l^^g^p^^ ed ogni Rocca suona >
Pi querele ,- ; e fi^ti ; i veccnj lian doglia»
Cne visser tanto; stafl le madri affiitte ' ::V
Ignudo il seno , e di mirare a i figli
\ •
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4±© ?*6aide dì Stàzio
Vietar, la sceleraggine fraterna . 1
lo stesso re dei Tartaro profondo
Apre le porte interne, c VUbl > che l'ombr*
Tebanea rimirar l'empio ducilo,
E l'opre de t ne poti , escano al giorno* -
Siedon sa i Patrj colli in ihesto giro,
£ turbano la luce , ed han piacere
In veder superati i lor furori .
Ma poi che intese il venerando Adrasto-
Che con odj palesi erano a fronte ,
Ne dal delitto gli riticn vergogna ;
Vola , e col carro si frappion tra loro *•
per età , per impero egli è ben degno '
Di riverenza : ma che attender puote
Da due # cuor* sì feroci, e si superbi,
Che al proprio sangue lor non han riguardo*
£ pur li prega; mirerem noi dunque
O Tirj , o Greci , un sì nefando errore?
E dov* è il dritto ? Dove sono i Dei ?
Dove ragion di guerra ? I cuor' feroci
Non indurate : te nemico io prego >
(Benché, se Tira non t'accieca , tecó
Son pur congiunto ) a te l'impongo, e il voglio,-
Genero } e se pur Irai tanta vaghezza
impero , e scettro , ecco , che il regio manto? *
Mi spoglio; e ten fo dono: or vanne, e solo'
£ Lerna, ed Argo a tuo piacer governa.
■
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. Libro XI. ' *ir
Ma nulla più. muove il parlar soave
Ne gli odj lor quell'anime ostinate ,
Che lo Scitico mar con rutte 1' onde
A i monti Cianei vieti V uttarsi .
E poi che invano le preghiere sparse >
E vide i corridor' già mossi al corso ,
E i furibondi aver già 1* ast? in mano,
Fugge , tutto lasciando in abbandono ,
Il genero, le schiere, e Tebe, e il campo
E con la sferza stimola Anone ,
Che addietro guarda , e che il destio prevede
Tale il Rettor de 1* ombre, e del diviso
Mondo r ultimo erede impallidlo
Per la contraria sorte , e il nero' Carro
Spinse sdegnoso nel tar carco centro,
Dal cielo escluso , e da le pure stelle.
Non cosi presto consenti Fortuna
A 1' èmpie voglie , . ma sospese alquanto
Lo scelerato barbaro delitto •
fiancar* due volte d* incontrarsi in corsa:
Due volte i buon* destrieri uscir d' arringo
Con lodevole errore , ed altrettante ,
Senza ferire , andar* le lance a voto .
Volgono ì freni , e con gli acuti sproni
Panno a i destriet' non meritata pena.
Il prodigio de i Numi ambe le schiere
Commosse, c sorse un mormorare altero* é
ì*a Tebaidb ©i Stazio
fan bisbigliar, che si riprendati l'armi,
Che si muovano i campi , c ai lor furore
Turto s' opponga de la guerra il nerbo .
# Sprezzala da i mortili, e da i celesti
Scava del cielo in solitaria parte
Dolente la Pietà: non con quel manto ,
Onde pria giva adorna, o col sembiante
Sereno, e lieto-, ma discinta il seno > r
È senza serro , scapigliata i crini i .
É pure allor, come sorella, e madre
Piangea lt pugne , ed i furor' fraterni : . '
£ il crudel Giove, e T inumane Parche
Accusando > minaccia ir ne gli abissi ,
È preferire al.ciel le Stigie case.
Ed a che mi creasti (essa dicea j
Ò eie le cose madre , alma natura ,
Perché de gli animali io Tire affreni ,
E sovente de 1 Numi ? Ornai di noi
Non v* ha chi prenda cura, e ne rispetti .
Oh seme umano! Oh furor* empj I Oh Direi
O di Prometeo inique opre nefande !
Quanto era meglio, che lasciasse Voto * •
Pirra d' abitatori il mondo infame ì
Ècco quai genti da le pietre uscirò .
Tacque, c il rempo osservando : andiamo ( disse )
Tentiamo, ancor che invan, turbar la pugna.'
Scese dal cielo, e benché mesta scenda/ ;
I I B R o XL iiy
icgm il sentier di luminosa riga .
Al giunger suo nuovo di pace amore
Ne le schiere s'accesele del delitto, ' .
Quant'èra , ailor tutto 1* orrore apparve .
D'ogni parte si piange, ed un occulto
Ribrezzo al cuor de i due germani sèrper
Prende d* nomò sembianza , e d' armi cinta
Or questo* or quel rampogna: e che tardate?
Su , v* opponete a le lor furie , o voi\
, A cui fratelli die' natura, è figli.
Non veggiam noi, che n' han pietade i Numi?
Lor cadoa l'aste: stan ritrosi, e fermi
I corridori , e ri si oppon Fortuna . •
E già i sospesi cuori anca commossi
ta Dea -, ma se a r vide, e il nuovo inganno
Tesifone conobbe , t vi si oppose
Più del fulmine presta, e cosi disse .• « -
Ch'hai tu che far ne le guerriere imprese,
Codardo Nume, e sol di pace amica?
tedi: è mio questo campo, e questo giorno.
Tardi di Tebe la difesa prendi .
Dov' eri tu , quando ne i sacri riti 1
Bacco a l'armi muovea le madri insane f «
Dov'allor, che bevea l' iniquo stagno
II serpente di Marte? Allor che i solchi "
Apriva Cadmo? AHor che Sfìnge cadde?
£*ve quando d'Edippo a i pie* chiede* ;
Li
»
#
%%4t Te^aidi di Stazi©
La vita il padre ì Q quando al letto infame»
Giocasti andò di nostre faci ai lume ?
In tai detti la sgrida, e lei , che abbowe
L'orrido aspetto, e ne ritira il volto,
Incalza con i serpi , e con la face .
Coprissi ali or la mesta Dea col manto,
E andò a farne querele innanzi a Giove.
< Al suo partir sorgon più ardenti V ire ,
E piaccion V armi , e le nemiche schiere
Si fermano a mirar l'empio ocello .
E già i fratelli a rinnovar la pugna
Si sono accinti, e primo il re crudele
Appresta i dardi, e primier i'asra vibra ...
Vola la feral travede per lo scudo
Cerca al petto varcar ; ma si ritiene
Ne Toro, ne 1* acciajo, e asciutta cadde.
L'esule aliar sottentra alto gridando
Con funesta preghiera: indarno, I
Numi invocati del mio cieco padre ,
Approvate il delitto! io non vi faccio
Ingiusti voti : purgherò la mano
Nel proprio sangue , e questo ferro is tesso
M* immergerò nel sen : sol eh' ei morendo ,.
Con lo scettro mi veggia # e questo duolo
Porti seca a 1' inferno ombra minore .
Vola l'asta veloce, e tra l'arcione
Passa , c la coscia del nemico , e al fianc»
♦
I
<
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x % t * o xr.
f Per dar due morti a un colpo ) il destricr fere..
Ma il cayaiicro Je ginocchia stende,
E schiva la ferita. li ferro acuto ,
Resta a ic coste dei cavallo infissò .
fugge questo, e non prezza il freno, e in giro
Segna il suo mal col sangue in su V arena :
N'esulta Polinice, e dei fratello
Lo stima, ed Eteòcle anch' ei sei crede
Per soverchio timor V esule allora ~. '\
Tutto il freno rallenta , e forsennato
Corre ad urtare il corridor ferito:
Meschiansi insieme e freni , e braccia, e dardi *
E. s* }mpli Cf tì co\ piedi, ónde in un fascio
Precipitare avviluppati a terrf.
Come due; navi, cui confuse il Ten to ■
Nei fosco prror di procellosa notte, /
Spezzano i remi , e mutan vele , e sarte > ;
£ dopo lungo e disugual contrasta * '
Co, i tenebrosi nembi, e con se stesse,
Nel profondo dei mar cadon sommerse *
Tal de la pugna enorme era ' V aspetto .
Va m bando ogni arte , ogni avvertenza , e invece
V ira, ^«k furor combatte, e fuor de gli elmi
rammegg^ gii, acce$i . fi . ^
Ricercando cgn bieco sguardo.
Spazio noa resta in mezzo , e insiem ristette
Sono mano con man , brando con brando ;
-&-\
Tek di 5*4*. T. IL p
/
il* Tebaide di Stazio
$* ode un fremer di denti , un mormorio '
Tiero, che serve ior per segno, e tromba.
Quali da sdegno , e da grand* odio mossi
Due gran cinghiali ad azzurTar si ranno» -
Con torci grifi , e rabbuffato, pelo t
Treman gli occhj sanguigni » e i curri denti
Suonan fremendo » il cacciator da V aito
Li mira > e accenna al fida can y che tacciar
Tali pugnano insieme . Ancor mortali
Non son le piaghe : ma gii il sangue e sparso ,
Il delitto è compiuto , e de le Furie
Più non han d' uopo . Attonite , e lodando
Quelle si stanno , ed hanno inridia , c scorno».
Che vìnca i Icft furori odio mortale .
Ciascun di loro dei fratello al sangue
Aspira furioso > e il suo non sente .
L' esule in fine , in cui più forte è l' isa ,
£ più giusto il misfatto», il passo avanza
La sua destra animando * e il ferro spinge
Laddove mal difende il basso ventre
L' estrema usbergo » e la pendente maglia >
£d Eteòcle impiaga. . Egli '1 dolore
SÌ tosto non senti -, ma de hi spada
Inorridì ilo il gelo , e si restrinse »
E tutta si copri sotto la scudo .
Viepiù s'accorge Polinice» e gode ►
Che il fratello, é ferito» e impaziente
Libro Xl H1
Viepiù l'incalza, e il preme , c lo rampogna:
Dove, o fratello, il pie ritiri, e cedi?
Oli fra i sonni avvilirò in molli piume
fra gli agi e gli ozj, e' de l'impero a l'ombra
Tu vedi un corpo a duro esilio avvezze*,
Ed a i disastri: a soffrir l'armi impar#,
E non fidarti ne le cose liete ;
Tale fra gì' infelici era la pugna .
Restava ancor qualche di vita avanzo
Al duce intatte 4 e star poteva ancora:
Ma volontario cadde , e ne la morte
Ordì l'estremo inganno. I gridi in alto
Salgono, e Citeron rimbomba intorno.
Crede aver vinto Polinice , e al ciclo
te mani innalza , ed esclamando dice ;
Bene sra , che non spesi i voti indarno :
Ve £3 io occhj ecclissati i e il volto esangue
Tutto dipinto di color di morte*
Su tosto, alcun lo «cetrrc, e il rc>al serte,
Fin eh' ei vede, m'arrechi. In questi detti
Il passo avanza, e appender pea>a in voto,
E quasi opime spoglie a i patrj tempj
L'anni fraterne, ed a rapirle aspira:
Ma il crudel , che ancor vive, e che ritiene
L'anima fuggitiva a la vendetta,
Quando sopra gli f u , curro pel petto
Gl'immerse il ferro, e le reliquie estreme
ii 8 Teuaide di Stazio
Supplì con l'ira de la vita, e lieto
Sotto il cuor del fratei lasciò il coltello .
Oh , disse Polinice , ancor tu vivi ?
Ancora dopo te dura'il furore, /
Perfido, e indegno di tranquilla, sed'<??
Meco%cendi a l'inferno : il regno , e il patto
Ivi ti chiederò , se pur Minosse^
Più muove l'urna, e gli empj re castiga.
Carlde ciò detto , ed il germano estinto
Con tutto il peso dei suo corpo oppresse.
Andate , alme feroci . Jl morir vostro
Contamini l'Inferno, e tutte in voi
Si consumin de 1' Èrebo le pene .
E voi , Tarraree Dee , cessate ornai
Dai tormentare i miseri mortali.
Un'età sola, un solo giorno vegga,
Dovunque è mondo, ùn si crudel delitto •
La memoria sen perda , e per esemplo
Sen rammentino solo i re tiranni *
Ma poi che il fine del crudel misfatto ,
E de gli empj suoi figli intese Edippo ,
Da le profonde tenebre sorgendo ,
Fuori portò la sua imperfetta morte .
D' un antico squallore infetta , e lorda
La canizie del capo, e de la barba
Mostra, e nei sangue l'indurala chioma
Il volto spaventevole gli adombra i
L I È it o XI: ù|
Sca/me ha le guance, e de la vota fronte
>j>pajon brutti i sanguinosi fori .
^tigone il sostenta ci lato manco ,
Ed al baston la destra mano appoggia.
&ual se il nocchier de 1" infernal palude
Abbandonando il legno , ed ornai stanco
. Di varcar ombte , esce a V aperto giorno*
E turba il sole, e gli astri; anch'egii offeso,
"E impaziente del soverchio lume,
Mentr'ei S ra lunge da la barca, e cresce
Il popolo de i morti, e in su le ripe
Stanno aspettando i secoli gii spenti;
Tal Edippo si mostra, e a la sua duce,
Che seco piange; mi Conduci (esclama)»
Dove giacciono i tòi , e sovra loro
Tepidi ancora il hVro pa d re getta.
Sra la giovin sospesa, e dubbia teme
Di ciò eh' ei volga in mente: e r itmi, e i carri,
E « cadaveri in^iern confusi e rnisti
Atcraversan le strade, e il senil passo
Lubrico va su tanta strage , e suda
La miserabil vergine, che «il guida.
Ma poi ch'ai di lei pUnto egli s'accorse
Dove giaceano ì fi gU , a bbandonossi
Con tutto il corpo su le fredde membra . '
Senza voce rimane , e giace , e mugge
Su le profonde piaghe, e parlar tenta;
Tebaids di Stadio
Ma per dolor non può formar parola.
Menu* egli tratta gli elmi, ed i nascosi
Visi ricerca, furibondo il yarco
Apre a i chiusi sospiri , e cosi dice f
Tarda pietà > ru pur tormenti , e muovi ,
Dopo tant' anni , la mia fiera mente l
Può dunque in questo Cuore avere albergo ,
Pierade umana ? Hai vinto , alma natura ,
Hai vinto alfin quest'infelice padre.
Ecco , eh* io pur sospiro t e per le secche
Piaghe de gli pcchj miei scorre già il pianto,
£ la man » che mi squarcia il viso , e il seno ,
Lo segue, e Io seconda. Or ricevete,
O mici crudeli figli; oh troppo miei l
L» estreme esequie d' esccrabil morte .
Misero ! di vederli ancor mi è colto ,
E faveUar con essi \ S. quale abbraccio?
Dimmi , Vergin , ^ti /prego ? A le vostr* ombre
Qual renderò funerea pompa , o figli ?
Oh tornassero in me le spente luci ,
£ «svellerle <Ji nuovo, e un* altra volta
Contra il mio ca]Jb incrudelir potessi .
Oh duolo ? Oh inique preci l Oh più del giusto
Voti esauditi d'un ferace padrei
Qiiaf Nume fu , che al mio pregar presente
Mi rapi i detti, e li die in guardia a i Fati?
Ah che a me li dettò T immonda Erinni,
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Libro XI. 131
La madre, il genito*, il regno, e gli occhj
Svelti di fronte , e non fur miei quei detti t
Per Dite, per le a me grate tenebre,
Per questa mia duce innocente il giuro ,
Cosi con degna mone a Torco io scenda ,
Ne Lajo da mei fugga ombra sdegnosa.
Ahi che ferite ! Che fraterni amplessi
Misero io tratto I\ Le inimiche mani
Allentate , o mieiX^gli , c gì* importuni
Nodi sciogliete, e questa volta almeno
Date tta voi al genitore un luogo .
Così mentr' ei si la^gna a poco a poco
Desìo di morte io lui si desta, e il ferro
Occultamente ricercando giva .
Ma Io vietò la vergine , e le spade
Con casta man sottrasse . 11 vecchio allora
Furibondo esclamò : dove sparirò
L* armi , e i ferri omicidi ? O Furie , o Dire f
Son dunque tutti in questi corpi ascosi?
fe «JMentt*ei così ragiona, indi '1 rimuove
La sconsolata vergine, e il suo duolo
Reprime, e tace, e si consola in parte
In rimirar» che il fiero padre pianga.
Ma quando giunse t la regina il grido > t
Di l'impreso duello, librando trasse,
Che riserbava nel pnl interno albergo r
Brando di Lajo lagrimerol spoglia :
Tébaids di Stazio
£ poi che molto si lagnò co i Numi,
Col talamo nefando, c con le Furie
De gli empj figli , e dei primier consorte
Con r ombra i contrastò col debil braccio *
E inclinata sul ferro appena , in petto
Al fin 1* immerse, e sotto il cuor l'ascose
E lacerate le senili renj ,
Purgò col proprio sangue il ietto impara.
Su la ferita, ebe gorgogliale stride
Scn cadde Ismene, e la lavò co i pianti
E la terse col crine. In cotal guisa
Erigone dolente entro le §elve
Di Maratone al padre ucciso intorno ,
Dopo aver .tutti consumati i pianti ,
Disciolse il cinto, ed a morir disposta „
Giva scegliendo i più robusti rami .
Ma già lieto il destin (Tayer delusa
IV miseri fratelli la speranza
Avea con empia man dato ad un terzo
11 regno d* Anfione; e gii di Cadmo
Sedca sul trono tumido Creonte .
Misero fin di scelerata guerra !
Per lui pugnaro i miseri fratelli;
E re l'acclama ilJÉeiiicoso seme
Del serpente di Marte ; e il sangue sparso
Da Me ne eco per le Tebane mura
De' popoli r affetto in lui ritolge:
Libro X7. IJJ
Sovra il soglio fatai sale il Tiranno ,
De' l'Ancia infelice. Oh di comando
Lusinghevol potere ! Oh mal sicuro
E infido consigi iero amor di regno !
Quando sarà, che da i passati esempj
Prendan norma i nipoti? Al fier Creonte
Ecco già piace star sul trono assiso >
Ed impugnare il sanguinoso scettro .
E che non puote in noi lieta fortuna?
Di già il padre ammollisce , e il nuovo impeto
Gli fa scordar di Menecco la morte .
Gonfio i e corrotto dai crudel costume
De T empia corte ; un fier presagio diede ,
Un'aspra prova del superbo cuore.
Vietò le fiamme a i Greci, ei roghi esrremi >
E al cielo aperto abbandonò gli avanzi
De la guerra infelice i e V ombre meste
Sen gir* prive di sede intorno erranti.
Quinci tornando per l'Onua porta»
In Edippo scontrossi: a prima vista
Restò sospeso , e nel suo se minore
Si riconobbe, e raffrenò lo sdegno:
Poi ripigliando il re^io fasto , il cieco
Suo nemico sgridò con detti acerbi :
Partì , vattene lungi , a i vincitori
Funesto augurio , e le tue Furie porta ,
Crudele altrove, e le Anfionie muta
xj:4 T^aliDE *r. Stazio
Purga col tuo partir . Tuoi luoghi voti
Gii s' adempier s su ria parti , c' invola .
So* morti i figli , e che bramar ti resta ?
Per subito furore inorridissi . -
Il fiero veglio , e la tremante faccia,
Quasi il mirasse» gli fissò, nel volto..-
Ed obbliando la vecchiezza, e gli anni,
Lascia il bastone , a cai s* appoggia , e lascia
La fida scorta , ed appoggiato a l' ira ,
Queste voci esalò dal gonfio petto; .
£ puoi si presto incrudelir Creonte }
Appena usurpi scelerato regno ,
(Misero!) e prendi il nostro luogo -, calchi
Già le ruine de i passati regi?
Di rogo i yinti , e de le mura privi
I cittadini? Or segui, o veramente
Degno di Tebe sostener lo scettta *' ^ .
Questo dei tuo regnare e il di primiero.
Perchè in si angusti limiti rinserri ?
Tu m* intimi 1' esilio ? Oh troppo vile
Crudeltà di. chi- regna i £ che non stringi
Piuttosto il ferro del mio sangue ingordo ì
A me di fede: il puoi. Su fa che venga
II carnefice pronto, e mi recida >
Senza timor, l'impavida cervice.
Ardisci: speri tu , che supplicante
Tenda le mani, e tue ginocchia abbracci l
litio XI. X3i
Fingi , eh* io ii voglia : il soffrirai ? ftual pena,
Puoi minacciarmi ? E che temer ni' avanza ?
Tu vuoi eh* io iasci il patrio suolo? Io prim*
•VoJonrario lasciai la terra ,* e il cielo ,
E questa man vendicatrice volsi,
E nissun mi spingea centra il mio volto'.
Or quale impor mi puoi pena maggiore ,
Inimico Tiranno? Io parto , io fuggo
Da queste sedi infami. E che rileva,^
Dovunque io tragga la mia lunga, morte,
E Je infelici tenebre ? A mie preci ,
Qual gente negherà tanto di terra,
Quant'io n'occupo in Tebe, ove riposi?
Ma dolce è il suol natio: certo più chiaro
Per me qui sorge ji sole, e più sereni
Mi splendono sul volto il cielo , e gli astri*
Ed ho qui anc ór la genitrice , e i Egli .
Tua sia pur Tebe, e la governa, e reggi
Con quegli auspicj , con cui Cadmo , e Lajo
Ed io stesso la ressi; abbi tu ancora
Eguali nozze , e si pietosi figli >
Ma non 'abbia virtù , che di tua mano
Sottrarti ardisca ^fortuna a Tonte ,.
Ma misero, € 4&&so ami 1* luce.
Questi sono i miei voti. Or tu mi guida
Altrove, o figlia . Ma perchè compagna
Te scelgo ai lutto, ed a V esilio? Dammi
I
I
xlS TiflAiDE pr Stazi» !
Dimmi , o gran re , chi nii conduca altrove .
Antigone temè , che la lasciasse
li padre sola, e si rivolse a i preghi:
Per io novello tuo felice regno,
E del tuo Menecèo per la sant' ombra >
Venerabii Creonte , io ti scongiuro ,
Perdona ad un afflitto i detti altieri.
'Tale lo £tt le lunghe sue querele.
Ne teco sol ,^ma col destin, co i Numi
Così ragiona , e ben sovente meco
Non e più mite* tanto il duol V inaspra .
Questa infelice libertà gli ferre ,
Gii buona pezza , nel feroce petto ,
E insaziabil desio di cruda morte.
Non vedi con quant* arte egli procura
Muoverti a sdegno, e provocar le pene?
Ma tu , cosi Fortuna ognor t* accresca
Impero, e onor ; non conculcar chi gràce ,
E de i passati re l^urne rispetta.
Anche costui sublime in trono, e cinto
D'armi, e d'armati, un tempo , * gì* infelici
Aita porse, e a tutti eguale, il giusto
Diede a chi 'i chiese ; e pur di tanto stuolo
Una sola compagna a luì. rimase , .
E non ancora era cacciato in bando.
E questi può turbar la tua fortuna ? ^
Dunque contea costui tutti «gii sdegni ,
'Digitized
L I B h -o XK *fc7
Tutte le forse del tuo regno impieghi?
Costui mandi in esilio ? Forse temi , •
Che strida a le tue porre , e a te d' intorno.
Con augurio funesto ognor s' aggiri? .
Non dubirare : il meuerò lontano
Da le rue soglie a lamenrarsi, e il fiero
Animo ammollirò , tanro che impari
Ad ubbidirti . Io Io terrò divisa
Da o*ni commercio in chiusa cella ascoso .
Questo sari il suo esilio : e quale estrana
Terra vuoi tu , che 1' infelice accetti ?
Vuoi tu, che vada in Argo, o a la nemica
Micene errando squallido , ed afflitto ?
O del già vinto Adrasto in su le porte
Canti le Furie de 1* Aonio regno ?
Vuoi tu , che dal re d' Argo , un re di Tebe
Mendichi il vitto? De 1* afflitta gente
E che mai giova divulgar gli errori ,
E le nostre vergogne , e i nostri scorni ì
Deh celati li tieni , io te ne prego,
Ne già molto ti chieggo.- abbi pietade
Di quesro vecchio , ed infelice padre . ' \
Permetti sol , che poca terra il copra ,
Che <jui depon^ il mortai velo : lieo
Seppellire i TejMuji , In cotal guisa ' t -
Pregando, sul terrea si .volge , e piange.
Ma il fiero padre indi la svelle, c sdegna
£}Sf TsiÀIiVE DI STAtlÓ
Chieder perdono, c minaccioso freme*
, Come icon , che rie la verde etade
fa de i monti terrore , e de le «elve >
'Rotto da gli anni, e di gii pigro* e lento
Sen sta giacendo sotto eccelsa tape,
Ma pur conserva l'orrido sembiante* j ■„ -
E terribile è ancor ne la Vecchiezza i
Se lungi ode mugghiar giovenche, e tori ,r
Alza le inferme orecchie, e di se stesso*
E del primo vigor ei si rammenta #
E geme , e duolti , che pili fotti belve,
De i campi suoi, teoganfc allof l'impeto.
Si piega a i pianti il re crudele , e parte
Concede , e patte nega . Al natio suolo
Non andrai lungi ( dice j ) a me sol basta
Che non profani con V infausto aspetto
I sacri rerapj , e i cittadini albetghi •
De le fiere i covili, e il tuo Citerò
Stanza degna saran de la tua notte +
E i campi, ore gii fur l'aspre battaglie « (
Ove nel coiaun Sangue involta giace
E r una , e V altra gente . Ef cosi parla v
E tumido ritorna al regio albergo
Fra i finti applausi, il simulato assenso*
De i cortigiani, e de l' afflitto* vulgo.
Lasciano incanto l'infelice campo
Furtivamente gli avviliti Greci.
Libro XI. xj*
Ni ss un segue le insegne , o il proprio duce
Ma fuggon sparsi ; e d' un T indegna yita
Prendon più cura , e d' un ritorno infame ,
Che d' una illustre > e gloriosa morte .
Li seconda in notte > e li ricopre
Coi graro orror di sue benefico/ ombre „
\
i
' h I* B R O XII.
NOti tutte ancot avea del ciei fugate
Il matùtin Lucifero le« stelle > -
E con più tenue corno il di vicino
Mirava Cintia : al fin 1* aurora sorge ,
E le nubi dilegua , e al sol nascente
Prepara il cnlle , e il vago cielo indora .
Errando vanno \ i voti alberghi intornò
Le Tcbane falangi , e troppo lenta
Loro sembra la notte ? e ancor che quelli
Sian , dopo 1* armi , i primi sonni , e i primi
Ozj concessi ; pur la pace ancora
Debile, e inferma il lor riposo turba;
E it fa ricordar de I' aspra guerra
La sanguigna vittoria . Osano appena
Muovere il passo , abbandonare il vallo ,
E tutte intere disserar le porte
Il primiero timore ancor li turba ,
E miran con orrore il voto campo .
E come il X peregrin , che in terra scese >
Dopo che T agitar* procelle infeste
Crede che il suol vacilli ; in simil guisa
Stupisce Tebe , che guerrier non muova
A rinnovar gli assalti, e ognor paventa
■
\
Libro XII. 141
Che sorga a nuova guerra il campo estinto »
Così qualor veggon gì* Ida 1 j augelli
Salir su la lor corre aureo serpente >
Pan ritirare i figli , e de i ffccoodi
Nidi apprestano 1' unghie a la difesa ,
E dibattendo yarl le imbelli piume :
E bencrV ei cada , f aec roto teme '
Ancor la bianca turba , e al fin se vola >
Mira da V alto con orrore il nido .
Vanno fra '1 valgo esangue', e le giacenti
Reliquie de la guerra > ove li mena
Ciascuno il comun lutto, o i praprj pianti*
Altri 1' armi » altri i corpi , alcuni i visi
Miraa sol de gli estinti a gli altrui busti
Giacere appresso ; parte i voti carri
Bagnan di pianto, e co* destrieri privi
Del ltfr signor , poiché nuli' altro avanza ,
Fanno querele t altri le immense piaghe
Bacia, e si duol del militare ardire.
L' avviluppata strage al fin si stende
A i cadaveri freddi: alloj fur viste
Stringer le man* recise ancora i ferri ,
E ne la fronte le saette infisse .
Molti , che la camion del loro lutto
Trovar non san , sovr' ogni corpo estinto
Cadono incerti , e stan disposti al pianto .
Ma su i deformi, e non ben noti tronchi
-
Ttb. di Staz. Tom. II. £
ì ■
A4i Tmaidi di Stazio
Nasce Hebil contesa, a chi de l'urna
Spetti la cura, e de l'esequie estreme.
E spesso ancor ( tanto scherzò Fortuna )
Pianser sovra gemici % e stero incerti •
Qual sangue calpestar lor sia permesso ,
Qual si convenga rispettar f ima «juclii ,
Cui le famiglie non restar* deserte »
Ne cagione hanno di privato lutto ,
Scorrendo van le abbandonate tende
De i fuggitivi Greci, e con le faci
Vi destano le fiamme; in varie parti
^ ieri dispersi ricercando vanno
( Con quei piacer , eh* a le battaglie «egue )
Oyc giaccia Tidco : se alcun vestigio
Appaja ancor de V orrida vorago ,
Ove fu il vate assorto ; ove de i Numi
Sia T inimico , e ne le membra enormi
Se resti segno del celeste fudco.
Già tutto il giorno avean passato in pianti ,
Ne cessaro con l! ombre : a gì* infelici
Trovano le querele , ed ban piacere •
In trattenersi su le lor sciagure .
Ne riedono a le case : a i monti intorna
Veglia la mesta turba , ed a vicenda
Scaccia le fiere» ed i rapaci augelli
Co i gridi , e con le fiamme.* al dolce sonno
Non cede» e non aggrava i stanchi lumi
Libro XU. Hi
ìl pianto > ch'esce d'inesausta vena.
Ma già tre volte precorrea 1* aurora
Il mattutin* Lucifero nel cielo >
Quando del loro onor spogliati i monti >
Scenderà dal Teumesso, e dal Citerò
Gran salmeria di roveri j e di pini • -
S* alzan ie pire , e t lacerati corpi
Ardano de i Tebani in mezzo a i roghi»
Godon gli onori de V esequie estreme
L' ombre cT Ogige : ma, la turba mesta
De le Greche infelici ombre insepolte
Geme , e s' aggira intornò a i fuochi errante ;
Arde Eteocle anch' egli in volgar fiamma»
Non con pompa regai : ma Polinice ,
Come Greco s' esclude , e va raminga ,
Dopo la morte ancor , esule V ombra .
Formaro a Menecèo sublime rogo
Il padre, e Tebe» e non di legna vili,
Ma di carri , e dr scudi > e d* armi Greche
Gli alzar' superba > e bellicosa pira.
Di pacifico alloro il capo adorno ,
£ de le sacre bende > alto ci scn giace ,
Quai vincitor , su le cataste ostili .
Tale arse lieto sovra l'Età Alcide,
Quando fra gli astri lo chiamarò i Numi i
Vittime ancor spiranti , in cima al rogo à
ti padre uccise i prigionieri Argivi
t i b k a XII. 24 j
Ma tu ricevi, o figlio, i primi doni
Del tuo trionfo , c questo scettro accetta ,
Peso de la mia destra , e queste bende >
Di cui circondo la superba fronte ,
Che troppo * ahi troppo tu acquistasti al padre 1 »
Te vegga re nei Tartaro profondo ,
E se ne roda d* Eteàcle V ombra .
Cosi 'dicendo la man spoglia , e il crine *
E con ira maggiore indi ripiglia:
Me chiamiti pur crudel j non to' che teco
I cadaveri Argivi ardan su i roghi .
Cosi dato mi fosse , e vita , e senso
Rendere a i corpi, e discacciar dal cielo $
E da l'inferno l'anime nemiche 1
E dietro me condur fiere, ed augelli,
E a" le lor fauci , ed a i lor rostri i membri
Additar de gli estinti empj regnanti .
Ahi lasso, che la terra li ricetta/
E li consuma il tempo ! Onde di nuovo
Comando , e voglio , eh' a li Greci estinti
Non sia chi doni l' urna , o il rogo accenda,
E chi'l farà, dei tolto corpo il luògo,
Ed il numero adempia, e per lui mora.
Così di Menecèo per la grand' ombra ,
E per lo cielo , e per li Numi il giura 1
Disse, e i servi il portar* nel regio tetto- „
Ma le vedove Greche in mesta schiera
I •
1,4* Tibaidb'di Stazio
J^scian Argo deserta, e da la fama
Guidate Tari qual prigioniere , e serre .
Ha ciascuna il suo latto -, a tutte eguali
Sono gli abiti, e i pianti: i crini sparsi,
Ed i seni succinti ' e de le gote
Lacerate da V unghie il sangue piove
A le lagrime misto, e le percossa
livide fanno lor le braccia e il petto. ;
Regina, e duce de la bruna turba»
Ora: cadendo de le serve in grembo» (
Or risorgendo, e per gran doglia insana
Prima sen vien la desolata A r g la •
Non la Patria rammenta , e non il padre,
Ma la fe conjugale 5 e fra i singulti
Solo di Polinice ha. in bocca il nome s
E preferisce ad Argo , ed a Micene
Dirce , e del fiero Cadmo i tetti infami ,
Seconda vien Deifile dolente
Non men, che la germana, e seco
Di Calidonie sconsolate donne >
Oliste a le Greche numeroso stuolo ,
Al suo Tidco per dar gli estremi onori .
Ben sapev' ella V esecrabil fame
Del consorte crudeli ma a lui, che giace»
Tutto perdona amor : segue Nealce
Acerba in viso, e di pietà ben degna
f iange t e piangendo Ippomcdonte chiama
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Libro XII. 147
Va dopo, lei la crude! moglie avara
De T augure a innalzargli un rogo vano:
Chiudon la schiera ia Parrasia madre
Di Diana seguace orba del figlio ,
E la feroce Evadne : il troppo ardire .
Quella deplora del garzone audace ;
Questa del gran marito si ricorda,
I lieta piagne, e conerà il ciel s* adira .
Dal frondosa Liceo mirolle > e pianse
Ecate , e pianse la Tebana madre
Dal sepolcro de l'Istmo, allor che i passi.
Volsero al doppio, lido ; e benché Eleusi ,
Per se si dolga » accompagnò, co, i pianti.
La nottivaga turba > e rese cKiaro-
Con le mistiche faci il lor cammino».
Giunone iscessa per occulte strade , ì
Le guida, a fin che il popol d* Argo accorso
Non le trattengalo le ritardile loro
Tolga l'onor d'un memorabil fatto.
Commette, ad Iri il conservare intatti
Gì* insepolti radaveri de i regi.
Essa d' ignoti succhi > e del divino
Nettare gli cosperge» acciò che interi ,
E incorrotti così serbinsi a i roghi ,
Ne si consumia pria 0? aver le fiamme..
-
Ed ecco Oaito ; avean costui lasciato
i4 g fjEBAlDE DI StAÌlÓ
In abbandono i fuggitivi Greci ;
Ed *i pallido in viso il pie movea
Per occulto sentier debole e infermo
Per fresca piaga, ed appoggiava il fiancò
Di rotta lancia; al tronco. Egli nel bosco i
Poiché senti il tumulto , e il femminile
Stuolo scoprì di gii vicino a Lenia,
Non chiese lor qual del cammin la meta*
Posse*, qual la cagion j che ben si appose
£ueir infelice, e favellò primiero: _
! Dove misere andate ? A i morti duci
Sperate voi ài dar l'esequie , e i roghi?
Veglia un custode a l'ombre , e gl'insepolti
Corpi va numerando al reo: Tiranno . •
Sono inutili i pianti, e da quel luogo
Ogni uomo si discaccia: augelli, e fiere
Sol v' han l'ingresso: il perfido Creonte
Credete voi eh' a pietà pieghi . e onori
Il vostro lutto * I sanguinosi altari
Di Busiride prima, e l'empia fame
De i cavalli di Tracia , e i Dei $icani
Placar potrete . II suo furor mi è noto
Voi prenderà} né su gli amati sposi
V'immolerà; ma lungi a l'ombre amiche,
Che non fuggite, or che il fuggir v' è dato?
E ritornando in Argo, a i nomi vani
(Ciò, che solo vi avanza) alzate l'urne?
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■
Libro XII. *4>
£ T alme richiamate a i voti roghi:
O che non gite a la famosa Atene
( Oicon che yinckor dal Termodonte
Teseo ritorni) ad implorare aita?
D' uopo è d' armi > e di forza a far che rieda
V empio Creonte ne* costumi umani .
Così diss" egli, e per orrore ì pianti
Si ristagnaro a le infelici, c in esse-
Stupido resto il moto ; e # far nel viso
Tutte dipinte d* un egual pallore .
Così se lungi fremere si sente
Digiuna Ircana tigre, e ne rimbomba,
£ se ne turba il campo s alto spavento
Occupa le giovenche, e stanno inceAb
Su qual si lanci, e quali membra sbrani.
Son divisi i pareri: alcuna a Tebe
Vuol che si vada a supplicar Creonte >
L' altre ad Atene ad implorar pietade ,
£ vendetta , e soccorso : a tutte sembra
Il ritornar ultima cura , e infame . ^
Ma non aspira a fcmminil virtude
Argia dolente , e superando il sesso,
Orribil tenta , e generosa impresa } . ,
Dei periglio la speme il cor le alletta,
E vuole andare , e disprezzar le leggi
Del fiero regn# , e provocar la morte •
Non 1* oserian del Rodope le nuore a
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V
mi * Tijaide di Stazio
Ne del Fasi ceroso aspra regina
Seguirà da le,. vergini guerriere. .
Accorto inganno ordisce , ondo abbandoni
L* amica schiera > e prodiga di vita ,
E per gran fatto audace» a la rendetti
Provochi il re tiranno, e i Numi itati*
E re l'esorta la pietà , la fede,
V amor pudico . Polinice istesso
Ve sempre aranti ki tutti gli atti, e modi %
Ch'essa lo ride» or ospite, ora sposa
A i sacri altari, or facile manto,
Ed or già ascoso pel feroce elmetto
Mesto abbracciarla, e da l'estreme soglie
RiroJgA amoroso in essa il. guardo ,
Ma niuna immago a lei più torna in mente ,.
Che di lui » che sen giace in mezzo al Campa
Nel sangue involto, e nudo , e chiede il rogo*
Da tai cure agitata, essa nei core
Sente tormento e pena, e quel eh* è puro,
£ castissimo àmorc, ama il suo lutto»
Onde a V altre si volge , e cosi dice : -
Gite voi pure, e l'Attiche falangi,
E T armi vincitrici in Maratone
A favor vostro usate» e a i vostri voti
Fottuna arrida ; e me sola cagione
Di tanto scempio gir lasciate* a Tebe»
Penetrar ne le case » e prima 1* ire «
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L i b & o XII. ' *S i
■
£ le furie soffrir de 1' empio regno .
Non fieno al batter mio sorde le porte
De la città crudele entro quei muri
\ìo suoceri, ho cognate , e non straniera
Giungerò a Tebe, e sconosciuta donna.
Non mi arrestate i passi i occulta forza
Colà mi tragge » e nel mio petto io chiuda
Un grande augurio . Così dice , e sceglie
Per compagno Mcnete, un tempo a lei
Del verginal pudor custode , e mastro |
E benché ignara de, (e strade , il passo
Precipitosa a Quella parte muore,
Onde pria venne Oniro : e quando lungi
JDa le compagne fu, parlò in tal guisa? .
Io dunque aspetterò, mentre tu- giaci
Sul nemico terren > qual sia la mente y
E l'incerto consiglio di Teseo?
Se i duci ( ahi lasso |) e il sacerdore approvi
La nuora guerra? E tu , mio sposo, intanto
Mi vai mancando al rogo . E tardo ancora
D'tspo* .per te queste tìfie membra ai morsi
De le xapatì: Acre , e de gli augelli?
Ed . or ( s" hai senso ) o mio fede! , con V ombre
Di me ti lagni , e con i Numi inferni ;
E me di lenta , e d' inumana accusi -
Ah che, o tu sia insepolto, o che di terra
Altri t'abbia coperto , è mkr delitto»
■ •
♦ »
4
£fi," TiéAlDB di Stàzio
Se 1* uno e l'aluo il mio tardar condanna «
^ Temerà dunque il mio dolor la morte , .
E la forza, e il furor del reo Creonte?
Onito > a l'andar mio "tu aggiungi sprone.
Cosi dicendo di Megara i campi
, A gran passi divora , e chi V incontra
li sentiero le addita, e cori orrore
« Ne ammira il manto, e ne 'rispetta il duolo,
, Feroce in vista ella sen corre , e nulla
O che veda , o che senta , il cuor le turba:
Ne i gfan mali sicura * appar più degna
D' esser temuta , che temete alrrui .
Siccome avvien ne le Trojane notti ,
Quando a gii uri, e al fragore Ida rispondei
La conduttrice * de l'insano coro,
Cui Cibele dié il ferro, e il sangue accolse,
E il crin le cinse de le sacre bende, 1
Rapida va del Simoenta a V acque *
Già ne V onde d* Esperia atea tuffato
Il luminoso Dio V atdente carro ,
. Per sorger poscia da 1* opposto mare .
Ma tanto può in Argia l'estremo lutto, 1
Che non sente faticalo non V apprezza ,
9 E non s'avvede , che già spento è il giorno.
Nulla teme* l' orror , che i campi adombra ,
,* Ne interrompe il camrain : ma va sicura
Per sassi aspri e scoscesi, e ferma il passo
i
m
%
*
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Libro XII. l %%
Sovra tronchi cadaci , e varca i boschi
Anche di giorno oscuri , e i campi sparsi
Di cicche fosse , e varca i fiumi , e nulla
Teme de' guadi, e intrepida sen passa
A le fiere vicina , ed a i covili :
Tanto il dolore in lei pnote , e V ardire !
Duoisi Menete di seguir più lento ,
E de V imbelle alunna ammira il corso .
Di quali case non battè a le porte,
Modesta , nel dolore , ove pastori
Soggiornassero , o greggi ? Oh quante volte
Errò dolente nel cammino , # o quante
L'abbandonò per via spenta la face,
Guida , e conforto de* suoi luoghi errori ,
E dai notturno gei fu vinto il lume 1
Ma già di Penceo superato il giogo ,
Verso Tebe scendean ; quando Menete
Stanco , e anelante favellò in tal guisa :
Se del finito nostro aspro cammino
Non m'inganna U spene, Argia, non lungi
Siamo a Tebe , e i cadaveri insepolti .
IL lezzo sento, e l' aer atro e grave,
Ed intorno volar rapaci augelli .
Questo c il suolo crudele , e son vicine
Le mura infami: de l'eccelse rocche A
Non vedi tu, come si stende l'ombra >
Vasta pe' campi? Come da i veroni
Libro XII.
Cerer cosi , poiché 1' Inferno amante
Rapì la figlia^ con gran face accesa
Ne gli Etnqi fuochi splendere facea
Di diversi color* 1* Irala spiaggia,
£ la Sicana , seguitando T orme
Del nero rapitore , e per la polve
Mirando i solchi del Tartareo carro .
A gli urli insani Encelado rimugge,
£ vomitando fiamme , a lei le strade
Viepiù rischiara^ e fiumi, e selve, e mari,
£ nembi > e cielo suonano d* intorno
Proserpina , Proserpina . Sol tace
Del Tartateo consorre il regno oscuro,
E il dolce nome asconde, e il furto cela*
Ma Mehete fedel de lì infelice
Compagno , a lei , che disperata corre *
Rammenta di Creonte il fiero editto ,
E la consiglia ad occultare il lume.
Una regina riverita innanzi
Da le greche cittadi , immensa Cura
Di mille, e mille preci , augusta spene
De la paterna stirpe , or senza duce
In buja notte fra nemiche genti
Sola sen va su Tarmi, e calca T erbe
Lubriche di putredine e di sangue . •
Non le tenebre teme , e non de V o^bre
La mesta turba, e inttrno a le ior membra
a'jtf Tebaide di Stazio
L* anime , che s' aggirano gemendo .
Spesso ferita da i giacenti ferri
Dissimula la piaga, c sol le cale
Ogni corpo schivar, Inenrre ogoi corpo
Crede , che sia il consorte s e attenta osserva
I distesi cadaveri . e li volge ^
Supini, e li riguarda, e si lamenta»
Che poco in ciel risplendano le stelle .
Giunone intanto del suo gran marito
Toltasi al letto occultamente , giva
Per r ombre sonnacchiose a l'alte muti
Del vincitot magnanimo Teseo
A pregar Palla , che in Atene accolga .
De le supplici Greche il mesto volgo.
Ma <juando vide per lo campo invano
Volgersi Argia , da gran pietà commossa ,
Verso il carro di Cintia il carro volse ,
E si le disse in placida favella:
Deb mi concedi , o Cintia , un picciol dono ,
Se Giuno è degna put di qualche onore.
Tu certo un tempo concedesti a Giove
Triplice notte a procreare Alcide ,
„ Ma pongansi in obbllo le andate cose.
Or luogo è a compensar le offese antiche ■
Non vedi tu per qual' oscura notte i
Aigla fedele al nostro culto , indarno
Per quel campo s' aggiri , e le tenebre
»
Libro XIK 157
Le tolgano il trovar 1' amato sposò ?
£ tu pallida splendi infra le nubi ?
Rischiara i eorni, io te ne prego, e inchina
Più. rerso terra il luminoso carro i
/E questo tuo sopor , che prono il guida ,
£ qfie ne regge i rugiadosi freni,
Ne gli Aonj custodi , o Dea , diffondi.
Appena disse, che squarciò le nubi
Cincia, e ili gran disco tutto intiero apparve.
Temcron 1* ombre : impallidirò gli astri ,
£ Gi uno appena ne sostenne il lume .
A lo schiararsi i campi , Argia conobbe
Del buon consorte la pomposa veste ,
Opera di sua mani benché il ricamo
Sia coperto di sangue , e scolorita
La porpora ne resti ^ e mentre grida :
(Oh Numi/) e* che di lui nuli'altro resti
Teme * queir infelice \ ecco lo scopre .*
Mancarle a un tempo e spirto , e vista, e voce,
E il gran dolor le lagrime respinse .
Con tutto il corpo su 1* amato viso
Cade, e co i baci l'anima raminga
Par che ne cerchi t e con il crin , col manto,
Per conservarlo ne raccoglie il sangue.
Al fin la voce le ritorna, e dice :
Tal dunque ora ti veggio, • caro sposo.,
Ch' a riacquistar l'a te dovuto re^ao
Ttb. disiti. Tom. II. K
Ij8 TfcBAIDE DI Stazio
Givi poc'anzi del potente Adrasto '#
Genero, e capitan di tanta impresa?
£ tale ié stessa a i tuoi trionfi or vcgtio? :
Innalza il volto , e me riguarda: a Tebe
Ecco Argia * che seri tien . Su ria , le porgi
La destra, e dentro la città h guida ; *
Mostrale i Patr j tetti , e grato fendi
A me V ospizio $ ma che parlo ? ahi lassa l
Nudo tu giaci sol terreno , e qfcsto ♦
Solo di tanto regno, è, che ti testa . -
oh guerre f Oh risse! Il tuo frarcl non regna.
Dunque de* tuoi nissun ti pianse ?- Dorè ,
Dov é la madre , e la famosa tanto
Antigone sorella? Ahi, A* a rat solt
Tu giaci , e solo a me lei morto j e tinto *
Quante tolte ti dissi t e dote corri
Sconsigliato ? A che cérchi il regno altetao T
Che ti si niega ? *Argo è ti basti: impera
Ne la cotte del suocero ft piti lunghi Ì
Tu qui godrai £li onori, * Aon ditiso
Avrai qui il regno. Mai di chi mi dolgo ? >
Io la guerra affrettai .* io fui , che il meste*'
Padre pregai, miserar Ed a qual Erio?
Per abbracciata in si crudele stato .
Ma pur sian grazi* a i Numi , é a te , o Fortuna f
Del mio lungo cammin non fu delusa
la speme: il corpo ho lit io tato intero ; -
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Libro kit 15^
Ahi quanto immensa è mai questa ferita l
£ la fece il fratello? E dove giace ,
Quell'infame ladrone? Ah pur ch'il trovi ì
Vincerò gli^vvoltoj: caccerò lungi,
Per lacerarlo io sola , e cani , e lupi •
Ma forse 1' empio ebbe gii rogo» e tomba. 3
Tu pur 1' avrai > né il tuo natio terreno
Ti vedrà senza fiamme , e senza onori .
Arderai ; Sarai pianto ; onor , che a' regi
Raro si dona , e la mia fede eterna
Serberà al tuo sepolcro, e il piccol figlio
Fia testimonio al mio dolore, t a lui
Riscalderò le redovili piume.
Ed ecco nuovo pianto , e nuora face
Portando , a i roghi Antigone sen viene ,
Appena uscirà da le chiuse soglie i
Perocché a lei stavan le guardie intorno ,
E il re vuol che s'osservi ; onde a vicendi
• Si cambiavi.n tra loro, e più frequenti
Rinnovavano i fuochi : essa co i Nuirti >
E col fratel la sua tardanza scusa.
Ma non si tosto abbandonarsi al sonno
Stanchi i custodi , tla le mura uscio r
Come leonza , che la prima volra
Sen^ la madre , e liberi correndo ,
Sfoga T innata rabbia, e freme, e rugge ,
E di terror empie le selve, e i campi. ~
/
160 Tebaidi df Stazio
Ne* tardò molto, che Té noto il campo,
E dove il corpo del frate! seti giace. .
In yederla venir Menetc ha tema ,
E fa cessar da le querele Argia . #
Ma quando de i suoi pianti il suono estremo
Giunse a ferir d' Antigone V orecchie ,
E a lo splendor de gli astti, e ai doppio lume
D'ambe le faci squallida la vide,
E la mirò statsi col crin disciolto
Infetto di putredine , e di sangue
Quali ombre ( disse ) temeraria cetchi
In questa notte mia ? Nulla risponde
Queir infelice , ma col manto copre
Il marito , e se stessa , il suo dolore ■
Per timor sospendendo « Allor di* frode
Più Antigone sospetta , e minacciando
La donna a un tempo, e il suo compagno incalta.
Ma T uno , e i* altra sta confusa > e tace .
Al fine Argia sempie tenendo al sf?no
Stretto il consorte, scopti il viso, e, disse :
Se tu qui meco a ricercar pur vieni
Un qualche estinto , e se tu pur paventi
L' iniqua legge del crudel Creonte , ,
Ben sicura scoprirmi a te poss' io . J
E se infelice sei , qual ti palesa / |
Il tuo pianto, e il lamento j amica dammi ,
Dammi U fede: io son d' Adrasto figlia . . .
t t fi R O Xlt t*t
ftel caro Polinice alcun non viene ,
Ahi lassa. 9 al rogo, benché il re io Vieti?
Srupi a quel dir la vergine Tebana ,
£ inorridissi > e 1* interruppe : adunque
Da me ti guardi? (oh troppo cieca sorte I)
Da me compagna de le tue sciagure ?
Tu le mie membra abbracci, e tu previeni
L'esequie mie? Ti cedo! Oh di sorella
Troppo lenta pietade ? Oh mia vergogna!
Costei prima sen venne ? E qui sul cotpÉ>
Caddero a un tempo , e 1* abbracciaro insieme ,
E confusero insieme i crihi , e i pianti •
Sei dividon fra loro , ed a vicenda
Godonsi il volto con alterni baci .
E mentre una il fratel , V altra il marito
E questa Tebe, e quella Argo rimembra,
Più da lontan cosi comincia Argia :
Per questo sacro , e lagrimoso furto
Dei Comune dolor , e per quest' ombra
Ad ambe grata > e per le pure stelle ,
Che dai ciel ne rimirano, ti giuro:
Costui non tanto del petduto regno ,
Benché esule , e ramingo , o del terreno
A lui nativo , o de la cara madre
Si ricordò; quanto di te bramoso
Sol d'Antigone ayeva i n bocca il nome,
E te sola chiamava il dì , e la notte.
V
iti Tjeb ai de di Stazio
■
Minor cura io gli fui, c in abbandono
Più facile a lasciar . Ma ru il vedesti
Almeno da una torre anzi *J delitto
Guidar le squadre Greche , ed ei te vide
Dal campo, e con la spada a te i saluti
Mando da lungi , ed inchinò il cimiero .
Noi misere, e lontane! ahi qua! crudele
.Nume li spinse a così estremi sdegni ì
Fur vane le tue preci ? A te potèo »
Cos' alcuna negar ? Gii cominciava
Antigone a narrare i fatti antichi
Dal lor principio -, ma il fedel compagno
Ambe ammonisce : la prpposta impresa
Prima finite : impailidiscon gli astri
E s'avvicina il dì : l'opra avanzate.,
E a lagrima*: fia tempo : ahtbia de fiamme
Il rogo prima, e piangerete poi . , •
Un roco mormorio senton vicino,,
Che addita lor non lungi esser l'Istneno
Che brutto ancor di sangue al mar correa:
Quivi il lacero corpo ambe portaro
Congiungendo le destre , e non più forte
li veglio aneti* egli vi prestò la mano.
Cosi fumante ancor, lavar Fetonte / '
De V Eridano tepido ne Tonde
Le pie sorelle. Ei fu sepolto appena,
Ch'esse forma, cangiando, in un momento
•
i
Liiìo Xlf. 2.€%
Flebili selve fecer' ombra al fiume.
Mondo che fa* di sangue » e che snl viso
Tornò di morte ti naturai pallore > -
Gli dier gli ultimi baci , e d* ogni * parte
Cercarle fiamme t ma gelati, e spenti
Ne le putride fosse erano i fuochi >
Ed ogni rogo in cenere consunto .
O fosse caso > o pur voler de i Numi
Un. solo ne restava » ove le membra
D' Eteòcle crudele arset poc* anzi :
O nuovi mostri disponea Fortuna ,
O l'empia Furia lo mantenne acceso»'
Perchè, si dividessero le fiamme .
Splendere fra i carboni un piccioi lume
Con flebile piacer mirar' le donne ».
Ne san qual basco su quel rogo ardesse .
Ma qualunque egli sia pregando il vanno,
Che mite al cener suo compagno accolga
Queir infelice > e insiem confondan 1* ombre
Ecco di nuovo in campo i rei fratelli:
.Caddero appena sul vorace fuoco
Quei nuovi membri , che tremaro i roghi >
E da. l'esequie l'ospite è respinto:
Scoppiati le fiamme, e s'alzano divise
Tinte le corna di funerea luce.
Cosi, se il torvo regnator d' Averno
Uni le fiamme di due Furie ultrici,
* 4
ir
T
v:
i*4 TEBATDI OI Stazio
Sorgon discordi» ed infra ior disgiunte ,
Tana lungi da V altra ardere agogni.
Gli stessi legni» quasi sentan l'ira,
L'uri da l'altro si sparte > e il peso scuote.
Ahi i ( gridò allor la vergine Tcbana )
Misere l Gli odj antichi» e l'ire spente
Noi rinnovammo . Era il fratel costui *
Chi altro» che il fratel l'ombra straniera
Respinto avria ? Del semiadusto cinto. .
Mira eli avanzi, e de l'infranto scudo: ,
Vedi come la fiamma si divide,
, E poi di nuovo si raccozza , e pugnJH
Vivono gli odj ancor: non fu bastante
. La guèrra a terminarli. Ah sfortunati!
Voi contrastaste, e il fier Creonte ha vinto.
Per voi più oon v'e regno. Ahi qual furore!
£ di che contendete? Ornai cessate >
Da le minacce ? e tu primiero cedi
Esule sempre, e ognor dal giusto escluso.
La consorte ven prega» e la sorella,
O in mezzo a voi ci getterem su i fuochi.
SÌ disse appena, e dal profondo centro
\ Tremò la tetra, e vacillarle mura; .
* £ dier muggiti le discordi fiamme
Del biforcuto rogo. A quel rumore
Si destaro i custodi» a i quali il
Pingea l' immago de i vicini mali
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Librò XIR.
Tosto corrono armati , e minacciosi ,
E ricercando van per tutto il campo.
Temè in Tederai il solo veglio: al rogo
Stanno le donne intrepidc^e sicure - t
E pòi che il corpo è itinere disciolto ,
Palesano co i pianti > e con le strida
La disprezzata legge di Creonte ,
E il pietoso lor furto : insiem contesa
Hanno di morte > e di morir la spfne
Arabe infuria, ed accende .* Io del Fratello;
Io del marito (or runa, or l'altra grida)
Arse ho le membra . Io tolsi 1 corpo : i fuochi
Io fui che accesi : ^ me pietà : me amore
A ciò sospinse : e provocando a gara
Offrono T innocenti invitte dest* :
Quella > che innanzi ne i lor detti apparve
Riverènza, ed amore, ora rasscmbra
furore , ed ira * unto ferve > e cresce
IV ambe il contrasto , e il grido . Intanto i servi
Le conducon legate al re crudele .
Ma d'altra parte avea Giunon condotto
( Consentendo 1 Minerva) entro le mura
D* Atene il mesto attonito drappello
De le*redd*é Argive : essa 1* affetto
Lor del popolo/ aequista . Essa a i lor pianti
Pieci concilia , e onore: essa lor porge
Di suppliche voi benda i rami ciati ,
I
\
» «
tS^, Tebaide di Stazio ,t
E insegna loro a ricoprir col manto
Il volto , e gli occhj , ed a mostrar 4ol«nti
De ie ( oeneri vote io, mano 1 .urne.
Fuor de l'Attiche j^e escono a prora,
D'ogni età,.d>gnVsesso, e già (e strade
Sono ripiene , e son coperti i tetti .
Onde vien questa turbai S da qual parte
T<*te misere insieme ? Ancor non sanno
La cagioni clip la mena, e i ipr disastri.
•E, gii tutti ne piangono, la pea
Tra i drappelli mesce , e il tutto narra :
La Patria ; la cagioa de i loro pianti s
Che lamino in Atene : ed esse ancora
In varie parri accusano , fremendo •
L'empia legg<* di Tci*e , e il fier Creonte.
Non con tanco rijmor le rondinelle .
Narran con tronchi accenti a i tetti amici
Del lascivo Terèo io stupro infame,
Il doppio letto, e la crude! vendetta.
Nei mezzo a la città sorgeva un tempio
Non dedicato aj più possenti Nuipi ,
'Ma eretto in sede a la Clemenza, e sacra
PattcPr aveva miseraci 1* gente .
Ognor supplici nuovi > « ognoc le pre*
Sono esaudite . O^nun, s* ascolta : aperto
il dì, e la no|ta, e * mitigar la Dea
Bastano solo U ju«ele > c i jpiantì .
i
V
Libro XII. \6*
Parco n' è il culto ; non l'incenso , o il sangue
De le vittime pingui ^ivi s' adopra .
Son di lagrime aspersi i miti altari ,
Pendono in voto le recise chiome ,
E le vesti da i miseri lasciate , »
Che ha fortuna miglior condusse il Nume,
Placida selva il cinge, in cui verdeggia
II sacro lauro , e il supplicante olivo .
Ma non v* e simulacro , e de la Dea
Nessuna immago in vivo bronzo espressa:
Le menti, e i cori d'abitar sol gode
Sempre di meste turbe, e bisognose,
E supplicanti è pieno il luogo, e solo
A i fortunati è queir altare ignoto,
Fam'è, che i fì|li de l'invitto Alcione » W'
Poi ch"arse in Era,»e al cielo ascese il padre
Cangiato in Dio, da V Attiche^alangi
Contra Euristeo difesi , a la Pietade
Ergcsser Tara; ma minor del vero
È questa fama; e più credibil sembra.
Che i Numi stessi, a cui diè albergo , e sede
Ospite Atene; come a quella diero
Leggi , e costumi , sacrifizj , e T arte
Di coltivar, e seminar la^erra*
Che fu poi sparsa in peregrine piagge »
Cosi sacrasser quivi a gl'infelici
Un asilo sicuro > onde lontane
♦
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I
jpòsscr ire, e minacce, e i regni iniqui,
E da ouél giusto altar^ andasse in bando
la malvagia Fortuna, e i Fati avverai.
..Ad ogni gente é di gii noto il tempio,
1 i vinti in guerra , e gii esuli , e dal trono
I re scacciati, e quei , che per orrore,
Non per rea volontà commiser fallo,
Vi concordano a gara , e chiedean pace ,
L'ospitai sede avea poc'anzi accolto
£dippo , c sciolto da sue furie antieTie t
E da l'eccidio preservata Olinto
E da la madre liberato Oreste .
ivi , additando lor 1' Attica plebe
II tempio , entratale sconsolate Àrgive *
E%eron luogo le primiere turbe
De gl f infelici . Appena entrate furo ,
Clic ne i lor£petti si calmar' gli affanni .
Cosi cacciate dai natio Aquilone
Dal freddo polo a più soave clima,
In discoprir le Gru 1* amata Fato
Stendon per V aria la volante nube . '
E di lieti clamori empiono ii .cielo .
Dolce c loro sprezzar nei caldo Egitto
Le fredde neri > e^T importuno gelo
Scior del tepido Nilo in su le sponde ;
Ma gli applausi festivi, e de la plebe
Le grida , che feriscono le stelle ,
V
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Libro XII. 1*9
E il lieto suon de le guerriere trombe
Annunzio da», che di eià vinte e dome
. Le fiere Scice , e vincitor ritorni
Su carro trionfale il gran Teseo .
Precedono le spoglie , e pria* T im
Del fiero Marte ; indi i faIcac v|~^
E i destrier' privi de le lor guerriere , 4
E le bipenni infrante , onde le donne
Troncar le selve, ed ispezzare il ghiaccio
Solean. de la Meo cica palude .
E salmerie d'elmi, di piume, e d'archi,
E le lievi faretre s e risplendenti
Di varie gemme i militari cinti;
E scudi aspersi del femmineo sangue.*
Seguono poi le Amazzoni sicure ,
Ancorché vinte} ne si mostran donne.
Ne cjuai donne si lagnano : .e- » le preci x
Sdegnano* di piegarsi , e cercan solo #
De la vergine Palla U culto, c il tempio.
Ma il più gradito oggetto era Teseo
Su carro eccelso , cui traeaa superbi
„ Quattro destrier viepiù che neve bianchi :
Ne Ippolita è minor vaghezza, * speoe
Del popolo, gii placida in .sembiante ,*
E al dolce nodo maritale,. avvezza .
Ne raormoran fra lor l'Attiche donne *
E torve la rimirano fcemcadot fi . v
%f$> Té^aide r3i Srxziò
fch'essa i Patrj costumi intabbàndonO
Lasci, e le chiome adorai, i membri còpra
Con lungo manto, e ne la grande Atene
intri vinta in trionfo , e al vincitore
Consorte a partorir d'Egeo nel Ietto.
S* allontanato allor dal sacro alcare
Alcuil passi le dolenti Greche ,
£ in ammirare' e V ordine , e le spoglie /
Del superbo trionfo , i vinti sposi
(Crudele oggetto i ) a lor totnaro in mente,
Ma poi che, il carro sofFermossi , ed alto
Richiese la cagion di lor querele
il vincitore , è a le preghiere porse
favorevole orecchio} a parlar prese
Di Capanèo la valorosa moglie :
Magnanimo figliuol del grande Ege\>'>
Cui da le nostre stragi esce improvvisa
Oceasion d'eterna lode, e fama*
Ndji non. venghiamo a te turba straniera , -
Né rea d'alcun misfatto : Argo la culla*
Ci diede, e furon regi i nostri sposi:
Cosi non fosser stati attdaci tanto»
Perchè à qua! prò ifcttòvet ben sette campi
Per castigar A* Agenore i nipoti ?
Ne 4 però ci dogliam de la lor morte r
Queste di guerra soft leggi , e vicende .
Ma quelli che- cader', non far Ciclopi,
Digitize
1 llBKÓ XII.
Mostri prodotti ne V Ernée caverne ,
E non biformi abitator de l'Ossa:
Taccio la stirpe , e i generosi padri .
Uomini filr , magnanimo Tesèo ,
(Basti sol tàteto) e d' uman seme nati,
Ed ebbero con toi comune il cielo,
La Parria, e l'alme, e gli alimenti stessi
Color , che esclude da gli estremi fuochi
1/ cmp?o Creonte, e da le Stigie porte j
(Come s'ei fosse il torbido Acheronte,
Onde nac^uer V Eumenidi Spietate ,
O il rèo nocchicr de 1" internai palude } )
E fa gir r ombre» vagabonde , e ilicerre
Tra l'Èrebo, e le stellò. O de le cose
Produttrice Natura , e tu il consenti ?
E dorè sono i Numi ? E de V ingiusta
Fulmine vibrator 1* iniquo Gioire *
Atene, e dove sei? Già sette volte
Sorgendo in cielo, volse altrove il carro*
Spaventata l'Aurora, é oscurò il Iamé y
E con orrór li rimirar' le stelle :
E già il putrido cibo odian le fiett , ;
E gli avvolto}: t quell'infame campò ,
Che lezzo spira , e V aer puro aggravi.
Siane permesso almeno àrderne l'ossa
E il putridume : e che di lot più rcsra >
S« , Cecropj; afietcatéTij a voi tocca
t7* Tebaide di Stazio
Questa rendete* : pria che mossi a sdegno
Tengan gli Emaij , ed i feroci Traci , N
E quanti son . ab* usan d'esequie, e fiamme
Dopo la motte aver gli estremi onori .
Perphè a i* incrudelir qual fia prescritto
Termine, q meta? Noi pugnammo, è vero*
Ma morir' con la morte e gli odj>, e V ire .
Tu pur (che ancor a noi de le tue imprese
La fama giunse ( non lasciasti a i mostri • ^
Sini , e Cercione , e con dolor mirasti
Il barbaro Sciron privo di rogo \
E ancof*la .Tana, onde cotante spoglie,
Ora riporti, certa son > che vide
De le Amazzoni sue fumar le pire .
Deh questo ancora a i tuoi trionfi aggiungi;
«ol questa impresa al mondo , al cielo , a Dite,,
Questa sol* opra intrepido concedi .
Se d'ogni tema Maraton sciogliesti*
Se del mostro biforme il laberinto
Tu superasti ; se non pianse invano
IT ospite vecchia ; cosi teco ognora
Sia Minerva in battaglia, e non invidj
Gii fatto Dio, V emule imprese Alcide:.
E sempre, in carro trionfai ti veggia
, La genitrice , e sempre invitta Atene
Mai non senta un dolor simile al neutro.
Disse i e l'altre approvato, e fra le strida
i
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Libro XII, *7I
Supplichevoli a lui teset le mani
Prima arrossi Teséo mosso da i pianti :
Indi di giusto sdegno il cuore acceso , ,
Così esclamò : qua! nuova Furia a i regni
Insegnò rai costumi ì Io non lasciai
Cosi barbati i Greci, ailor, eh* a i Sciti,
Varcando il freddo Eusino» il cammin volsi;
D'onde il nuovo furor? Forse, Creonte,
Credevi tu , che più Teseo non fosse ì
Eccomi , e non ancor sazio di sangue .
Del sangue de i Tiranni è sitibonda
Ognor quest'asta. Ma che indugio? Sprona
A quella parte , o fido Egeo , e giunio
A le Anfionie rocche alriero intima
O il rogo a i Grec; , o mortai guerra a Tebe-
Si dice ; e de le pugne , e del caramiru^
Scordato i suoi conforta ; e per un» poco
V affaticato esercito ristora .
Siccome toro, che pur or l'amata,
E il pasco antica vincitore ottenne ,
E ne gode tranquillo , e si riposas-
se ode lungi muggir nuovo nemico ,
Quantunque ancor grondino il collo , e il petto
Di ftesco sangue , rinnovella V ire ,
Cela il dolor, sparge col pie 1* arena,
E le ferire sue copre di polve .
Lo scudo scosse , onde si copre il petto
T«i. di SM*. Tom. IL : $ t
Te*aidé »i Stazio
Pallide istessa , e V orrido GotgOtte ;
E gli angui , «he le fan crint , e corona
Gonfiato i colli , e nmiraron Tebe i
, Nè ancor movevan V Àttiche falangi»
E già Dirt* temea le trombe ostili.
Non sol la gioveotude a l'armi avvezza ,
Che a partt fu del Scitico trionfo ,
Segue r eccelse Vincitrici insego*
Del duca invitto? ma v'acsotron pronti,
E volontarj i popoli Vicini i
„ Vengono quei, the di Munichio i co!4i *
,1 % il gelido Braurona *pron co i solchi ) 1
E quei , che sul Pireo , fido ricetto
A i nocchieri, e a le navi» hanno 1# sede:
v Nè ancor famosa per le palme Eoe
Sua gente al campo Maratone invia: i
E le case d* Icario > e di Celéo
Ospiti amiche a i Geniali Dei;
E le verdi Melene ; e d'ombre, e boschi
Egaio pieno , e de le sfere viti
Abbondevole Parne , e Licabcsso . ~
Stimabil pi u per le feconde olive, ,
i Vengono i fieri hleS , ed i cultori
D* Imetto iàscian gli odorosi favi
•f E Acarne , che di vérde edera testé >
J rozzi tirsi j e Snniohe altiera , . -
Che da le prore Eoe Ungi si scorge* —
Libro XII. i?t
Onde ingannato da le false vele
Egèo sen cadde , e die suo nome -al mare }
£ Salamina, e a Cerere diyota
La sacra Eleusi, le campagne incul te
Lasciando > spingo n le lor genti in guerra ;
£ quelli ancor , che nove volte intorno
Calliore cinge con gire voi' onda #
£ quei , che bevon de l' Iliso V acque 5
D' Iliso consapevole del furio
De la vaga Oriila » e che cortese
Diede al Tracio amarore occulto asilo *
kesta deserto ancor l'ameno colle, ,
Ov'ebber lire i Dei» finche repente
Il pacifico olivo uscì da i sassi a
E fé' con l'ombra ritirate il mare.
Ippolita anco l'Iperboree schiere
A le mura di Cadmo avria condotte»
Ma la ritarda la sicura spene
Del ventre grave , e il vinciror la prega*
Che di Mine si scordi » e che consacri
Ai letto <T Imeneo faretra , ed arco .
Ma poi eh' ei vide intorno a se raccolti
I popoli feroci, e chieder gfcerra,
E respirar sol V armi , e dare in fretta
Furtivi abbracci a le consorti , e ai figli »
Da l'alto carro favello in tal guisa:
O valorose schiere , accinte meco
z?6 TtaAiDE di Stazio
Del mondo i pacci , e de* le genti il d icto
A vendicare ; i generosi cuori
M os tra te degni di si .giusta impresa .
Pugneranno per noi uomini , e Dei ,
Ne fia scorca Nacura? e clan con noi
Gli scessi abirator* del muro Inferno .
Condurran conerà Tebe in ordinanza
Esercirò di pene» e di cormenci
V anguicrinire Eumenidi spiccare .
Gicene iieci , e con sicura *pene
Per si giusta cagion d' aver viccoria .
Si disse, e lanciò Tasca, e il campo mosse.
Cosi qualor la prima bruma , e il, gelo
Sciolse da 1' Arco nuvoloso Giove ,
£ irrigidiron gli ascri ; Eolo le porre
Disserra a i venti : e impaziente il Verno
Di più lungo riposo acquista forze,
E soffian gli Acjuilloni . Allora i monci
Fremono , e il mare j aliar spezzare , e rocce
Pugnan le nubi ; allora i tuoni iti cielo
Scorrendo vanno , e i fulmini volanci •
Ai muover de V esercito possente
Trema lungi la cerra, e i verdi campi
Tritaci» e pesci de i destrier' feroci
Da T unghie gravi , e le campagne incorno *
Ove passar' di fauci, e di cavalli
te immense schiere , soa ridoccc in polve .
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Libro Xlt ±7f
Ne perà basta ad occultare il lamé
De 1' armi ; e io mezto a quella densa nube
Si veggon ballenar corazze, ed aste.
Vanno correndo il dì , né li ritarda
L'ombra notturna, e il placido riposo.
Han contesa tra lor , chi più veloce
1/ altro preceda > e chi primier discopra
Da lungi Tebe, e ne V Ogigie mura
Chi primo vibri il dardo, o l'asta affida.
Ma nel lucido scudo impresse porta
Il sommo duce sue famose imprese ,
E de le glorie sue, principio , e fonte
Creta, cento cittadi , e il laberint© .
Lui stesso vedi nel confuso alberilo
Torcer l'ispido collo al Minotauro,
E in fiera lotta le robuste braccia
Legargli a tergo, e l'una. e l'altra mano.
E dal cozzare de le insane corna
Ritrarre il volto, ed ischivarne i colpi.
QuancTrgH entra in battaglia , e lungi mostra
L' enorme belva , alto spavento ingombra
Le nemiche falangi in rimirarlo
Due volte aver le man' di sangue tinte ,
La prima ne lo scudo, e l'altra in guerra.
E s' ei talora vi rivolge il guardo ,
Vede presenti il mcmorabil fatto,
11 drappel de i compagni , e V aspre porte
^ 3
\
TfSAiDE di Stazio
Dei formidabil tetto , ed Arianna
Mesta temer, che a lai con manchi il filo .
Mandava intinto il fier Cieonre a morte
Legate di durissime catene
Antigone, e la vedova di Tebe »
Figlia del grandé Adrasto . Ambe contente ,
£ per grafi voglia di morir superbe ,
Offron la gola a! ferro , e del Tiranno
Deludono la spene , e sprezzan 1' ire ;
Quand' ecco giunge il Méssaggier d', Atene ;
Porta egli in mano il ramuscei d' olirà ,
Segno di pace , ma fremendo , e audace ,
In virtù* di chi 'I manda, armi minaccia»
E guerra intinte i e ché Tesèo è vicino ,
Grida , e gii ingombra con le schiere i campi.
Restò sospéso fra contrarj nembi
Di diversi pensier* V empio Tiranno ,
E "mixjeò V orgoglio , e le minacce .
Pur si rinfranca > e simulando il riso *
Ed il volto infingendo , al fin rispose :
Non basta dunque il memorando esempio
D* aver pur or vinte Micene , ed Argo ,
Che nuova gente ad intultarci muove ?
Venga $ ma vinti poi non si quereli,
Velare il giorno • ed adombrare i monti .
\
Lituo XII. 17 9
Impallidisce, e frettoloso impone»
Che s'armi il vulgo, e l'armatura ci Teste,
Ma tra fantasmi , e larve entro la reggia
Vede baccar le Furie , e Menecéo
Torto , e piangente» e su i vietati roghi
Ardere i Greci, e festeggiarne l'ombre.
Quale fu mai quel giorno .- in cui la pace
Compra con tanto sangue , e nata appena
Spatì da Tebe ? Timidi , e confusi
Rapiscon 1* armi a i patrj Numi appese ,
I co i laceri scudi il petto coprono ,
Staccano gli elmi d' ogni fregio ignudi ,
£ le saette ancor di sangue lorde .
Non v'e chi si distingua , o chi risplenda
Per gemmar» faretra , o tetso brando,
O per destriero d'ostro, e d'or guernito .
Non si fidan nel Tallo ; in mille lati
Son le mura squarciate , e de le porte
Cercan le ferree spranghe » e 1* opra è vana.
Che le spezzaro i Greci : e torri , e merli
Abbatte Capaoèo : pigra , ed esangue
La gioventù non dà gli usati amplessi
A le consorti, e i dolci ba<i a i figli >
Ne san quai voti far gli antichi padri •
Ma poi che vide il capitan d'Atene
Spezzar le nubi» e rischiarare il mondo
li nuoto sole , e lampeggiar sa l' armi k
^" ( . "
* 4
» I ■
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• I
t • I
ito Tìbaidb or Stàzio
Scende nel campo, ove sran l'ombre inulte;
E giacciono i cadaveri insepolti 1 » .
E in respirate, denrro il chiuso elmetto,
De le fracide membra il gràve olezzo ,
Intenerissi , e pianse, e in lui lo sdegno .«
Viepiù forte s' accese a la vendetta".
Da l'altra parte quest'onore almeno # ."
Concesse a i Gteci il perfido Creonte,
Che al nuovo Marte non guidò le schiere
Su i corpi estinti: de la prima strage,
Sorse per conservar gii ultimi avanzi ,
E a bere il sangue un altro campo scelse.
Ma già condotte avea le genti' a fronte
La disuguai Bellona : un grido istesso
Non è d'ambe le parti, e de le trombe
Non è simile il suono . Inferma , e lenta ^
Quindi sen vien la* gioventù Tebana
Co i brandi chini , e strascinando V aste ,
Incedendo il terren , co i scudi a tergo
Mosrran grondanti ancor le prime piaghe • ,
E già i Cecropj stessi il primo ardore :
Vanno perdendo , e cessan le minacce »
E langue la virtù senza conttasto .
Cosi minor è l'impeto de i venti,
Se non s' oppone al lor furor la selva ;
E se non frange a i Lidi , il mar non freme.
Ma poi che V asta Maratohia in alto
CX
»
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Libro XIL til
Alzò il figlio d" Eg èo > la cui S ran4 ' ombia
Stese 1* orror su l'inimiche schiere,
E il balenar dei ferro ingombrò il campo j
Qua! se da l'Emo i corridori Traci
Marre sospinga , e seco in carro porti
E morte, e fuga 5 le Agenoree schiere
Pallide danno il tergo, e in rotta vanno;
lassi de la vii plebe aspro governo
Da gli altri tutti ; ma Teseo non degna
Contro chi fugge usar la forza , e V armi
Cosi l'esangue, ed abbattuta preda
A i cani piace , ed a i codardi lupi ;
Ma si pasce il leon di nomi* ira .
E pure Oienio abbatte , e il fier Tamiro
V uno scegliea da la feretra i dardi ,
L' altro alzava da terra un sasso immenso •
Quindi i figli d' Alcèo , eh' hanno fidanza
Ne la triplice union, con tre grand' aste
Tutti da lungi un dopo V altro uccide ;
A FUeo il petto , ad Elopt la gola ,
E ne la spalla Japige trafìsse .
Poi con quattro destrier' su carro eccelso
Emone ci scorge , e orribil" asta vibra .
Quegli i destrieri timidi rivolge
In fianco , e cede i lungo tratto vola
La ferrea trave, e due cavalli uccide;
E il terzo feria i ma vi si oppose
I
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\
% it Tt**iDt i»r Stazio
Il ti mone , ed in se ritenne il colpo .
Ma gl* non cttrana "o *l g raa Teféo ,
Solo brama co ivoti, e con le grida
II fier Creonte., e lui sol cerca , e chiama .
Ed ceed il vede da 1" opposto corno
Esortar le sue schiere, e con minacce
Spingerle , lor malgrado , a la battaglia .
Al comandar dèi ducè , indietro il passo
Ritirano i éecropj , e il lascian sólo ,
Affidati ne i «umi, e in sub valore;
Ma T altro i snoi ritiene; e li rappella ;
E poi che vide, c*e egualmente in ita
En a i nemici, ti a le proprie squadre»
Tut^a raccolse il suo furore estremo,
E infuriando disperatamente ,
Lo' tV più audace la vicina raorrc .
Queste non son le verginali destre
( Dice ) con cui pugnasti . e qui non sono
Di liitftl targhe le guerrière armate-
Qui pugnerai co 1 foni: e tfói Siam quelli.
Per le cui mani H gran Tideo sfctt giàcè .
Noi uccidemmo Ippotnedonre tirerò,
E noi mandamma CÌapaneo fra i* ombre .
E qual follìa ti spinse a farne guèrra è
Mira color , che à Vendicate aspiti ,
Come deformi giacciano, e insepolti.
Cosi diss'egti, è itaci* Tasta indarno,
Libro XII. 1*5
Che Io scudo toccando , a terra cadde •
Sorrise amaramente il fiero Egide ,
£ dispreizando le minacce > e il buccio .
Ferrata trave innalza , e il colpo libra ;
Ma pria lo sgrida con parlar superbo :
Ombre Argive insepolte > a cai consacro
Questa vittima infame in olocausto ,
Spalancate 1* inferno , e preparate
Le furie ultrici j ecco scn rieri Creonte.
Vola la fatai' asta , é V aria fende ,
£ le anèlla del giaccio , onci' ci raddoppia
Sotto r usbergo le difese il frettò ,
Smaglia , e fracassa , jt fuor péf céntò tié
De la rotta lorica il sangue sgorga .
Cad' egli , e ijKraorte gli ocefaj érrantl scioglie.
Teseo gii è sopta , e col gran £ié lo preme ,
£ de r armi lo spoglia » e fé rampogna :
Crudel , ti piace ààcor li gittste fiamme
Dare a gli estinti , e gi' infciicl Greci
Coprir di terra ? Or tanne Ove t' aspetta
Il dovuto supplizio ; e va sicuro.
Che ti corpo tuo non mancherà d' avello .
Morto il Tiranno, l'uno, e 1* altro campo
Mesce le insegne , e porgo risi le destre ,
E germoglia la pace in metio a V armi ;
Ed ospite è Teséo , non pi i nemico.
Lo pregano , chs il piede entro le mura
a 84 Tebaide di Stazio
Ponga, ed onori i lor paterni alberghi
E lor compiace il vincitor cortese .
Tutto va in festa, e con piacer l'accoglie
La turba de le madri, e de le spose.
Cosi gii domi i popoli del Gange
Ebbri , e giulivi , e *i crin di fronde cinti
Lodar' di Bacco i sacrifìzj insani.
Quando di grida, e di femminei pianti
Suonar' le opposte selve , e gii da i colli
Sceser di Circe le Pelasgbe madri ,
E le vedove afflitte; in quella guisa,
Che van talor le furiose Menadi
Chiamate al suon de i timpani , e de' cimbali 7
Che par , cotanto son feroci , e tumide
Che fugan dal delitto, o che vi corrano.
Godono ne i lamenti , e trionfando
Vanno fra i pianti: un impeto, un tumulto
Nasce fra lor , se prima al gran Teseo
Corrano a rendere i dovuti onori ,
O a incrudelire nel Tiranno ucciso ,
O ad accender le fiamme a i corpi amati:
Vedovanza , e pietà le guida a i corpi .
Non io , sebben mi fecondasse il petto
Con cento voci alcun benigno Nume ,
De 1' umi» volgo, e de i sublimi regi
Cotanti roghi, e tanti pianti insieme
Coti degno carme raccontar potrei;
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Libro XII. *8f
Come V audace Evadne ir} -mezzo ai fuoco
Si lasciasse a cercar del jgran consorte
Per entro il seno il fulmine celeste :
Come disresa su le fiere membra
Deifilc fra i baci il suo tidco .
Scolpando vada : come Argia racconti
11 furor de i custodi a la germana :
Con quali strida le Parrasia madre
Chiami Partenopeo; Partenopeo ,
Che serba ancor beltà nel volto esangue»
Partenopeo, cui piansero ambi i campi .
Non novello furor , novello Apollo
Tante cose porrla stringer cantando .
£ già rotte ho le vele > e i rami stanchi ,
£ già la nave mia domanda il porto.
MA TU , CARA TEBAIDE , al cui lavoro
Sudai due Stati sotto '1 Sirio ardente > >
Ed altrettanti Verni infra le brume
Alsi , e gelai > dopo la morte nostra
A vrai tu vita > e fama ? E fia , che alcuno
In questo nuovo stil ti legga , c onori ?
Certo , so ben , tra i più sublimi ingegni ,
Che te videro ancora incolta , e rozza ,
Molti vi son , che me ne dan speranza. v
Vivi felice : e come V altra un tempo
L'orme segui dal gran cantor di Manto
Che innalzò al ciel con sì famosa tromba
i8<? Te bai de di Stazio
Il figliuolo d'Anchise, c de la Diva;
Così tu ancor di nuovi fregi adorna
Ne l'Etnisca dolcissima favella v
V ARMI PIETOSE > e*l CAPITAN rispetta;
E sebben nata sa le stesse sponde ,
Da lungi adora il FERRARESE OMERO ,
E se avverrà , che te V invidia adombri ,
Dileguerassi e la futura erade
Ti darà forse i meritati onori s
Posciachè dal suo fral mio spirto sciolto »
Onde parti» ritornerà fra gli astri.
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y. Ciocie